Le ragioni di Valbruna contro il bando

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Il futuro delle acciaierie Valbruna diventa battaglia legale. All’inizio di questa settimana (lunedì 13 ottobre) gli avvocati della società di proprietà della famiglia Amenduni hanno notificato i ricorsi a Palazzo Widmann contro il bando e la proroga di concessione, primo passo che porta all’impugnazione del bando davanti al TAR. Secondo i legali di Valbruna, la gara pubblica sarebbe infatti illegittima sotto diversi profili.
Uno dei motivi principali del ricorso riguarda le condizioni economiche imposte dalla gara, ritenute insostenibili e illegittime dall’azienda. La Provincia ha determinato un prezzo di quasi 150 milioni di euro sulla base di una "stima" non resa pubblica, abbandonando il criterio legale, tuttora vigente, che fissa ancora il canone a una percentuale (tra il 2% e il 4%) del valore di esproprio. Tale criterio è stato applicato fino ad oggi e la sua violazione rende illegittimo l'importo richiesto, talmente alto da poter far desistere le acciaierie Valbruna alla partecipazione del bando. Non solo, la richiesta di pagamento dell'intero importo in un'unica soluzione anticipata per 50 anni è commercialmente insostenibile. L'alternativa, un pagamento rateale, è strutturata come un mutuo con tassi di interesse che porterebbero l'onere annuo a un incremento di oltre il 700% rispetto a quello attuale. Condizioni che, secondo i legali della famiglia Amenduni, sono proibitive per qualsiasi operatore siderurgico, rendendo palese l'intento espulsivo della procedura.
Inoltre, secondo Valbruna, la Provincia ha agito come se avesse la piena e libera disponibilità delle aree, ignorando completamente il fatto che Valbruna ha tempestivamente esercitato, entro i termini previsti dalla convenzione del 1995, il proprio diritto di opzione per l'acquisto dei compendi industriali. Secondo i difensori di Amenduni, sebbene la Provincia non abbia mai dato seguito a tale richiesta, il diritto di Valbruna è stato validamente esercitato e ciò impedisce alla Provincia di disporre liberamente dei beni mettendoli a gara.
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La falsa applicazione della normativa provinciale
Inoltre, secondo Valbruna, la Provincia ha agito come se avesse la piena e libera disponibilità delle aree, ignorando completamente il fatto che Valbruna ha tempestivamente esercitato, entro i termini previsti dalla convenzione del 1995, il proprio diritto di opzione per l'acquisto dei compendi industriali. Secondo i difensori di Amenduni, sebbene la Provincia non abbia mai dato seguito a tale richiesta, il diritto di Valbruna è stato validamente esercitato e ciò impedisce alla Provincia di disporre liberamente dei beni mettendoli a gara.
Oltre ai motivi già esposti, la legge provinciale stessa prevede la possibilità di derogare alla procedura di gara e di procedere tramite negoziazione diretta per "insediamenti con priorità strategica". Lo stabilimento di Bolzano, per la sua rilevanza nel settore siderurgico nazionale, per la sua integrazione con il polo di Vicenza e come implicitamente riconosciuto dalla stessa Provincia con il riferimento alla normativa "Golden Power", rientra pienamente in questa categoria. La Provincia avrebbe dovuto, pertanto, avviare una trattativa diretta con Valbruna, anziché procedere con una gara pubblica.
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La gara “illogica e contraddittoria”
Un ulteriore motivo di ricorso si concentra sulla struttura della gara, evidenziando come essa sia intrinsecamente illogica e contraddittoria rispetto agli obiettivi dichiarati dalla stessa Amministrazione. La Provincia dichiara infatti di voler tener conto della "storica vocazione industriale siderurgica" e di tutelare l'occupazione, ma, secondo i legali di Valbruna, ha predisposto criteri di valutazione che, di fatto, penalizzano le imprese siderurgiche a vantaggio di altri settori industriali. Ad esempio: all'esercizio dell'attività siderurgica sono attribuiti solo 4 punti su 100, gli stessi riservati alla garanzia di stabilità per i lavoratori attualmente impiegati. Vengono invece premiati con punteggi elevati (per un totale di 33 punti) parametri come redditività, investimenti in digitalizzazione, riduzione delle emissioni in termini percentuali che (sottolineano i legali), per la natura stessa del settore siderurgico, sono più difficilmente raggiungibili rispetto ad altri comparti industriali meno "maturi" o a minor impatto.
Non solo, la documentazione di gara sarebbe anche priva di uno schema di convenzione. Ciò impedisce ai concorrenti di formulare un'offerta pienamente consapevole, non essendo noti aspetti fondamentali del rapporto cinquantennale, come la sorte degli investimenti a fine concessione o i meccanismi di riequilibrio del contratto. Infine, l'intera procedura appare come un atto contrario e inspiegabile rispetto all'azione amministrativa che nel 1995 portò la Provincia a espropriare le aree proprio per salvare e garantire la continuità dell'acciaieria. Insomma, la conclusione per l’azienda è evidente: la gara, così come strutturata, sembra perseguire il fine non dichiarato di espellere la siderurgia da Bolzano, configurando un vizio di sviamento di potere.
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