"Sogno una Bolzano senza Messia"
Il primo aggettivo che viene in mente, passando un’ora insieme a Dado Duzzi, è “affabile”. La definizione (“persona che ha modi gentili, che si dimostra disponibile e cordiale verso gli altri”) gli calza a pennello, e ancora di più l’etimologia: affabĭlis «a cui si può parlare», derivato di affari «rivolgere la parola». Insomma, intervistare Dado (“… devo il nomignolo a mia sorella minore, che non riusciva a dire Pierangelo”) è sempre un piacere.
Come una sigaretta spenta dimenticata nel posacenere
L’affabilità, comunque, finora non gli è bastata per farsi largo nel mondo della politica bolzanina. E il magro risultato raccolto alle comunali dell’anno scorso – la lista presentata a suo nome totalizzò il 2,8% - lo deve aver convinto a non ripetere troppo in fretta il tentativo. Anche perché l’apparentamento ad altri partiti di maggior peso, adesso reso quasi obbligatorio dalla riforma della legge elettorale, è un’operazione che complica la vita a chi ama giocare un po’ fuori dagli schemi. “Dopo aver superato il gravissimo incidente, ricordo il periodo elettorale con piacere. La molla che mi aveva fatto prendere la decisione di candidarmi si basava sulla percezione che il sindaco uscente fosse ormai inadeguato a guidare la città. Si respirava un’aria di delusione ed era chiaro a tutti che occorresse voltare pagina”. Un fervore spentosi progressivamente, al modo di una sigaretta dimenticata accesa nel posacenere. La catena di eventi che hanno portato al naufragio di Gigi Spagnolli per estenuazione fotografa uno di quei momenti in cui il vecchio non è completamente scomparso e il nuovo resta ancora nell’ombra. Indecisione proiettata fin dove arriva lo sguardo, anche per colpa di una riforma che lascia sostanzialmente il quadro invariato: “Sì, penso che la riforma elettorale non avrà grandi effetti. Bisognava avere il coraggio di inserire nella legge altri elementi, per esempio il premio di maggioranza, o almeno consentire l’ingresso in Consiglio al candidato sindaco di una lista in grado di eleggere un solo consigliere. Ritoccare soltanto le soglie d’entrata non aiuterà a garantire quella stabilità di cui abbiamo bisogno”. Per questo, conclude il suo ragionamento, stavolta è meglio stare a vedere cosa fanno gli altri, aspettando che la pelle si rigeneri sulle mani scottate: “… No, non intendo candidarmi. Al limite, spuntasse fuori, potrei sostenere una persona degna, non importa se di Centrodestra o di Centrosinistra”.
Ripartire dai programmi
Chiedo allora a Duzzi dove sarebbe possibile andare a cercare questa “persona degna”, o almeno come provare a schizzare un suo possibile identikit. Secondo lui la questione deve essere ribaltata, individuando una progressione di passi che, in effetti, risulta la meno praticata: “A mio avviso stiamo sbagliando proprio il metodo. Qui si parte sempre dal candidato e basta: vogliamo una faccia, come fossimo in spasmodica attesa del grande Messia. Ma il Messia non esiste. Bisogna prima immaginare un progetto per la città, quindi trovare le forze che si assumano la responsabilità di farsene carico, e alla fine, solo alla fine, individuare una figura in grado di passare dal progetto alla sua realizzazione. Di temi dai quali partire ce ne sarebbero in abbondanza”. Parlando di temi, è inevitabile che il discorso cada su Benko, ovvero su una vicenda che non solo è stata quella in grado di paralizzare la passata amministrazione, ma l’ombra della quale si allunga anche sul presente e, ritiene Duzzi, ci darà ancora del filo da torcere in futuro, indipendentemente dall’esito del referendum.
L’arrivo del mostro
“I bolzanini non se ne rendono ancora conto, ma se davvero dovesse essere edificato il progetto di cui stiamo parlando, si tratterà di una costruzione mostruosa: sei, sette piani dislocati su una superficie di 300.000 metri cubi. Un intervento altamente impattante sul centro cittadino, per il quale non esiste alcuna giustificazione plausibile”. Cerco di fare l’avvocato del diavolo e ricordo a Duzzi gli argomenti più utilizzati dai sostenitori del progetto di “riqualificazione”, a cominciare da quello dei soldi che potrebbero essere utilizzati poi per altri progetti utili alla città. Già la parola “riqualificazione” lo fa scattare come una molla: “Ma di quale benedetta riqualificazione stiamo parlando? Si è mai fatto qualcosa di serio per recuperare l’area che attualmente viene descritta in preda al degrado? In altre città spazi di verde simile – e per quel che ci riguarda si tratta di uno degli ultimi spazi verdi del centro – vengono recintati, protetti, curati. Qui si è scientemente lasciato che tutto andasse in malora per poi affidarci a un Tycoon-Messia che dovrebbe toglierci le castagne dal fuoco. Per quanto riguarda i soldi, poi, alla maggior parte delle persone sfugge che, allo stato attuale degli accordi, la somma promessa da Benko verrebbe in gran parte elargita dopo la costruzione del colosso, magari tra dieci anni! Ma in realtà di questi famosi 100 milioni quanti ne resterebbero concretamente da utilizzare, considerando che poi ci saranno da fare tutte le spese di manutenzione per le opere di servizio funzionali al contorno?”.
Proposte alternative
Duzzi ci tiene moltissimo a specificare che le sue perplessità concernenti l’operazione Benko non si riducono a un semplice “no”. La critica allora si allarga fino a rovesciarsi in una serie di proposte alternative, sottolineando quindi quel diritto all’autogoverno cittadino che l’attuale ceto politico non sembra più in grado di poter esercitare. “Mi fanno ridere quelli che dicono: se verrà costruito il centro commerciale di via Alto Adige, allora non si farà più quello previsto per l’areale ferroviario. Ma scusate, è del tutto evidente che senza il carburante economico fornito dai centri commerciali non è possibile varare alcun progetto di quella grandezza. Esiste tuttora una legge provinciale che prevede una misura contenuta di superfici edificabili da destinare ai grandi centri commerciali. Intanto, ogni misura è già stata infranta da tempo, non sto parlando solo di Benko, quindi, e sembra che lo si voglia fare sempre di più. In ciò consiste il difetto di cui parlavo all’inizio, alludendo alla mancanza di una visione condivisa per la città. Comunque, proprio non vogliamo rinunciare a Benko? Benissimo. A patto che il suo edificio non tocchi il verde pubblico residuo (a cosa mi servono gli alberi sul tetto, cioè in ambito privato?), ne venga eventualmente posizionata una parte anche sull’altro lato di via Alto Adige, tra la Camera di Commercio e la City Tower, e si decida di risparmiare sull’altro grande progetto del tutto inutile, cioè quello del polo bibliotecario, che potrebbe essere costruito benissimo con 20 milioni di euro, e in forma ridotta, anziché andare a realizzare un’altra cattedrale nel deserto al costo di 60 milioni di euro”.
La luce in fondo al tunnel
Dopo le nubi e i fulmini e gli scrosci di argomenti polemici, sull’intervista torna infine a far capolino un raggio di sole. Accade quando chiedo ancora a Duzzi se l’impatto di tutti questi centri commerciali di nuovo e futuribile conio strangolerà il commercio nel centro città. “Il nostro centro era conosciuto per le sue belle vetrine, i suoi negozi tipici. Quando sono arrivate le grandi marche è chiaro che abbiamo cominciato ad assistere a una omogeneizzazione. Noi però non siamo diversi dai famosi rentier inglesi degli anni Trenta, perciò abbiamo commesso errori simili: i fatturati si andavano riducendo e le sirene delle multinazionali garantivano rendite elevate (anche se c’erano contratti capestro legati al fatturato). La mia speranza è che, prima o poi, avvenga un ricambio tra le multinazionali e i vuoti creati siano riempiti di nuovo dagli imprenditori locali”. Una speranza che si salda all’espressione di ciò che potrebbe rilanciare in generale anche la politica bolzanina. Ed ecco la ricetta: “Negli ultimi quindici anni non c’è stato nessuno a capo dell’amministrazione comunale che abbia saputo fare da collante. È inutile andare a fare i simpatici nei salotti o nei bar. Bisogna darsi da fare per collegare il signore di via Rovigo con la signora di via Castel Roncolo. Bisogna unire i gruppi, soprattutto quelli sociali”. Gli chiedo quanto tempo ci vorrà per riuscire a vivere questa nuova stagione. “Mi considero un ottimista – sorride con la consueta affabilità –, diciamo che faremo un altro giro a vuoto e poi potremo cominciare a vedere la luce in fondo al tunnel”.
Mi permetto di dire che la
Mi permetto di dire che la parte del diavolo è stata fatta all'acqua di rose. Ma del resto non si poteva pretendere di più. L'unico punto condivisibile è la necessità di creare comunità in questa città. Per il resto disaccordo totale. Soprattutto quando asserisce "sull’altro grande progetto del tutto inutile, cioè quello del polo bibliotecario" . Cultura, questa sconosciuta...
La parte curiosa arriva alla fine: "La mia speranza è che, prima o poi, avvenga un ricambio tra le multinazionali e i vuoti creati siano riempiti di nuovo dagli imprenditori locali" Dovrebbe spiegarci come e perché questi fantomatici imprenditori dovrebbero pagare affitti assurdi a privi di morale.