Come votammo
Dopo un lungo silenzio il tema della legge elettorale da cui dovranno essere governate, tra circa sei mesi, le elezioni politiche è tornato di stretta attualità. A Roma i partiti tentano una difficilissima ripresa del dialogo dopo la drastica rottura avvenuta alle soglie dell'estate. La questione si riflette immediatamente sul mondo politico altoatesino, visto tra l'altro che l'affondamento del progetto di riforma della legge elettorale nazionale è avvenuto proprio sulla base di un emendamento della forzista Biancofiore che ha fatto saltare l'intesa sulle speciali norme dedicate al Trentino Alto Adige.
Oggetto del dibattito, che ha visto tra l'altro l'intervento collettivo di tutte le opposizioni in Consiglio provinciale a Bolzano, è il modo ritenuto migliore di assicurare la giusta rappresentanza parlamentare alle minoranze linguistiche e politiche dell'Alto Adige. È una questione tutt'altro che nuova. A ben guardare se ne discute ormai da quasi un secolo, e in questo lungo lasso di tempo le soluzioni trovate e sperimentate sul campo sono state tra le più diverse.
Vale la pena, quindi, prima di esaminare la complicata situazione in cui ci si ritrova al momento attuale, di fare qualche passo indietro, per un rapido viaggio nella storia degli appuntamenti elettorali in provincia di Bolzano dal 1918 ad oggi.
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I precedenti storici
All'indomani della Grande Guerra il problema della rappresentanza parlamentare delle minoranze linguistiche da poco comprese nel Regno d'Italia si pone, per la prima volta, nella primavera del 1921, quando Giovanni Giolitti, di fronte alle difficoltà di governare un Parlamento sempre più diviso, decide di chiederne al Re lo scioglimento e di indire, per la metà del mese di maggio, nuove elezioni. Si era votato anche nel 1919, ma allora le cosiddette "nuove province" non era ancora ufficialmente annesse e quindi gli abitanti di Bolzano, Trento Trieste, Istria e Dalmazia non furono chiamati alle urne. Bisognava quindi istituire le nuove circoscrizioni elettorali e subito divampò la polemica. I rappresentanti dei sudtirolesi chiedevano ovviamente di poter votare in un proprio esclusivo ambito territoriale. Ipotesi rigettata con orrore dei gruppi del fascismo e del nazionalismo raccolti attorno a Ettore Tolomei che, per frantumare il peso politico del mondo di lingua tedesca, proponeva persino di spaccare in due il vecchio Tirolo, facendo votare con la Lombardia gli abitanti di tutte le zone situate sulla destra orografica dell'Adige e con il Veneto quelli dei territori a sinistra del fiume. Roma decise, alla fine, di accontentare sostanzialmente i sudtirolesi, aggregando a Bolzano, nonostante le proteste trentine, anche le zone mistilingui della Bassa Atesina. A Trento però furono agganciate, anche qui suscitando vivaci contestazioni, le zone ladine della Gardena e della Badia. Si voltò col sistema proporzionale, a suffragio universale (ma le donne restavano a casa) per i cittadini maggiori di 21 anni. Nel collegio altoatesino si presentarono solo la lista unitaria sudtirolese del Deutscher Verband , una piccola lista socialista. Il Verband conquistò tutti e quattro i seggi in palio.
Tre anni dopo, quando, nell'aprile del 1924 si torna a votare, la situazione è radicalmente cambiata e non solo perché nel frattempo il fascista Benito Mussolini si è insediato alla guida del Governo. Il regime vuole garantirsi un consenso parlamentare granitico e così modifica, con la famigerata "Legge Acerbo" tutto il sistema elettorale, introducendo un cospicuo premio di maggioranza per la lista capace di superare una determinata soglia di consensi. Cambia anche il disegno dei collegi. Il Trentino Alto Adige, o Venezia Tridentina come si diceva allora, viene incorporato in una maxi circoscrizione assieme al Veneto. L'operazione, accuratamente preparata e sostenuta da una campagna elettorale segnata da violenze e intimidazioni continue da parte dei fascisti, ottiene gli scopi voluti. In Alto Adige il Deutscher Verband continua a raccogliere la stragrande maggioranza dei consensi, ma vede dimezzata la sua rappresentanza alla Camera.
Quelle del 1924, anche se condizionate pesantemente dal manganello fascista, sono, anche in Alto Adige, le ultime elezioni vagamente democratiche. Gli italiani verranno chiamati al voto altre due volte, nel 1929 e nel 1934, ma si tratta di plebisciti nei quali l'elettore dovrà solo esprimere il suo consenso alle liste di candidati decise dal Regime. Nel 1939, poi, la Camera elettiva viene definitivamente soppressa per far posto ad una struttura formata dai dignitari fascisti e dai rappresentanti delle varie categorie economiche.
Perché si possa tornare a parlare di elezioni libere e democratiche occorre ovviamente attendere il secondo dopoguerra. Ancora una volta, in Alto Adige, l'appuntamento con le urne slitta rispetto al resto d'Italia. L'incertezza sulla sorte della frontiera del Brennero impedisce che gli altoatesini vadano al voto, nel 1946, per il Referendum istituzionale e per la Costituente. Il primo appuntamento con il voto è dunque fissato per la primavera del 1948, quando si tratta di eleggere il primo Parlamento della Repubblica. Si vota per la Camera e, per la prima volta, anche per il Senato, che, nel Regno d'Italia era composto da nominati.
Il Senato
Dal 48 ad oggi il sistema elettorale vigente per il Senato è rimasto sostanzialmente lo stesso, anche se progressivamente sono cambiate le regole per la ripartizione di una parte almeno dei seggi. Nel Trentino Alto Adige il mutamento più importante è avvenuto quando, nel 1991, dopo una lunghissima gestazione e polemiche infinite, è stata approvata una legge ordinaria che modifica la distribuzione sul territorio regionale dei collegi uninominali (nei quali cioè ogni forza politica presenta un solo candidato). Dal 1948 in poi il Trentino era diviso in quattro collegi e l'Alto Adige solo in due. La differenza originaria di popolazione, andata progressivamente colmandosi nel corso dei decenni, non giustificava una simile disparità. La misura numero 111 del "Pacchetto", prevedeva perciò di riequilibrare la rappresentanza dei senatori, adeguandola tra l'altro anche alla composizione etnica della provincia di Bolzano, favorendo la possibilità che anche il gruppo italiano potesse avere un suo rappresentante. Ci vollero, come detto, anni e anni per arrivare ad un compromesso. Venne istituito in Alto Adige un terzo collegio oltre a quelli di Merano e Bressanone, da sempre appannaggio della SVP. Il collegio Bolzano-Bassa Atesina avrebbe dovuto rendere più agevole l'elezione di un rappresentante italiano, ma in occasione della prima tornata elettorale cui entrò in vigore la nuova legge, la Südtiroler Volkspartei, approfittando della divisione delle forze politiche italiane, riuscì a conquistare anche quel seggio. In seguito l'elezione di un senatore italiano è avvenuta solo due volte, nel 1996, con la vittoria di Adriana Pasquali per il Polo delle Libertà e nelle ultime elezioni, quelle 2013, con successo di Francesco Palermo. Il seggio, altrimenti, è sempre andato ad un esponente SVP sia pur appoggiato in diversi casi anche dal centro-sinistra italiano. Va detto per completezza che, anche prima della riforma, in virtù delle intese politiche a livello regionale, vi furono rappresentanti politici altoatesini eletti a Palazzo Madama nelle liste del PCI e della DC.
La Camera
Dal 1948 al 1992 le elezioni per la Camera si svolgono su base proporzionale. La regione Trentino Alto Adige forma un proprio collegio nel quale vengono eletti dieci deputati in tutto. Di questi tre appartengono di regola alla Südtiroler Volkspartei, che solo in un caso riesce a conquistare il quarto seggio. Altri quattro o cinque seggi vanno alla Democrazia Cristiana. Il quadro si completa con i deputati eletti nelle liste del PSI e del Partito Comunista. Dalla metà degli anni 80 in poi sulla scena si affacciano l'Msi, in fortissima crescita a Bolzano, e la Lega Nord nel Trentino. In questi decenni la rappresentanza degli italiani dell'Alto Adige è affidata al gioco delle preferenze e agli accordi politici su base regionale in casa democristiana. Il deputato altoatesino della Dc viene eletto cinque volte.
Tutto cambia radicalmente con il 1993, nel passaggio dalla prima alla seconda Repubblica, la scomparsa di molti dei partiti tradizionali, il passaggio, anche in base agli esiti di un Referendum, dal sistema proporzionale a quello maggioritario. Il territorio del Trentino Alto Adige viene diviso in otto collegi, quattro a Trento e quattro a Bolzano. La nuova legge prevede poi l'assegnazione di altri seggi in base ad un computo complicatissimo sulla base di una lista proporzionale. Per partecipare a questa ulteriore distribuzione di seggi occorre però superare una determinata soglia, quella del 4 per cento a livello nazionale, il che taglia fuori la SVP. Inutile anche un ricorso davanti alla Corte Costituzionale. La Südtiroler Volkspartei non ha comunque difficoltà, nelle prime elezioni che si tengono con le nuove regole, nel 1994, a conquistare la vittoria nei tre collegi periferici e nei tre collegi senatoriali. Nel collegio "italiano" di Bolzano vince l'ex missino Pietro Mitolo.
Con questa legge si vota altre due volte, nel 1996 e nel 2001, con risultati altalenanti. Nel 2001 una stretta alleanza tra centro-sinistra italiano, Südtiroler Volkspartei e autonomisti trentini permette di conquistare quasi tutti i seggi a disposizione, bloccando drasticamente il centrodestra che pure si aggiudica le elezioni a livello nazionale.
Nel 2005, però, tutto cambia di nuovo, perché il centrodestra riesce a far approvare una nuova legge elettorale che, con scarsa eleganza, il suo stesso ideatore, il leghista Calderoli, definisce una "porcata" e che quindi passa alla storia con il nome di "Porcellum". Si torna al proporzionale con una serie di soglie di sbarramento piuttosto rigide e un premio di maggioranza. Questa volta la SVP vede chiaro il rischio di perdere completamente la sua rappresentanza e riesce quindi a far approvare delle norme speciali che, per la Camera, eliminano, nel Trentino Alto Adige, la soglia nazionale introducendone una a livello regionale del 20 per cento e che mantengono sostanzialmente la legge elettorale precedente al Senato.
Con il "Porcellum" si è andati al voto per tre volte, nel 2006, nel 2008 e nel 2013. Gli elettori dell'Alto Adige non hanno trovato più, recandosi al seggio, collegi uninominali per la Camera, i quali, tutto sommato, si stavano più o meno abituando, ma si sono riabituati ad un proporzionale basato più sulle coalizioni che sui singoli partiti e nel quale i candidati sono decisi dall'alto, senza possibilità di scegliere attraverso il voto di preferenza. Il sistema impone, come detto, la formazione di coalizioni le più ampie possibili e il gioco delle alleanze condiziona in maniera decisiva i risultati finali in termini di numero dei seggi assegnati a ciascuno dei contendenti. Nelle ultime elezioni, quelle del febbraio 2013 tanto per capirci, la salda alleanza tra SVP, centro-sinistra italiano e autonomisti trentini, grazie anche al fatto che a livello nazionale, proprio in virtù dell'apporto di voti garantito dalla Volkspartei, scatta il premio di maggioranza per la coalizione guidata dal PD, permette di portare a casa un risultato di tutto riguardo. La Südtiroler Volkspartei manda a Roma quattro deputati propri ed uno del PATT. Il PD a sua volta contiene tre seggi e un deputato tocca anche agli alleati Verdi/SEL. L'intera coalizione di centrodestra elegge solo un deputato, così come l'alleanza guidata da Mario Monti.
Questo il quadro politico che abbiamo di fronte ancor oggi, ma, negli ultimi quattro anni c'è stato, in materia, un vero e proprio stravolgimento dovuto in parte alle iniziative politiche e in parte ancor maggiore a quelle giudiziarie. E così, ad oggi, l'unica cosa certa è che, quando tra qualche mese, anche gli altoatesini torneranno a votare per il Parlamento lo dovranno fare con un sistema ancora una volta rinnovato ampiamente rispetto all'ultima consultazione.
Cercheremo di spiegare perché nel secondo e ultimo articolo di questa serie. (1 - continua)