Sport | Calcio giovanile

Abate, il "grande maestro"

Per quasi 30 anni ha allenato i giovani di diverse squadre di Bolzano e dintorni lanciando verso i massimi livelli giocatori come Schwoch, Orlandoni, Guerra, e Laner. Da questa stagione si dedica esclusivamente all'organizzazione di camp e tornei
Piero Abate con il tedesco Miroslav Klose
Foto: GA
  • Nato a Calcinato in provincia di Brescia dove è cresciuto calcisticamente, Giampiero Abate, per tutti Piero, 76 anni, è uno dei maestri di calcio più importanti per i più giovani della nostra provincia. Da giocatore arriva fino alla  Primavera del Brescia e poi passa alla De Martino (una sorta di campionato riserve ) con compagni di squadra come Ariedo Braida, ex ds del Milan, Mino Favini, per tantissimi anni il responsabile del settore giovanile dell’Atalanta e il ct della Nazionale a Italia ’90 Azeglio Vicini. Poi una volta capito che però a certi livelli non ci sarebbe arrivato e per amore della futura moglie, tedesca di Mönchengladbach, che voleva sì venire in Italia, ma solo a Bolzano, si trasferisce nel capoluogo altoatesino con cui gioca in varie squadre tra cui l’Oltrisarco e il Passirio, prima di diventare allenatore. 

    SALTO Da quanti anni allena i ragazzi?

    Giampiero Abate: Dal 95’ seguo esclusivamente i giovani dopo aver allenato anche prime squadre della Virtus don Bosco, del Bolzano e del Laives.

    Come mai questa scelta?

    Le prime squadre si allenavano tardi e non riuscivo a far coincidere il calcio con gli impegni familiari e allora ho deciso in questo senso. Ho ricevuto anche belle proposte di lavoro per andare a Bressanone, Castelrotto però ho preferito sempre stare a Bolzano e dintorni. A livello giovanile ho allenato infatti Bolzano, Virtus don Bosco/Bolzano, Laives, e Appiano, Südtirol, Bozner.

     

    Da noi la realtà del calcio è un po’ ristretta, basta vedere i risultati delle squadre della regione in serie D

     

    Da quanti anni è con la Virtus Bolzano?

    L’anno scorso ho fatto l’ultima stagione. Adesso mi dedico esclusivamente ad organizzare camp - con cui ho iniziato 17 anni fa - e tornei internazionali, sei o sette all’anno in particolare in Austria e in Germania, a cui partecipano anche formazione della nostra provincia. Ai camp cerco sempre di portare allenatori di livello internazionale, dell’Ajax, del Borussia Mönchengladbach, dell’Inter dell’Atalanta e dell’Espanyol. E’ importante a mio giudizio che i ragazzi che partecipano abbiano davanti figure diverse che insegnano loro rispetto a quanto succede durante l’anno. Anche perchè alle nostre latitudini la realtà del calcio è un po’ ristretta, basta vedere i risultati delle nostre squadre in serie D

    Quali sono stati i calciatori che ha allenato che sono poi diventati famosi?

    Sgarbi, Wieser, Guerra, Laner Lamacchi, Orlandoni, Schwoch: per alcuni ero proprio l’allenatore di riferimento della squadra, per altri li ho avuti in rappresentativa. Guerra aveva tanta umiltà non era un fenomeno, però con il lavoro e la dedizione è arrivato in alto. Orlandoni aveva numeri importanti, Laner magari non era così talentuoso ma aveva un unico obiettivo: arrivare

    Che caratteristica deve avere un allenatore delle squadre giovanili?

    Deve essere un bambino e allo stesso tempo rappresentare un punto di riferimento perché quello che fai tu, loro lo vogliono subito provare. Devi stare attento a spiegare bene a cosa serve il gesto che stai facendo. Da noi mancano un po’ allenatori di questo tipo a livello giovabile, dovrebbero conoscere dipiù le basi del calcio: a parte del doti del tiro, tecnica, velocità fisica e di pensiero e determinazione. Del resto il calcio è cambiato molto in questi anni: si gioca molto nello stretto e prima che arrivi la palla sui piedi bisogna già sapere cosa si vuole fare .

     

    Una volta tra i ragazzi c’era sicuramente più voglia di soffrire 

     

    Come sono cambiati i ragazzi da 30 anni a questa parte?

    Una volta c’era sicuramente più voglia di soffrire, adesso  ci sono tante altre cose come i computer e i cellulari che tolgono molto. Sono passati più di 30 anni, però quando io ero piccolo e giocavo, mio padre non è mai venuto a vedere una mia partita: era assolutamente normale così. Oggi è molto diverso

    E il rapporto con i genitori come l’ha vissuto?

    E’ sempre difficile: la cosa più giusta è quella di organizzare delle serate dove i genitori possano fare domande o ricevere chiarimenti su alcuni temi. Il rapporto deve essere importante sia con loro che con i ragazzi, in quanto ogni anno che passa diventano dei piccoli ometti.

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