Piazza Walther
Foto: Paolo Florio
Gesellschaft | Il commento

Tu chiamale, se vuoi, restrizioni

In Alto Adige si fa a gara a chi rilascia circolari esplicative che paradossalmente infittiscono la giungla normativa. Ma le restrizioni sono reali? Sembra proprio di no.

Quasi quasi rimpiangiamo i primi Dpcm di Giuseppe Conte, quando si discuteva se in macchina si potesse andare in famiglia o se l’inosservanza delle disposizioni marchiasse la fedina penale. Adesso, almeno in Alto Adige, è una gara a chi rilascia circolari esplicative che paradossalmente infittiscono la giungla normativa, invece di diradarla. Già il fatto di dover scrivere una circolare chiarificatrice – strumento particolarmente usato dal presidente provinciale Kompatscher, infilatosi più di una volta in incredibili gineprai lessicali – è segno che la norma è mal formulata. Se poi anche il chiarimento è poco chiaro, allora siamo messi maluccio.

Parliamo degli spostamenti, perché è questa la discussione del momento - oltre alle mascherine cinesi – nella nostra provincia. Ricapitolando: Kompatscher, forte dei superpoteri che gli attribuisce l’autonomia e dopo che “in modo inequivocabile” in videoconferenza lo stesso commissario del governo ha ammesso “che in provincia di Bolzano le ordinanze del presidente della Provincia devono essere applicate prima di ogni altra disposizione”, ha di fatto liberato tutti, formalizzando quella che peraltro in tanti centri periferici era già realtà: gli spostamenti a piedi senza limitazioni.

 

Liberi tutti, tranne che a Bolzano. Almeno sulla carta

 

Giusto per ricordare un esempio vicino a Bolzano, di cui ci eravamo occupati qualche giorno fa, il sindaco di San Genesio aveva fatto sapere che in paese ci si poteva muovere senza problemi da un capo all’altro, purché non si andasse per sentieri. Bene, adesso anche questa frontiera è caduta per cui via alle camminate no limits. Non solo: nel muoversi a piedi è compreso anche il jogging, come ha specificato in una circolare – e ci risiamo – il presidente del consorzio dei comuni dell’Alto Adige. Quindi via alla corsetta intercomunale, sempre ovviamente in solitaria, rispettando le distanze e coprendosi naso e bocca.

Spiegazione di Kompatscher: “Il problema non è quanto ci si può allontanare da casa, ma il distanziamento sociale. Io posso benissimo starmene sotto casa e mettermi a chiacchierare con altre persone”. Ragionamento che non fa una grinza ed è condiviso da tanti, così come è ripudiato da altrettanti che invece sono inorriditi davanti a questa apertura.

Quello che manca alla gente è la socializzazione, il bere qualcosa al bar, commentare il giornale, mangiare una pizza con la famiglia, andare al cinema o in piscina, dal parrucchiere, in palestra, scherzare con i colleghi di lavoro, andare a scuola, al parco giochi e quant’altro. Questo manca, non la camminata.

E i bolzanini? Loro stanno alle finestre a guardare, o meglio immaginare, le altre centinaia di migliaia di altoatesini che possono scorrazzare in lungo e in largo. Il sindaco dice: non posso concedere di più, altrimenti la gente invade i Portici e via Museo. Anche qui non sembrano esserci grinze. Tuttavia, considerando che bar, ristoranti e boutiques sono ancora chiusi, non so quanta gente abbia piacere a passeggiare davanti a saracinesche abbassate e vetrine spente. A me personalmente mette tristezza. A me, come a tante altre persone che conosco, non manca l’uscita da casa. Quella non è mai mancata, corta o lunga che fosse. Quello che manca alla gente è la socializzazione, il bere qualcosa al bar, commentare il giornale, mangiare una pizza con la famiglia, andare al cinema o in piscina, dal parrucchiere, in palestra, scherzare con i colleghi di lavoro, andare a scuola, al parco giochi e quant’altro. Questo manca, non la camminata. Che in questo periodo si risolve perlopiù nell’incrociare facce mascherate e spente, specchio del periodo triste che stiamo vivendo tutti. Quelli come me che hanno la fortuna di non avere lutti in casa, ma soprattutto chi ce li ha o lotta per evitarli.

 

Il divieto di Pulcinella, tra negozi aperti e affollati mercati contadini

 

Tornando al confine metrico, di fatto è un divieto di Pulcinella, parafrasando il modo di dire.

I 400 metri infatti valgono solo per passeggiate e jogging, non per fare acquisti. E d’altronde sarebbe illogico il contrario, sennò che hanno aperto a fare librerie, altri negozi e mercati alimentari? E allora, non c’è una qualche stridente contraddizione tra imporre un limite alla passeggiata e lasciare al contempo via libera a tante altre ragioni per uscire di casa e andarsene ben più lontano, a frequentare posti in teoria più a rischio affollamento e contagio come un mercato contadino (visto che folla ieri in piazza Municipio?) o un ipermercato?

Ma il sindaco di Bolzano non è solo nelle contraddizioni. Lui almeno ha l’alibi della densità abitativa. Anche se, pensandoci bene, se a Europa-Novacella, il quartiere più densamente abitato, tutti uscissero di casa nei 400 metri per una boccata d’aria o una corsetta, si creerebbe comunque una bella atmosfera di festa… Ad ogni modo: perché anche il comune di Laives – che ha una densità abitativa di 750 abitanti per km2 a fronte dei 2mila di Bolzano – applica il guinzaglio dei 400 metri, entrando nel ristrettissimo novero dei comuni altoatesini (2 su 116) che limitano le passeggiate? Mistero.

Mistero anche sulle scelte di Merano, secondo comune altoatesino per residenti (circa 41.000) e per densità abitativa (1.560 abitanti/km2). In riva al Passirio, pur essendoci più del doppio della popolazione di Laives, il sindaco ha deciso di non porre limiti a uscite e corsette. Però non ha aperto i mercati agroalimentari: se ne riparla dopo il 28 aprile, ha detto. Praticamente il ragionamento opposto a Bolzano: chi avrà fatto la cosa giusta?

 

Le scelte misteriose di alcuni comuni altoatesini

 

Kompatscher, nel motivare la discrezionalità concessa ai sindaci, ha spiegato che i singoli comuni possono decidere cosa fare in base ai numeri del contagio. Bene, allora ci si potrebbe chiedere come mai il comune di Appiano, che rispetto a Merano ha più persone positive (145 a 96) e casi di quarantena/isolamento (478 a 427), sia stato tra i primi ad aprire i mercati contadini e il centro di riciclaggio e non abbia alcuna intenzione di imporre restrizioni. Anche Bressanone, con 100 contagiati e ben 389 persone in isolamento ma con la metà degli abitanti di Merano, in teoria avrebbe più motivi per adottare limitazioni. Un apparente paradosso che tra l’altro non si ferma a Salorno: in Italia infatti le regioni che vogliono ripartire subito sono proprio le più colpite, Lombardia e Veneto. Il sud invece frena e minaccia di chiudere le frontiere. Tu chiamale, se vuoi, contraddizioni.