Trovo assolutamente azzeccata la metafora calcistica con la quale il Commissario della Lega altoatesina Bosatra ha voluto presentare la sua campagna acquisti in vista delle provinciali del 22 ottobre. Forse qualcuno potrà trovare lievemente esagerato il paragone tra l’attuale sindaco di Laives Christian Bianchi e i favolosi Maradona e Ronaldo, ma, si sa, in campagna elettorale l’iperbole è il sale di ogni pietanza servita ai mass media. C’è comunque, in questa affermazione, un fondo di verità che va ben oltre l’attimo fuggente di questa bagarre elettorale e che può benissimo essere preso come modello per raccontare, come sempre ci piace fare in queste noterelle, il passato prossimo e forse anche quello un po’ remoto che riguarda gli usi e costumi leghisti della formazione delle compagini da mandare in campo quando si tratta di affrontare le elezioni provinciali altoatesine.
Iniziamo dunque con il portare all’indietro il calendario di trent’anni esatti. Siamo nel 1993 e la Lega Nord, da poco uscita dal cilindro di Umberto Bossi, affronta il cimento delle elezioni provinciali di quell’autunno. Alla pattuglia dei militanti confluiti da diverse origini sotto il vessillo di Alberto da Giussano si sovrappone, come capolista, un personaggio sino a quel momento sconosciuto al mondo della politica altoatesina: è un ufficiale dei carabinieri in congedo, ligure di origine. Umberto Montefiori, grazie ai quasi diecimila voti che la novità leghista raccoglie in quelle elezioni, conquista agevolmente un seggio e una posizione che gli vale tra l’altro, nella seconda metà della legislatura, la nomina a Presidente dell’assemblea. Titolo prestigioso ma che, passati i fatidici cinque anni non sembra stimolarlo ad una ricandidatura. Montefiori esce bruscamente di scena e la Lega vede crollare i suoi consensi. Per due elezioni consecutive, nel 1998 e nel 2003 le liste del Carroccio registreranno amare sconfitte, restando ben lontane dalle cifre necessarie per poter rientrare tra i banchi del Consiglio.
Le ambizioni ritornano alla grande nel 2008 quando a gestire la campagna acquisti, pardon la campagna elettorale, arriva un manager di prima grandezza come Roberto Calderoli. Dopo un incontro ferragostano in quel di Falzes con Luis Durnwalder, Calderoli getta le sue reti proprio nel piccolo mare interno della Südtiroler Volkspartei. In pochi giorni al vertice della lista leghista vengono proiettati due personaggi che, sino a poco tempo prima, portavano sul bavero la stella alpina. Al primo posto la giovane rampante Elena Artioli, approdata alla politica nelle liste SVP al Comune di Bolzano e il navigato Roland Atz con una lunga carriera sempre a Bolzano ma anche in Regione, poi finito in disgrazia. Sono giorni di fuoco quelli dell’autunno 2008 per la Lega bolzanina. Oltre ai due candidati si avvicinano al partito altri personaggi provenienti dal centrodestra altoatesino. Nella sede di piazza Verdi fa capolino persino l’ex sindaco di maggio Giovanni Benussi. Le ambizioni sono maiuscole, ma, come spesso avviene in questi casi, i risultati sono un po’ meno entusiasmanti. I 6413 voti che la Lega ottiene sono sufficienti solo per far eleggere un consigliere e, nella roulette delle preferenze, Elena Artioli la spunta per duecento voti su Roland Atz. Quest’ultimo, furioso, prende la porta e abbandona di fatto la politica.
Per qualche anno Artioli svolge con diligenza il ruolo che le compete come ambasciatrice del secessionismo padano in una terra che, di secessionismo, ne aveva già abbastanza per conto suo. Poi, quando si profilano all’orizzonte le nuove elezioni del 2013, il colpo di scena. Artioli sostituisce il verde della Padania con il giallo di un raggruppamento tutto imperniato su sé stessa. Ce ne sarebbe a sufficienza per una robusta scomunica, ma qui la fantasia leghista nel presentarsi agli appuntamenti elettorali sfiora l’incredibile: alla fuoriuscita viene garantito simbolo e appoggio anche per il nuovo cimento e la stessa cosa farà Forza Italia ancora guidata da Michaela Biancofiore.
Artioli incassa e ringrazia. Cotanto appoggio le vale la rielezione con una piccola crescita di consensi rispetto a cinque anni prima. Non c’è bisogno di dire che, proseguendo nel progetto già delineato prima del voto, la consigliera reclama tutta la propria autonomia liquidando gli alleati di un giorno. Anche la sua parabola, però, volge verso il termine. Con le proposizioni ipotetiche non si fa la storia nemmeno in politica, ma è facile pensare che se Artioli fosse rimasta con la Lega avrebbe potuto profittare, nel 2018, della straordinaria crescita di consensi dovuta all’esplosione politica del fenomeno Matteo Salvini. La vertiginosa crescita a livello nazionale viene confermata, in quell’anno, anche nelle elezioni provinciali. I leghisti mettono del loro carniere 31.515 voti e fanno il pieno di seggi. In questo caso, eccezionalmente, non c’è stata la ricerca del fuoriclasse oriundo o straniero. Gli eletti sono espressione della base locale e portare il fardello della loro esperienza, a Laives Bressanone e Merano, nelle stanze del potere sulla base del patto siglato con la SVP. Non è, nella migliore tradizione leghista, una navigazione tranquilla quella dell’ultimo quinquennio. Un consigliere migra verso Forza Italia e si registrano divorzi clamorosi come quello di una deputata, Tiziana Piccolo catapultata alla Camera e poi transfuga o quello di un altro deputato, Filippo Maturi, che rompe con il partito dopo esserne stato uno degli elementi di punta. I malumori serpeggiano anche tra coloro che restano. Un nervosismo alimentato dai diktat milanesi con l’imposizione di un fedele di Calderoli, Maurizio Bosatra come commissario prima, come sfortunato candidato di tutto il centrodestra alle politiche del 2022 e infine di nuovo come commissario. È lui sulle ali della metafora calcistica di cui si diceva, a recuperare in extremis la candidatura, come capolista, del sindaco di Laives che, dopo aver annunciato ancora nell’inverno scorso, di volersi candidare, visto il mancato accordo con il progetto delle liste civiche, pareva aver deposto ogni velleità, riservandosi eventualmente di partecipare, alle prossime comunali, all’assalto all’eredità bolzanina di Renzo Caramaschi.
Ancora una volta la Lega punta sull’ingaggio del goleador straniero, forse anche nella speranza di tamponare l’emorragia di voti transitati, in tutte le ultime tornate elettorali, dal partito di Salvini a quello di Giorgia Meloni.
Questo campionato si gioca in una giornata sola. Il 23 ottobre sapremo se Ronaldo avrà segnato.