Politik | Editoria

“Non drammatizziamo”

Il consigliere d’amministrazione del quotidiano Alto Adige Michele Di Puppo commenta la cessione all’Athesia: “Negli ultimi anni il giornale non ha turbato i sonni del Dolomiten”.
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Foto: Facebook

Per conto della Habitat di Pietro Tosolini Michele Di Puppo, ex vicepresidente della giunta provinciale altoatesina, siede da tempo nel consiglio d’amministrazione della Società Editrice Tipografica Atesina Spa. L’azienda editrice dei quotidiani Alto Adige e Trentino nei giorni scorsi - come ampiamente riportato da salto - ha vissuto una sorta di rivoluzione con la cessione del 71% delle quote detenute dal gruppo Espresso alla casa editrice Athesia della famiglia Ebner. In questa fase il consiglio d’amministrazione è in attesa che venga convocata un’assemblea dei soci volta a definire un patto tra loro su come intendono procedere. L’ultima seduta del consiglio d’amministrazione ha di fatto dovuto prendere atto delle dimissioni da parte dei consiglieri che rappresentavano il gruppo Espresso. 
A Michele Di Puppo abbiamo rivolto una serie di domande per capire come lui, unico bolzanino in cda insieme a Tosolini, sta vivendo l’attuale cambiamento epocale in corso nel mondo dell’editoria locale di lingua italiana. 

salto.bz : Cosa ne pensa? Cosa accadrà ora?
Michele Di Puppo - Quella del gruppo Espresso è stata una scelta obbligata. Dopo l’operazione compiuta con La Stampa di Torino avevano superato il limite di concentrazione di testate previsto dalla legge che è bassissimo essendo il 12%. Per cui sono stati invitati a rivedere il loro assetto. A questo punto il gruppo ha ritenuto di mettere in vendita le quote meno strategiche e soprattutto quelle che potevano trovare un mercato, visto che l’editoria è in grande difficoltà. Non puoi cercare di cedere una testata che fa del deficit, perché quella non la vuole nessuno. Tra le testate solide detenute c’era l’Alto Adige attraverso le quote nella S.E.T.A. In Alto Adige e Trentino avevano una quota importante ma non la proprietà totale. Ma nel 12% rientravano anche le sub-partecipazioni. Poi c’era un altro problema non da poco, di cui occorreva tenere conto. 

Quale?
Andava trovato un acquirente che fosse nelle condizioni di gestire un’attività industriale del tipo dell’editoria di un quotidiano. Ebbene: non ce n’erano sulla piazza né qui a Bolzano né a Trento. Quindi…

In sostanza Athesia non ha avuto concorrenti.
Io non sono in grado di dirlo, perché il gruppo Espresso ha utilizzato i suoi canali quindi non so se ci sono state altre offerte. Quanto meno l’offerta è pervenuta da parte di un editore consolidato con propri impianti industriali, con la conoscenza del settore e la capacità quindi di stare in piedi sulle proprie gambe. Da questo punto di vista si è trattato quasi di una scelta obbligata. Diversamente a chi ci si sarebbe dovuti rivolgere? Imprenditori puri come quelli di una volta che si mettano ad investire oggi nell’editoria oggi sono i Caltagirone di turno, che magari hanno una qualche esigenza diversa. Quello dell’editoria oggi non è il settore più redditizio, insomma. Basti vedere quello che è successo con il Corriere della Sera, il giornalone d’Italia, che ha visto cambiare totalmente la propria compagine fino al subentro di Cairo che è un ‘editore nuovo’ rispetto alla tradizione delle grandi testate. Anche lì insomma non si è affacciato nessun altro. 

Lei ha avuto a suo tempo un ruolo importante per quanto riguarda la politica altoatesina. Come vive questo cambiamento epocale nel mondo dell’editoria locale di lingua italiana?
Non proprio serenamente direi. Certe implicazioni restano comunque, te le porti dietro. Quindi di fronte ad una novità valuti i pro e i contro. 
Per quanto riguarda gli aspetti positivi senz’altro possiamo dire non ci troviamo di fronte ad un’avventura. Il giornale ha la prospettiva di andare avanti. Non solo perché Athesia è un’azienda solida per cui se investe capitale ha tutto l’interesse di ricavarne anche. Anche la redazione ha una compagine giornalistica di valore che si è conquistata lettori che non ha nessun senso perdere o disperdere. Resta il fatto di una forte concentrazione che si sta verificando in Alto Adige per quanto riguarda l’informazione. Ma in realtà forse questa concentrazione c’era già prima. Tageszeitung è recente come giornale, c’è poi FF che è un settimanale che per di più ha scelto un target che lo posizione un po’ borderline.
La concentrazione senz’altro potrebbe crescere, anche se al momento occorre usare il condizionale trattandosi solo di un processo alle intenzioni. Saranno poi i giornalisti validi e i lettori attenti a garantire il futuro indipendente del giornale. 

Per primo il direttore Faustini in un suo editoriale però ha convenuto che il cambiamento avvenuto ora può essere un po’ disorientante per i lettori, vista l’acquisizione avvenuta di fatto da parte della concorrenza. In questi giorni alcuni politici hanno parlato addirittura di declino del mondo di lingua italiana…
E’ da tempo che quelli parlano di questo declino. Da sempre sono profeti di sventura ben sapendo che seminare timori e paure è sempre facile. Ed invece ad accendere speranze l’impresa è più difficile ed quella non si sono mai accinti. Io capisco la prudenza e l’attenzione, ma adesso addirittura strapparsi vesti mi sembra eccessivo. Non si può scegliere la via dei processi alle intenzioni prima della lettura dei fatti. 

Insomma: prima di giudicare è meglio osservare quello che accadrà, dice lei. 
Non c’è ombra di dubbio. L’imprenditore Ebner non ha mai fatto scelte avventate o imprudenti. Si è formato un gruppo economico imponente con quel nome e con quello stile nell’operare sul mercato. Perché ma oggi dovrebbe fare un acquisto per poi vederlo distrutto? 

“Se l’Alto Adige diventasse un doppione del Dolomiten la gente non lo leggerebbe più. Del resto non si può dire che l’Alto Adige turbasse le notti al Dolomiten.”

Nel recente passato il Dolomiten si è frequentemente schierato in merito a temi che in realtà hanno diviso la cittadinanza, come Benko e l’aeroporto. 
Non ho davanti a me la sfera di cristallo. Ma devono dire che anche l’Alto Adige per anni si è caratterizzato per le sue prese di posizione. E’ una cosa tipica dei giornali, questa. Da qualche parte devono stare, insomma. 

Sta nella natura delle cose, sostiene lei. Ma negli ultimi anni gli Ebner attraverso i loro media hanno espresso anche in atteggiamento critico assunto nei confronti dell’attuale guida di SVP e giunta provinciale. Questo orientamento presto lo vedremo anche su Alto Adige?
Nella tradizione dell’Alto Adige questo non c’è mai stato, cioè che la proprietà dettasse in qualche modo l’agenda. Anche se - io non ne sono stato testimone - se andiamo molto indietro nel tempo negli anni ’60 il quotidiano aveva una posizione chiarissima, che non era sicuramente quella del dialogo. Direi che era su posizioni di contrapposizione rispetto a quello che accadeva e soprattutto rispetto alle vie che si andavano cercando per riaprire il dialogo con il mondo di lingua tedesca, trovando una forma che è poi stata quella dello Statuto d’Autonomia per riprendere il cammino della convivenza. La storia è questa ma, lo ricordo, molto è nelle mani dei lettori cittadini. Anche se sappiamo anche bene che nella formazione dell’opinione pubblica i giornali non pesano in genere più del 9% come recentemente ha ricordato l’ISTAT. Quindi tanto tanto più è meglio non drammatizzare.