Politik | Studio Eurac

"Migranti: referenti lasciati soli"

Due Comuni su tre non hanno elaborato un piano. La frustazione dei responsabili: "Tanto lavoro, ma nessuno ci sostiene perché questo ruolo non porta voti".
Eurac studio integrazione
Foto: Eurac
  • Una lettera di benvenuto per i nuovi cittadini, programmi per promuovere la lettura e le competenze linguistiche, libri in diverse lingue nelle biblioteche: sono molte le iniziative dei comuni altoatesini per promuovere la convivenza tra persone con e senza background migratorio. Tuttavia, mancano ancora strategie a lungo termine, come dimostra uno studio di Eurac Research sulla politica di integrazione in Alto Adige: in quasi due terzi dei comuni esaminati, ad esempio, non esiste un piano per l’integrazione. I risultati dello studio “Politiche di integrazione a livello locale: prospettive e opportunità” sono stati presentati oggi (18 dicembre).

    Molte delle persone che attualmente lavorano come responsabili dell’integrazione nei comuni dell’Alto Adige si descrivono come combattenti solitari e mettono in luce come a volte manchi il sostegno delle loro colleghe e dei loro colleghi del consiglio comunale, perché dal punto di visto politico occuparsi di integrazione e immigrazione comporta molto lavoro – e anche dei successi – , ma porta pochi voti. “Vediamo che i responsabili dell’integrazione nei comuni sono generalmente molto motivati, ma, allo stesso tempo, il livello di frustrazione è alto, perché sono spesso abbandonati a se stessi e ricevono poco apprezzamento”, spiega la responsabile dello studio, Verena Wisthaler di Eurac Research. “Lo studio evidenzia l’urgente necessità di istituzionalizzare e di pianificare a lungo termine e in modo sostenibile l’integrazione in Alto Adige. Sono necessari comitati per sviluppare strategie, non solo a livello comunale, ma anche a livello nazionale. Abbiamo bisogno di un piano pluriennale e di maggiori risorse per il centro di coordinamento esistente: il suo ruolo è fondamentale”, afferma Wisthaler. Questo perché in molti luoghi il lavoro di integrazione dipende dai singoli: se la persona responsabile di un comune se ne va, si perdono anche le conoscenze, le reti, le visioni e i piani e chi viene dopo deve partire da zero. Per questo motivo l’Alto Adige ha bisogno di “abbandonare il singolo per passare a una maggiore strutturazione” in modo da mantenere e sfruttare meglio l’esperienza, i contatti e le reti, sottolinea l’esperta di migrazione Wisthaler. Oltre alla stabilità e alla continuità, il lavoro di integrazione richiede anche una maggiore collaborazione con le istituzioni all’interno dei comuni e forti reti al di fuori dei comuni.

    Lo studio “Politiche di integrazione a livello locale: prospettive e opportunità” è stato condotto dall’Istituto sui diritti delle minoranze di Eurac Research per conto del Servizio coordinamento per l’integrazione della Provincia. Lo studio si basa su un questionario inviato ai referenti per l’integrazione di tutti i 116 comuni altoatesini al quale ha risposto il 62 per cento dei destinatari e su 19 interviste a referenti per l’integrazione e rappresentanti della politica e dell’amministrazione attivi nell’ambito dell’integrazione.