Il futuro nelle nostre mani
Ad una settimana da sabato 12 luglio non possiamo che voltarci indietro per continuare ad andare avanti. Dopo sette giorni, passata l’emozione e la tensione dell’imminenza (prima e dopo) e dell’immanenza, si può guardare alla “Leopolda del Colle” (nome attributo all’incontro autoconvocato e autofinanziato dalla base del Partito Democratico da parte della stampa locale) come ad un successo organizzativo, politico e mediatico.
Sei giovani militanti del Partito Democratico sudtirolese – me compreso – si sono decisi ad organizzare una iniziativa politica fortemente tematica, una volta constatato e appurato che il partito fosse impantanato, come spesso lo era stato prima per il continuo fuoco di sbarramento fra le diverse anime (leggasi correnti) presenti in assemblea.
La genesi
Che ci fosse bisogno di una scossa appariva chiaro ed evidente a noi (oltre a me: Gianluca e Matteo Da Col, Ilaria Piccinotti, Christian Schatzer e Alexander Tezzele) così come alla maggior parte dei cittadini simpatizzanti, iscritti e militanti, stufi di leggere e percepire solamente scontri interni, lotte intestine, giochi di potere.
La famosa goccia poi, quella che ci ha costretto ad accelerare l’organizzazione dell’iniziativa è stato il caso della più famosa fra le migranti nostrane.
Come il lettore potrà immaginare, non si trattò di rifugiato politico o migrante in cerca di fortuna proveniente da paesi extraeuropei, bensì di rara specie locale di camaleonte in cerca di rifugio e fortuna all’interno della (miracolo!) vincente compagine di centrosinistra.
Tuttavia un PD baldanzoso e combattivo dopo le europee (voti in provincia alle stelle, risultati su Bolzano degni dell’unico partito di riferimento per il gruppo linguistico italiano progressista e socialdemocratico, così come unico punto di riferimento credibile ed ambizioso per i sudtirolesi socialdemocratici di tutti e tre i gruppi linguistici) non trovava sfogo in iniziative politiche, in proposte programmatiche e prospettive vicine ai problemi della cittadinanza.
O si fa ora, o si muore al 6%, la riflessione più presente negli incontri preparatori. Bene, ma cosa si fa? Si fa un incontro, un incontro politico, convocato dalla base, che dia la possibilità ai dirigenti e ai militanti di tornare a fare Politica, a sviluppare e proporre idee per il bene comune.
Il Colle
Una giornata di successo, un sabato di metà luglio in cui una buona cinquantina di militanti di tutte le età e tutti i gruppi linguistici si sono trovati per lavorare (sodo!) in sei gruppi di lavoro tematici: Cultura e Scuola, Sanità, Imprenditoria, Lavoro, Ambiente, Pubblica Amministrazione. I report redatti in seguito alle attività sono disponibili per tutti su diverse piattaforme social.
Con “tutti” intendo chiunque abbia voglia di dire la sua per migliorare il Partito Democratico, chiunque si avvicini o si-riavvicini, compresi i testardi (come noi) che non si sono mai allontanati sicuri che sarebbe arrivato il momento della svolta.
Bene, quel momento è stato il Colle, almeno, secondo noi, abbiamo gettato le basi per un progetto politico serio, costruttivo, propositivo e a lungo termine. I risultati sono pubblici, a disposizione dell’assemblea, della segreteria, ma soprattutto dei cittadini. Chiaro e forte abbiamo affermato il concetto: noi vogliamo essere la realtà politica credibile del territorio per chiunque abbia ideali, valori, sentimenti socialdemocratici. Non ci interessano i “conversos” tra i dirigenti, ci interessa che gli elettori che alle ultime elezioni non ci hanno dato fiducia o peggio ancora non hanno votato a causa del ben misero spettacolo offerto dai partiti, hanno deciso di non votare.
I lavori prodotti sono prospettive, germogli di prospettiva politica che a nostro modo di intendere la politica il PD dovrebbero curare e sviluppare per arrivare ad avere posizioni chiare e forti su temi fondamentali che riguardano la vita quotidiana dei cittadini di oggi e di domani. Politica come pensiero e sguardo rivolti al futuro, alle generazioni che si affacciano alla vita politica e che si affacciano su panorami europei, internazionali, globalizzati.
Rottamazione del vecchio modo di fare politica, non delle persone, ma delle idee di immobilismo e poltronismo, di faide e correnti. Un nuovo modo, secondo noi, che potrà restituire centralità alla politica in Sudtirolo e che avvicinerà al partito le nuove generazioni, le generazioni di delusi, le fasce della società che non trovano più rappresentanza e si esprimono in voti di protesta e già mai di protesta.
La società si cambia cambiandola, iniziando ad occuparsi con perizia e amore dei problemi quotidiani mantenendo una visione del futuro che vogliamo vedere realizzato per noi e per i nostri figli. Questo futuro lo abbiamo nelle nostre mani.
Da qui in avanti
Ci troveremo con i gruppi di lavoro, sul territorio. Ci sono già stati o sono in calendario incontri a Bressanone, Merano, Bolzano, Laives. L’attenzione mediatica è stata tanta, ma soprattutto i partecipanti a “Il futuro nelle nostre mani” sono rimasti entusiasti di questa “nouvelle vague” e hanno voglia di continuare dalla base a costruire il PD del futuro, la Bolzano che verrà.
Ci aspettano sfide importanti, ma siamo pronti. Non vogliamo essere vittime del giovanilismo o del rottamanesimo, vogliamo semplicemente provare a metterci in gioco per un partito migliore, una politica più pulita e vicina ai problemi delle persone, vogliamo ridare dignità a un progetto riformista, progressista, socialdemocratico: il Partito democratico del 40% possiamo essere noi, anche a Bolzano.