Gesellschaft | Sanità

"Gestione da rivedere"

Il dottor Norbert Pfeifer illustra le diverse problematiche di gestione delle emergenze sanitarie ed espone le sue proposte in merito.
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Foto: Ospedale di Merano - Fonte della foto: Ufficio Stampa dell'Ospedale di Merano

“Come contenere i tempi di attesa in sanità?”. E’ il titolo del convegno che moderato dal dottor Ulrich Seitz si terrà il 2 maggio a Bolzano dalle 9.15 alle 13 presso la EOS Accademia in via Rencio 42.

Tra i molteplici interventi durante la mattinata vi sarà alle 11.15 la relazione del dottor Norbert Pfeifer, coordinatore medico al pronto soccorso dell’ospedale di Merano.

 

Il tema su cui il sopra menzionato medico si soffermerà è costituito dalle difficoltà della prima assistenza d'urgenza dei pazienti in ospedale.

In vista del suddetto evento formativo abbiamo chiesto al dottor Norbert Pfeifer di esporci il suo punto di vista su tale problematica e su quali siano le possibili soluzioni.

Salto.bz: Dottor Pfeifer, quali sono le principali criticità del pronto soccorso dell’ospedale?
Dottor Norbert Pfeifer: Non solo con riferimento al pronto soccorso degli ospedali di Bolzano e Merano, ma in generale si assiste ad un afflusso massiccio di pazienti. La colpa non è né dell’ospedale né dei medici.

Lei come ritiene che si debba intervenire in tale situazione?
Si deve regolare il flusso dei pazienti. E’ indispensabile distinguere tra chi abbia in effetti la necessità di venire e chi no. In tal modo si può valutare quanto personale sia nel complesso da impiegare, di quali strutture si abbia bisogno e quale sia l’entità di risorse economiche da investire. Si dovrebbe poi incentivare la costituzione delle case della salute, dove più medici di base con la collaborazione di segretari e infermieri prestino servizio dalle 8 alle 20 e alcuni tra loro, in tale fascia oraria, si rendano disponibili anche per le visite dei pazienti a domicilio. Sono necessari quindi tavoli di intesa tra medici di base e pronto soccorso per stabilire linee guida comuni e soluzioni pratiche da portare all’attenzione dell’assessorato competente e dell’Azienda Sanitaria.

Che cosa si può fare a suo avviso per contrastare il fenomeno degli accessi non giustificati dei pazienti al pronto soccorso?
Molti approfittano e sfruttano il sistema. Pertanto, a chi si è rivolto direttamente al pronto soccorso e ha fruito di prestazioni non urgenti,  senza essere stato inviato dal medico di base, si dovrebbe richiedere un contributo di partecipazione alle spese sanitarie. Non servono invece le sanzioni, contro cui spesso i pazienti ricorrono e vincono.  

Un altro fenomeno, da molti vissuto come problematico, è la presenza di senza tetto nelle sale d’attesa del pronto soccorso, specie nelle rigide giornate invernali. Secondo lei è giusto che l’ospedale dia rifugio a tali persone?
L’ospedale non è un dormitorio. Per ragione di igiene e sicurezza la sala d’attesa deve esser dedicata solo ai pazienti. In ogni caso, i diritti umani delle persone senza dimora devono essere rispettati. E noi non abbiamo mai cacciato nessuno. Certo, nel nostro ospedale (nosocomio di Merano, ndr) non è consentito a tali persone stare nella sala d’attesa del pronto soccorso, ma ad alcuni di loro abbiamo offerto la possibilità di trovare ricovero temporaneo nella cosiddetta “sala calda” (luogo di transito delle ambulanze, area posta al di fuori della sala di aspetto, ndr). Non è una soluzione. I Comuni dovrebbero mettere a disposizione di queste persone bisognose edifici inutilizzati e fornire così loro un tetto, un letto, pasti e docce.

Quanto è rilevante la formazione per il medico del pronto soccorso ai fini della riduzione dei tempi di gestione del paziente?
Meno preparazione ha, più il medico sarà portato verso la medicina difensiva: tanti esami, analisi, radiografie. Quanto maggiore è la competenza maturata dal medico negli anni, più mirato sarà l’intervento del medico, che prescriverà solo le indagini strettamente necessarie.

Che cosa suggerisce per una gestione più celere dei malati al pronto soccorso?
Si dovrebbe dividere il flusso di pazienti: una parte di medici del pronto soccorso dovrebbe occuparsi solo delle situazioni semplici e un altro gruppo di medici dovrebbe seguire i casi urgenti. Un buon modello è altresì quello della Germania, dove i medici di base, adeguatamente formati, lavorano nell’ospedale: in tal modo i pazienti in ragione della gravità o no delle loro condizioni vengono gestiti rispettivamente dal personale del pronto soccorso o dai medici di base (in quest’ultimo caso, seguendo l’iter ordinario, senza essere avvantaggiati rispetto ad altri pazienti). Infine, per snellire e velocizzare i processi sanitari, che in genere coinvolgono più reparti, si deve aumentare il personale medico e infermieristico.

A proposito di personale in Alto Adige per molti medici il requisito dell’obbligo del patentino di bilinguismo costituisce un ostacolo.
In certi campi non è più possibile un rispetto rigoroso del bilinguismo. Per il paziente la cosa più importante è sentirsi compreso e curato. In ogni caso, da noi tutti i medici si impegnano a studiare il tedesco. Anche se alcuni sanno poche parole in lingua tedesca, ci si capisce comunque.

Qual è la maggiore difficoltà per il medico del pronto soccorso?
Non poter programmare nessuna attività. Si passa, infatti, da casi gravissimi a casi di più lieve entità anche in un ristretto lasso di tempo. E da un momento all’altro dobbiamo correre e in pochi secondi siamo chiamati ad assumere decisioni assai delicate. Bisogna saper gestire queste situazioni, anche dal punto di vista psicologico. Non mancano poi pazienti aggressivi, arroganti, poco gentili, che non si rendono conto del nostro carico di lavoro: solo nel 2016 abbiamo avuto più di 72.000 pazienti nel pronto soccorso, di cui molti di notte. Alcune persone dovrebbero essere più umili, mostrare rispetto e avere maggiore fiducia nel sistema.

Che cosa può favorire un alleggerimento del lavoro?
Un buon team, che funziona, in cui i medici si danno reciprocamente una mano, come succede da noi a Merano.

Il vostro lavoro è considerato a sufficienza?
No, il lavoro del medico del pronto soccorso dovrebbe essere valutato molto di più, non solo dai pazienti (molti esprimono la loro gratitudine), ma anche dai vertici, che non dovrebbero guardare solo alle statistiche, ma riconoscere maggiormente il nostro operato e quanto lo facciamo bene. Facciamo tutto. Bisogna saper trattenere gli esperti. Non sempre è una questione di soldi, quanto piuttosto di essere considerati nella giusta maniera: vorremmo che le nostre idee, proposte e soluzioni, che nascono dalla nostra esperienza pluriennale, venissero ascoltate di più e prese sul serio. Noi medici assieme agli infermieri combattiamo tutti i giorni sul fronte. Dire “grazie” non costa niente.

E quando qualche medico non è gentile coi pazienti?
Questo non significa che l’ospedale o il servizio non funzioni. Noi cerchiamo di aiutare i pazienti, ma anche noi ci ammaliamo, abbiamo i nostri problemi nella vita privata e viviamo sotto stress. La gente deve capire che siamo persone non di ferro, ma di carne e sangue.