Sport | Triathlon

"Parigi? Metterò da parte le emozioni”

La campionessa di triathlon Verena Steinhauser vuole centrare l’obiettivo: Parigi 2024. Sabato parteciperà all’ultima gara per le qualificazioni: “A Tokyo ho provato l’emozione della prima volta, ora voglio godermi le Olimpiadi”
Verena Steinhauser
Foto: World Triathlon/Tommy Zaferes
  • Nel 2016 è stata campionessa italiana di triathlon nella massima categoria, negli anni è salita ancora sul podio e ha vinto anche due ori come under 23. Tre anni fa, alle Olimpiadi di Tokyo, ha conquistato l’ottava posizione nella staffetta mista 2+2 e un amaro ventesimo posto nella gara individuale segnata da una caduta nel tratto in bicicletta. Verena Steinhauser – atleta classe 1994 cresciuta a Bressanone e da qualche anno trapiantata in Abruzzo – ora sogna nuovamente in grande puntando alle Olimpiadi di Parigi. Sabato 25 maggio affronterà l’ultima gara per le qualificazioni e poi attenderà speranzosa la convocazione da parte della Federazione.

  • Steinhauser: "A Tokyo sono caduta in bicicletta, però mi sono rialzata e ho concluso la gara". Foto: Adriatic series
  • Mi sono trasferita in Abruzzo per comodità, ma è a Bressanone che continuo a sentirmi a casa.

    SALTO: Potrebbe avverarsi di un nuovo un sogno?
    Verena Steinhauser: Lo saprò nelle prossime settimane, lo spero. Complessivamente, a queste Olimpiadi ci saranno 5 atleti italiani per il triathlon: tre donne e due uomini. La scelta della Federazione, che effettua le convocazioni, ricade sempre tra chi si trova nelle prime trenta posizioni del ranking. Ad oggi sono ventiduesima.

    Quali erano state le sensazioni a Tokyo?
    Nella gara individuale, purtroppo, sono caduta in bici, però mi sono rialzata e ho concluso la frazione senza ritirarmi. Quelle del 2020/21 sono state Olimpiadi un po’ speciali, eravamo sotto il periodo Covid ed io ero travolta dalle emozioni della “prima volta”. La staffetta è andata bene, eravamo soddisfatti. Se parteciperò a Parigi, cercherò di mettere da parte le emozioni e vivermi le gare con serenità. Spero di fare bene ed essere soddisfatta. 

    Hai sempre sostenuto che tra le tre discipline, il nuoto fosse per te la più complicata. Ti affatica davvero di più della corsa e del ciclismo?
    Si è così. Provengo da una famiglia molto sportiva: mamma correva e papà giocava a calcio. Io ho sempre fatto atletica. Alle scuole medie, visto un problema alla schiena, ho iniziato a nuotare. È proprio grazie all’allenatrice di nuoto della squadra di Bressanone che ho conosciuto il triathlon. Però ho sempre preferito correre, è una cosa naturale, basti pensare che ogni bambino sa correre ma non tutti sanno nuotare. Negli anni però sono migliorata molto, anche grazie alla mia testardaggine. 

    I montepremi e gli sponsor sono uguali tra uomini e donne. La differenza non si percepisce.

    Si può dire che ci hai preso gusto. L’Alto Adige è un territorio che si presta alla pratica di numerosi sport, sia in estate che in inverno. Perché hai scelto di trasferiti in Abruzzo?
    Per il clima. In provincia di Bolzano l’inverno è lungo e freddo. Qui a Pescara posso allenarmi all’aperto già a inizio marzo. Mi sono trasferita per comodità, ma è a Bressanone che continuo a sentirmi a casa.

    Che stagione sportiva è stata quella di quest’anno?
    Difficile e piena di imprevisti. A inizio marzo sono andata ad Abu Dhabi per svolgere delle gare importanti. Visto il maltempo sono state tutte annullate. Ho vissuto un periodo in balia degli eventi. Settimana scorsa, però, ho preso parte a una competizione in Giappone, che non è andata un granché. L’ultima gara sarà appunto sabato a Cagliari. Darò il massimo.

    Il triathlon non è l’ironman, dove ci sono distanze molto più lunghe. Le gara durano dai 20 ai 120 minuti, possono farle anche i bambini!

    La vita di ogni sportivo e sportiva è fatta anche di sacrifici.
    Senza dubbio. Per esempio per me stare via da casa non è facile. Spostarsi da un punto all’altro del mondo mi pesa sempre di più. Mi accorgo di non avere più vent'anni. 
    L’inverno lo passo alle Canarie, così mi alleno all’aperto, sopratutto in bicicletta. Il resto del tempo lo trascorro a Pescara, ma con il calendario delle gare viaggio molto e a casa in Alto Adige torno poco.

    Come giudichi il movimento del triathlon in Italia?
    È uno sport di nicchia, forse perché in molti lo considerano per ricchi, in quanto serve avere una buona bicicletta, l’abbigliamento da nuoto e corsa. Non è così. In Germania e in Francia ci sono gare anche nei piccoli paesi, dove i ragazzi gareggiano con le bici prese a noleggio. 
    Il triathlon non è l’ironman, dove ci sono distanze molto più lunghe. Le gara durano dai 20 ai 120 minuti, possono farle anche i bambini!

    Nel ciclismo c’è una netta differenza tra gli stipendi e le garanzie che ha un uomo professionista e una donna professionista. È così anche per voi?
    Il triathlon non è uno sport professionistico. Noi sopravviviamo grazie al sostegno dei gruppi sportivi. Io faccio parte delle Fiamme Oro, senza il loro aiuto non potrei mantenermi, anche perché mi alleno 30/35 ore a settimana. Avere un secondo lavoro sarebbe difficilissimo.
    I montepremi e gli sponsor sono uguali tra uomini e donne. La differenza non si percepisce.