Avremo un Maggio ucraino? Dopo il primo mese di aggressione russa e di guerra che se ne infischia di corridoi umanitari, brevi tregue, ospedali soprattutto pediatrici bombardati e distrutti nonostante le insegne chiare e visibili, ecco, avremo un Maggio ucraino? E che tipo di Maggio sarà? Nessuno - salvo qualche trombone o cameriere della propaganda – può rispondere. Ma allora possiamo provare almeno a esercitare la speranza, ad adottare la vera fermezza, a riesumare i verbi al futuro. Potremo. Sapremo. Combatteremo. Vigileremo. Ricostruiremo.
La speranza, ma di quelle da costruire insieme in una Europa e in una Italia che appaiono solidali davvero, è che il Maggio ucraino ci sarà. E ci saranno ancora barricate, proteste ma anche sberleffi e linguacce verso un invasore che sta mandando avanti una generazione fragile e disinformata di soldati russi giovanissimi. Insieme, certo, con qualche migliaio di mercenari ubriachi dal grilletto facile soprattutto con bambini, donne e anziani: come in una maleodorante gara, anche maschilista, su chi compie più crimini.
Ma maggio si avvicina. Ci saranno allora anche i primi sorrisi spettinati, i primi ritmi di un respiro tornato (quasi) normale, i primi abbracci e baci e ancora abbracci di nuovo senza brividi e senza vertigini? Come “prima”?
Abbiamo meno di quaranta giorni per provarci. Proviamo a immaginare – soprattutto a costruire – un Maggio ucraino che possa guardare al “dopo”, alla ricostruzione dei corpi e delle case, degli alberi e di tutto il resto. Una pace, all’inizio inevitabilmente provvisoria, frutto della vittoria di un popolo contro tonnellate di lamiere che l’hanno aggredito e spossato.
Questa rubrichina una cosa vorrebbe vederla. Le strade delle città ucraine che provano a tornare “normali”. Mantenendo barricate e turni di guardia perché non si sa mai. E con quei violini, fiati e pianoforti che stanno tornando. Stanno tornando.