Nepal (parte 1)
Il Nepal è stato l’ultimo paese che ho visitato prima di tornare in Italia da un lungo viaggio durato quasi un anno in Asia. Questo Paese relativamente piccolo rispetto ai suoi immensi vicini, confina a nord con il Tibet (Cina) e a sud con l’India. Pur essendo uno Stato di dimensioni medio-piccole, il Nepal presenta una notevole varietà di ambienti naturali, comprendendo territori che spaziano dalla pianura del Gange alla catena montuosa dell’Himalaya dove le montagne sono coltivate fino all'altitudine in cui il clima lo consente, poi seguono i boschi e per finire, intorno ai 4000 m, vi è l'ultima vegetazione erbacea. Come ci si può immaginare da questa premessa, il Nepal offre degli scenari a dir poco mozzafiato e non a caso i turisti che visitano il Paese lo fanno quasi esclusivamente per intraprendere uno dei numerosi trekking.
In territorio nepalese si innalzano tre dei quattordici "ottomila" del pianeta: il Dhaulagiri, l'Annapurna ed il Manaslu. Altri quattro sono invece condivisi con la Cina: l'Everest, il Lhotse, il Makalu ed il Cho Oyu. Infine il massiccio del Kangchenjunga è condiviso con l’India. Il campo base dell’Everest e quello dell’Annapurna sono senz’altro i più “affollati”.
Io sono partita con un volo dalla Cina per atterrare direttamente nella capitale nepalese, Katmandù, dove sono stata risucchiata violentemente in un vortice di colori e profumi. Abituata alle strade ordinate e silenziose della Cina, la confusione di Katmandù fatta di vociare, di centinaia di persone che camminano disordinate e veloci tra le strade polverose, di stradine che si assottigliano sempre di più per lasciar spazio alle bancarelle che vendono freneticamente qualsiasi cosa -dai gioielli, alle pietre preziose, al thè chai, al lassi speziato, ai vestiti coloratissimi alle scarpe e chi più ne ha più ne metta- mi ha presa alla sprovvista! Ma l’ha fatto in modo piacevole e dopo un paio di ore, dopo essermi liberata dello zaino che con i mesi era diventato sempre più pesante, sono diventata anche io parte di quel movimento inarrestabile che inizia con le prime ore dell’alba e che si intensifica intorno alla Durbar Square (letteralmente luogo dei palazzi), cuore della città dove ci si trova ad ammirare alcuni veri gioielli di architettura.
Katmandù si trova nell’omonima valle e i primi insediamenti risalgono al II secolo a.C. Nel corso della lunga storia la città è stato un punto nevralgico per gli scambi culturali ed economici tra il subcontinente e la regione himalayana e questo ha portato a una fusione tra India e Tibet visibile anche nella splendida architettura dove è forte l’influenza del Buddismo e dell’Induismo. Sette monumenti che rispecchiamo queste caratteristiche sono infatti Patrimonio UNESCO: si tratta dei palazzi di Durbar Square Hanuman Dhoka, Patan e Bhaktapur, i templi induisti di Pashupatinath e Changunarayan e gli stupa induisti di Swayambhu e Boudhanath.
Katmandù ricorda in qualche modo l’India anche se in India tutto è portato all’ennesima potenza. Ma i colori, alcune pietanze e alcune tradizioni ti portano proprio lì, non a caso oltre l’80% della popolazione nepalese è fedele all’induismo seppure sia diffuso anche il Buddhismo e in alcune aree rurali si pratichino altresì il Bön (forma di sciamanesimo) e l’animismo. Per quanto riguarda l’etnie invece, in Nepal sono censiti ufficialmente più di 100 gruppi etnici di origine indo-arii, tibeto-birmani e dravidici.
Questo è stato solo l’inizio della mia esperienza in Nepal, nel prossimo articolo vi parlerò di tre settimane e 250 km percorsi nel massiccio montuoso himalayano dell’Annapurna dove la motivazione ad andare avanti ha vinto su tutto!
CONTINUA
Giulia Pedron