“Siamo avvelenati a norma”
Salto.bz: Andrea Tomasi, dopo "La farfalla avvelenata" e "Veleni in paradiso", torna con una nuova docu-inchiesta. Di cosa tratterà?
Andrea Tomasi: Il documentario racconta del problema dei pesticidi in agricoltura e nel commercio in Italia, con il baricentro spostato in direzione Trentino-Alto Adige. Si parla con esperti, oncologi, pediatri, nutrizionisti, contadini bio e non bio, e si affronta la questione a livello nazionale. Ci siamo affidati a numeri certi, ovvero i dati forniti dall'Ispra, attraverso schede nelle quali si illustrano le quantità di pesticidi più usati – perché sono tantissime le tipologie – mostrando regione per regione le vendite in tonnellate. Per dare un po' l'immagine a livello “plastico” di qual è la situazione in Italia.
E qual è la situazione nel nostro paese – e nella nostra regione in particolare?
Per quanto riguarda il Trentino, un contadino biologico (da noi intervistato) assieme al “Comitato per il diritto alla salute” della Val di Non ha raccolto dei campioni poi sottoposti alle analisi del laboratorio di Firenze. Ebbene, sono state trovate tracce di pesticidi nello sterco dell'orso – animale con cui conviviamo e che evidentemente convive con i nostri mali – e nel favo di cera d'un alveare. Cosa abbastanza preoccupante, perché il pesticida passa direttamente nel miele che consumiamo.
Con effetti sulla salute...
L'oncologa Patrizia Gentilini racconta di analisi fatte in Germania e in Italia su un campione di 14 donne in gravidanze: nel 100% dei casi analizzati sono state trovate tracce di fitofarmaci nelle urine. Il campione non è statisticamente rilevante: i medici dell'ambiente hanno fatto analisi “in proprio” - ciò che però le istituzioni non fanno. Fitofarmaci si trovano pure nei ghiacciai, ad alta quota: a tal proposito abbiamo il contributo importante del meteorologo Luca Mercalli, che interviene sulla questione dei cambiamenti climatici. Parliamo inoltre delle analisi eseguite in val di Non promosse dalla nutrizionista Renata Alleva su una trentina di abitanti – donne uomini e bambini – riguardo gli effetti sul DNA della presenza di pesticidi, nonché analizzando la polvere presente nelle abitazioni.
Nel docufilm compaiono altri nomi “autorevoli”.
Siamo molto contenti perché c'è stata la partecipazione di molte persone che lavorano sul territorio e mettono a disposizione le proprie competenze, capacità e il proprio tempo. Velia Lalli, regina della stand up comedy, volto noto di Comedy Central di Sky e di Sbandati su Raidue, racconta con il suo senso dell'umorismo molto graffiante e senza filtri il mondo del commercio biologico: sostiene quello che tanti cittadini dicono, ovvero che il biologico costi troppo, ma al contempo lo difende – mostrando le contraddizioni dell'agricoltura intensiva. Abbiamo inoltre un intervento di Marco Paolini, un grande onore per noi.
Se manteniamo il focus sulla nostra regione, sul banco degli imputati siede la coltura intensiva dei meleti. In Sudtirolo, il “caso Malles” ha dato una spallata all'agricoltura convenzionale, ma prevalgono ancora le resistenze nella transizione da un modello all'altro. Passando dalla val Venosta alla valle di Non, qual è l'atteggiamento dei trentini nel dibattito sul biologico?
Chiaramente è un mondo variegato, sia quello degli agricoltori che quello dei consumatori. Ognuno di noi è responsabile: ogni volta che si va al supermercato, scegliendo una cosa dai un voto con il portafoglio e incidi nel tuo piccolo sul mercato. Se chiedi non-biologico, il mercato ti dà quello, se chiedi biologico ti darà l'altro. La sensibilità per quanto riguarda i cittadini sta aumentando, noi stiamo ricevendo molti riscontri. La prima proiezione, lo scorso 17 aprile a Trento, è andata molto bene, con oltre 200 persone in sala e una trentina rimaste fuori. Ho l'impressione che inizi a crescere la sensibilità anche da parte degli agricoltori, i quali si rendono conto come il sistema, così com'è costruito adesso, non si sa quanto possa reggere in termini di sostenibilità. Non tutti i contadini sono uguali e nessuno vuole prendersela con loro: vengo da una famiglia di contadini e so di cosa sto parlando. E nessuno di noi se la prende nemmeno con gli abitanti della val di Non.
È aumentata anche la percezione sociale del pericolo?
Tutti sanno che i pesticidi non fanno bene: basti pensare alla mamma che quando vede un atomizzatore in funzione la prima cosa che fa è prendere il bambino, portarlo dentro e chiudere le finestre. Il buon senso ci porta a fare questo. Ma una cosa è avere buon senso, un'altra è sentirselo dire numeri alla mano da medici ed esperti che ci chiedono di fare qualcosa. Nessuno dice che il biologico sia la perfezione, ma di sicuro non abbiamo molte altre scelte.
Avete ricevuto donazioni per la realizzazione del docufim?
Non siamo sponsorizzati da nessuno, la nostra forza è la nostra libertà. Tutto è autofinanziato, anzi, tecnicamente siamo in perdita. Abbiamo lavorato con le nostre sole forze, nei ritagli di tempo, anche di notte. Sono occorsi due anni di lavoro. Ringrazio in particolare Leonardo Fabbri: lui dice che io sono il frontman e lui il batterista, ma senza batterista il docufilm non sarebbe rock. Rispetto al documentario “molto locale” precedente, Veleni in paradiso – dove si parla del traffico di rifiuti tossici provenienti da mezza Italia con capolinea in Trentino e solo un parte era dedicata ai veleni dell'agricoltura intensiva – questo è un qualcosa di più. Racconta uno spaccato del nostro paese.
Se il principio di precauzione è stato interiorizzato dalle persone, riguardo la potenziale pericolosità degli erbicidi l'Italia aveva assunto a livello europeo una posizione favorevole alla messa al bando del glifosato – salvo poi essere stoppata dalle decisioni prese a Bruxelles.
Dobbiamo fare i conti con interessi di vario tipo, un braccio di ferro con chi di sicuro non ha l'interesse per il diritto alla salute. Il principio di precauzione dice: nel dubbio evitiamo. Sono tutti farmaci a norma di legge, nessuno ha detto che sono fuorilegge, perciò siamo avvelenati a norma. Ma non viene calcolato l'effetto del mix dei fitofarmaci: ogni singolo pesticida è controllato e regolato, ma non c'è un controllo sull'intero complesso del cocktail che viene utilizzato. Tutta la nostra società deve fare i conti con varie forme di inquinamento. So che il traffico non fa bene, non pensiamo di vivere su Marte, ma dove possiamo – e su questo possiamo! – dobbiamo intervenire per il bene nostro e dei nostri bambini. Tutti gli esperti intervistati sostengono che sono loro a risentirne di più perché maggiormente esposti.
Il sottotitolo del documentario è “Biancaneve non è sola”. Cosa intendete dire?
Come Biancaneve anche noi siamo avvelenati, e non c'è nessuno sul cavallo bianco a salvarci, ma dobbiamo sellarlo noi il cavallo, ferrarlo, e cavalcare per risolvere i problemi. Dobbiamo sbrigarcela da soli, il punto è proprio questo: come cittadini non si può delegare e basta – questo lo vediamo anche nell'impegno meritorio di vari comitati – i cittadini dovrebbero, anzi, possono prendere coscienza di un problema, affrontarlo in un certo modo ed essere consumatori consapevoli. Ogni volta che andiamo in un negozio decidiamo cosa portarci in casa.
Intanto anche il tanto vituperato orso soffre con noi...
Il comitato per il diritto alla salute della val di Non, autofinanziandosi con sacrifici abbastanza importanti, ha fatto delle analisi sullo sterco dell'orso, dimostrando che stiamo contaminando anche loro. Biancaneve è in compagnia, ma la compagnia è bella ricca, con umani e anche animali. Ci sono anche tanti nani: coloro che hanno potere decisorio ma non decidono o fanno finta di non vedere.
Da parte dei cittadini occorre una maggiore consapevolezza, allo stesso tempo però incontriamo ostacoli politici a livello europeo, nazionale e locale. Oltre a ciò che possiamo fare “noi”, quali iniziative istituzionali andrebbero intraprese più urgentemente affinché cambino le cose?
Bisogna prendere in mano tutto il sistema e analizzarlo bene, coinvolgendo se possibile i comitati, i medici per l'ambiente, le persone che tutti i giorni vivono a stretto contatto con gli agricoltori che giustamente rivendicano il diritto a produrre e fare reddito – però dall'altra parte devono convivere con le persone che hanno il diritto di vivere in un certo modo, senza sentirsi minacciati dalle nubi degli atomizzatori. E dovremmo sporcarci tutti un po' le mani, magari, e coltivare qualcosa. Chi mi dice “ah, 'tanto ho risolto perché compro a chilometro zero” ma se il tuo vicino di casa usa il napalm... il prodotto a km zero è comunque contaminato.
La strada di Malles è percorribile pure altrove?
È un bellissimo esempio. Pur con tutti i problemi che hanno avuto – non hanno certo avuto vita facile – faccio i miei complimenti a distanza per il loro impegno. Su molti fronti il Trentino può prendere esempio dai cugini altoatesini. Occorre prendere coscienza come cittadini, genitori, singoli. La sensibilità maggiore arriva da parte delle famiglie: quando si diventa madri o padri si prende coscienza di un problema che magari prima sottovaluti. Non voglio insegnare niente a nessuno, anch'io facevo parte di questa categoria e ho imparato coi miei tempi. Noi con il documentario vogliamo arrivare a tutti, anche a chi ha sottovalutato il problema e magari al supermercato compra una mela lucida, perfetta e gigantesca.