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“Google non detti legge all’Ue”

Oggi il parlamento europeo vota la riforma sul copyright. Fioccano le proteste. L’eurodeputato Dorfmann: “Dalle superpotenze del web azione di lobbying incredibile”.
Herbert Dorfmann
Foto: Facebook/Dorfmann

Il gran giorno è arrivato. Dopo un iter travagliato oggi, 26 marzo, il Parlamento europeo voterà la direttiva sul copyright che tanto ha fatto discutere negli ultimi mesi. L’apice del malcontento: le proteste di piazza in Germania contro la riforma Ue e la decisione di Wikipedia, la celebre enciclopedia online, di oscurare le versioni europee del suo sito per 24 ore a partire dalle prime ore della giornata di ieri. La riforma era stata bocciata a luglio e poi approvata a settembre ma i negoziati con il Consiglio dell’Ue avevano subìto uno stop per via dell’opposizione di diversi paesi, Italia compresa.

Fra gli articoli più contestati c'è il numero 11 il quale prevede che le piattaforme multimediali (un esempio classico è quello degli aggregatori di notizie) paghino un compenso agli editori per i contenuti che utilizzano. In sostanza una “tassa”, dicono i detrattori. Un altro degli articoli criticati è il numero 13 che determina l’adozione di misure, da parte dei siti web, per controllare preventivamente tutti i contenuti caricati dagli utenti e impone di bloccare la pubblicazione di quelli ritenuti lesivi dell’altrui diritto d’autore, con la conseguenza - obiettano gli scettici - che la libertà di condivisione delle informazioni sarà messa a rischio.

Il via libera alla norma, in ogni caso, non è scontato. Basta infatti che venga approvato un solo emendamento per riaprire le contrattazioni ed è molto probabilmente ciò che accadrà, prevede l’europarlamentare della Svp Herbert Dorfmann.

 

salto.bz: Onorevole Dorfmann, lei darà il disco verde alla direttiva sul copyright?

Herbert Dorfmann: Dovremo confrontarci all’interno del mio gruppo politico per decidere come votare domani (oggi, ndr), sull’argomento infatti non c’è unanimità. Ritengo comunque, e credo che questa sia anche l’opinione della maggioranza della community online, che nel suo insieme la direttiva vada nella direzione giusta perché regole più restrittive sulla proprietà intellettuale relativamente a internet sono necessarie. Le regole devono valere per un articolo che esce su un giornale cartaceo, una foto o per un brano che viene passato per radio, così come per un pezzo pubblicato sul web. Il punto è come intervenire, perché su internet la faccenda è notevolmente più complicata data la mole di materiale che circola. 

Salva anche i contestati articoli 11 e 13?

Sono convinto che gli articoli in questione siano senz’altro migliorabili, ci sono del resto tutta una serie di emendamenti da votare che io sosterrò. Trovo giusto che i grandi player del web che fanno cassa con la proprietà intellettuale di terzi vengano regolamentati. Da mesi Google e YouTube stanno facendo un’azione di lobbying incredibile, che raramente mi è capitato di vedere nella mia carriera. 

Ci spieghi meglio.

È chiaro che queste multinazionali del web non vogliono che la direttiva passi perché danneggia il loro business, a loro non interessa migliorare l’articolo 13, che peraltro è già stato affinato rispetto alla prima stesura. Queste piattaforme non vogliono proprio il copyright su internet perché guadagnano utilizzando di fatto cose che appartengono ad altri. Se Google news fa una raccolta di tutti gli articoli (il modello del news aggregator, ndr) e li mette a disposizione gratuitamente, non con la finalità dell’interesse collettivo ma per attirare traffico sulla propria pagina così da vendere pubblicità, io dico d’accordo, però allora occorre stabilire con gli editori se quel determinato pezzo si può pubblicare e a quali condizioni economiche, altrimenti il giornalista ci rimette. Non è un caso che il giornalismo si trovi sempre più in difficoltà e gli editori non riescano più a pagare i giornalisti. E le voglio fare un altro esempio.

Prego.

Ho ricevuto da persone diverse centinaia di mail tutte uguali, è sufficiente qualche ong che inviti gli utenti a inviare con un clic un testo prefabbricato via mail a tutti i parlamentari europei. Anche questo è lobbying, ed è un sistema che viene finanziato da chi ha degli interessi precisi. 

D’accordo, ma non sono forse legittime le istanze dei detrattori preoccupati che questa direttiva possa limitare la libertà di espressione, in particolare per via dell’uso dei filtri per bloccare e prevenire la violazione del copyright?

Nell’articolo 13 non si parla esplicitamente di “filtri per contenuti” ma è chiaro che Google non potrà fare un controllo articolo per articolo, e dovrà per forza utilizzare una specifica tecnologia per stabilire se quel contenuto è illegale o meno. In questo periodo ho parlato con tanta gente, che ha tutte le ragioni per essere preoccupata, ma non accetto che dei colossi americani del web dettino legge al Parlamento europeo. Ci sono delle serie perplessità che non possiamo ignorare, comunque a mio avviso la libertà di parola non viene minacciata dalla riforma. Vede, siamo di fronte a un mix di interessi: è giusta la richiesta da parte degli editori, degli autori e degli artisti di vedere tutelata la proprietà intellettuale sul web. Se scrivo un articolo lo faccio anche con lo scopo di ottenere un guadagno, e se il mio pezzo diventa accessibile gratuitamente devo essere io a deciderlo e non altri al posto mio. D’altra parte è legittima anche la richiesta, soprattutto da parte dei giovani, di lasciare che internet resti uno spazio libero e non diventi un mondo iper-controllato. 

Da mesi Google e YouTube stanno facendo un’azione di lobbying incredibile, che raramente mi è capitato di vedere nella mia carriera

Un altro dubbio diffuso è che le prescrizioni della direttiva saranno difficilissime da applicare, per via degli ampi margini di manovra lasciati alle legislazioni nazionali.

Questo è da sempre il problema delle direttive europee che devono essere recepite a livello nazionale, ma io sono sicuro che se troviamo la quadra sul piano europeo gran parte degli stati membri prenderanno questa norma così com’è, perché non vorranno attirarsi altre grane. 

E della protesta di Wikipedia cosa dice?

Che non l’ho capita. Wikipedia è espressamente esclusa dall’applicazione della direttiva ma si muove evidentemente nell’orbita di Google, difende insomma il gigante di Mountain View e non se stessa. 

Il dissenso c’è stato perché, a detta dei diretti interessati, il progetto di Wikipedia è “parte integrante dell’ecosistema di internet”.

Gli interessi sono ben altri.

Lei crede che l’approvazione della norma slitterà alla prossima legislatura?

La direttiva è il risultato di un accordo con gli stati membri e se anche un solo emendamento passa, come credo accadrà, allora bisognerà tornare a negoziare con gli stati membri stessi e i tempi si allungheranno. Meglio fare le cose per bene, anche se questo vorrà dire aspettare ancora. Ma io credo che sul piano politico non siamo lontanissimi da una soluzione condivisa.