“In gioco la conservazione del sistema”
Maggio è appena iniziato e io attraverso la Muta di Malles fino a Burgusio. Nel cielo le allodole maschio cantano per rivendicare il loro territorio, ricordandomi l’importanza di questa vasta area per gli uccelli che nidificano a terra, tra cui il re di quaglie e lo stiaccino. Meglio quindi non camminare per i campi, anche per un’altra ragione: si rischia di bagnarsi i piedi, perché da qualche giorno l’acqua è tornata nelle rogge.
Ho appuntamento con Roland Peer dell’Heimatpflegeverein Malles per parlare del peculiare metodo di irrigazione della Val Venosta e in particolare della Muta di Malles.
“Il sistema delle rogge vanta una lunga storia, perché l’agricoltura della Val Venosta, a causa dell’aridità del terreno, è sempre dipesa dall’irrigazione. Un ufficio di gestione delle rogge viene menzionato già in alcuni documenti del XIV secolo”, mi racconta all’inizio della conversazione e prosegue: “Eppure si presume che questo sistema autoctono di canali irrigui sia ancora più antico e che alcune forme di irrigazione artificiale fossero già in uso in epoca precristiana”.
Le rogge sulla Muta di Malles costituiscono un tutt’uno con la foraggicoltura. Il sistema e le tecniche messe in pratica, nei loro principi fondamentali, corrispondono a quelli in uso centinaia di anni fa. Come un tempo, l’irrigazione dei prati è innanzitutto funzionale all’incremento del raccolto, oggi sostanzialmente la base del foraggiamento invernale delle vacche lattifere.
Questa permanenza attiva e quasi invariata del sistema è tanto più apprezzabile perché nel frattempo la maggior parte dei canali di irrigazione in Alto Adige è stata chiusa. Nel 1939, in Val Venosta si contavano ancora 235 grandi canali, per una lunghezza totale di circa 600 chilometri, capaci di coprire ben 10.000 ettari di terreno. Oggi, la maggior parte di essi è stata sostituita da tubazioni a pressione, perché la manutenzione e la gestione dell’antico impianto di irrigazione sono dispendiose. Inoltre, trovare personale che se ne occupi è tutt’altro che facile.
Un lavoro di grande responsabilità
“Attualmente, le rogge della Muta di Malles vengono curate da due Waaler, entrambi pensionati”, mi racconta Roland. “Un tempo il Waaler era un uomo molto rispettato dagli agricoltori, che oggi devono essere contenti se trovano qualcuno disposto ad assumersi questa grande responsabilità”. Dopo tutto, chi fa questo mestiere deve gestire i road distribuendo equamente le acque su un totale di 400 ettari, con i loro 1200 appezzamenti, senza penalizzare nessuno dei 350 proprietari. Si tratta di un sistema straordinariamente equilibrato, basato sull’equità, che ciononostante, o proprio per questo, ha funzionato per secoli. “Tuttavia, i potenziali conflitti per l’acqua sono destinati ad aumentare nei prossimi decenni”, osserva Roland. “Nelle ultime settimane c’è stata qualche pioggia, ma nel complesso sia l’inverno che la primavera sono stati spaventosamente secchi. E con l’avanzare dei cambiamenti climatici, la nostra carenza d’acqua si sta aggravando. Resta da vedere quanto il sistema delle rogge sarà ancora sostenibile in queste nuove circostanze”.
Raggiungiamo il punto di raccolta della fossa Töschgwaal al Lago di San Valentino alla Muta e solo qui mi rendo conto di quanto sia davvero sofisticato questo sistema di irrigazione. Serve una conoscenza impressionante della topografia per garantire un’equa distribuzione dell’acqua sfruttando al meglio la pendenza. Non passa inosservato anche un altro aspetto: questi canali irrigui sono biotopi culturali preziosi e ricchi di specie. Ai loro margini prospera una peculiare vegetazione, attualmente calendule di palude e nontiscordardimé, che non crescono in mezzo ai prati.
Con la nomina a patrimonio culturale immateriale dell’UNESCO, intendiamo soprattutto dar voce al desiderio di preservare nel lungo periodo la foraggicoltura sulla Muta di Malles, nonostante lo sfruttamento intensivo
- Roland Peer, Associazione per la preservazione del territorio
La candidatura all’UNESCO: una panoramica delle forme tradizionali di irrigazione in Europa
I sistemi di irrigazione gestiti attivamente esistono ancora oggi in tutta Europa: dai prati irrigui dell’Oberaargau alla “Grote Waterin” di Lommel, in Belgio, dalla tradizione del Fléizen in Lussemburgo e l’irrigazione a scorrimento nell’Oberland tirolese ai prati inondati in Franconia e ancora al Pelterheggen olandese e così via.
Il progetto transfrontaliero per la candidatura dell’irrigazione tradizionale a patrimonio culturale immateriale dell’UNESCO si pone l’obiettivo di rappresentare una parte di questa ricchezza e dichiararla patrimonio culturale per tutti noi. I paesi coinvolti sono sette: Belgio, Germania, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Austria e Svizzera.
Cosa spera di ottenere l’Alta Val Venosta da una designazione ufficiale dell’UNESCO? “Non si tratta di veder riconosciute le singole rogge quali infrastruttura, patrimonio materiale”, mi spiega Roland. “Piuttosto è in gioco la conservazione del sistema, della conoscenza che ne è alla base. Vogliamo creare una maggiore consapevolezza per l’unicità e l’inestimabile valore di questa tecnica, che richiede molta manodopera ma che non va assolutamente abbandonata. Con la nomina a patrimonio culturale immateriale dell’UNESCO, intendiamo soprattutto dar voce al desiderio di preservare nel lungo periodo la foraggicoltura sulla Muta di Malles, nonostante lo sfruttamento intensivo. Infine, ci auguriamo che il riconoscimento internazionale possa portare a una riduzione dei costi per l’utilizzo dell’acqua, risorsa preziosa e rara, recentemente aumentati in modo considerevole”.