“Il male per l’uomo non è il subire l’ingiustizia, ma il commetterla.”
Eccoci giunti quindi ad un altro appuntamento preparatorio al viaggio ad Auschwitz. Siamo un centinaio di ragazzi che, per motivi logistici, vengono divisi in due gruppi.
Dopo una piccola introduzione di Alessandro Huber e delle due archiviste, Roberta e Monica, il gruppo dei ragazzi è stato diviso in due. Un gruppo si è avviato subito al Durchgangslager (campo di transito), mentre il gruppo seguito da chi scrive è rimasto in questa sala situata in piazza Don Bosco ad ascoltare una breve introduzione alla storia del campo di Bolzano-Gries.
Roberta ci ha mostrato alcune foto d’epoca e alcuni documenti spiegandoci la storia del campo situato in via Resia. Costruito durante l’estate del 1944 e attivo fino al 3 Maggio 1945, questo campo aveva più che altro la funzione di smistare i deportati italiani nei campi al di là delle alpi. 13 sono stati i viaggi partiti da Bolzano e diretti verso campi di concentramento fra cui Mauthausen e Auschwitz che portarono in questi luoghi di morte più di 3'000 anime. Oltre 2'000 di loro non hanno fatto ritorno a casa. Nonostante i dati non siano sempre precisi, si pensa che il Lager di Bolzano abbia visto passare fra le sue mura tra le 9'000 e le 11'000 persone in meno di un anno di attività. Il 3 Maggio 1945 venne infatti dato ad ogni detenuto un Entlassungschein (foglio di rilascio) firmato a mano dal tenente a capo del campo: Karl Titho.
Dopo questa breve introduzione storica siamo andati anche noi a vedere dal vivo ciò che è rimasto di questo Lager, che in effetti, non è molto: un semplice muro. Ad attenderci là abbiamo trovato il presedente dell’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) di Bolzano, classe 1928, il signor Lionello Bertoldi non dimostra affatto la propria età anagrafica e, quasi fosse un carillon caricato a molla, inizia a raccontarci delle storie che di rado vengono narrate in queste occasioni. Aneddoto dopo aneddoto Lionello ci racconta di come la resistenza aveva cercato di migliorare la condizione di chi lavorava ed era rinchiuso in quel campo. C’è la storia della panettiera che, insieme a dei bambini, raccoglieva le lettere che i detenuti lasciavano cadere andando a lavorare al Virgolo. C’è la storia del prete che raccoglieva durante la messa i buoni per il pane e andava a distribuire quel che poteva all’interno del campo. C’è la storia del Piper inglese che gettava una bomba sul muro del Lager creando un varco, senza però che nessuno dei detenuti cercasse di scappare, poiché i fari delle torri di sorveglianza puntavano sul buco nel muro, controllando che nessuno fuggisse. E Lionello sarebbe rimasto lì ancora un bel po’a raccontarci storie di questo genere, ma nostro dovere era ritornare in piazza Don Bosco ad un certa ora e, con personale dispiacere, abbiamo dovuto fermare questo flusso di storie per ritornare a organizzare gl’ultimi dettagli del nostro viaggio verso Cracovia.
Ormai la partenza è imminente (siamo a meno sette giorni!) e sentire che anche la nostra Bolzano ha avuto un piccolo, ma importante, ruolo in uno dei punti più oscuri della storia dell’umanità fa pensare. Il fatto che a Bolzano ci fosse un centro di smistamento, credo sia una cosa che ognuno di noi sa. Confrontarsi e immaginarsi che per davvero anche la nostra casa abbia fatto parte di questo sistema di terrore e di “industria della morte” mi fa tornare a casa con un velo d’inquietudine, perché “Il male per l’uomo non è il subire l’ingiustizia, ma il commetterla.” (Platone)
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