Con il fiato sospeso
Da qualche tempo, ormai, gli occhi sono tutti puntati sull’Austria. Le indigeste misure relative al ripristino dei controlli al confine si arricchiscono ogni giorno di nuovi, cupi, dettagli (domani, 27 aprile, la polizia tirolese spiegherà le prossime mosse che verranno attuate al confine) e nel frattempo l'estrema destra del Partito della Libertà (FPÖ) e la sua intransigente politica sui migranti fanno il pieno di voti al primo turno delle elezioni presidenziali. I campanelli d’allarme - diventati una polifonia dai decibel altissimi - continuano ad essere di fatto ignorati da un’Europa dura d’orecchi, declassata dalla propria indolenza, pronta a ricalcare vestigia storiche per nulla edificanti. A completare un quadro già sconfortante si aggiunge altro combustibile: l’inasprimento del diritto di asilo pronto a mettere in discussione l’assioma della libertà di movimento nella UE sancita dal Trattato di Schengen. Nel parlamento austriaco è infatti in discussione un disegno di legge - su cui si dovrebbe deliberare con ogni probabilità fra oggi e domani - che dal prossimo giugno autorizzerebbe l’Austria a sospendere l’applicazione di tutte le norme secondarie europee in materia d’asilo (salvo poche eccezioni) attraverso la dichiarazione dello stato di emergenza. Una conseguenza che, naturalmente, avrebbe gravi ripercussioni su paesi confinanti come Slovenia e Italia.
L’articolo 72 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), che accanto al Trattato sull'Unione Europea (TUE) costituisce le basi fondamentali del diritto primario nel sistema politico dell'UE - autorizza gli Stati membri ad adottare provvedimenti per il mantenimento dell'ordine pubblico e la salvaguardia della sicurezza interna che in Austria sarebbero minacciate dalle 90mila richieste d’asilo inoltrate nel 2015 e da quelle che si prevedono per l’anno in corso. Motivo per cui il Paese vorrebbe introdurre un decreto che certifichi tale pericolo. Ciò significa che verranno accolte esclusivamente le domande di chi ha famiglia in Austria o qualora il respingimento o l’espulsione violasse gli articoli 2 e 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Le richieste d’asilo dovranno essere presentate nei centri di registrazione - posti soprattutto lungo i confini - dove i migranti verranno interrogati, con un procedimento sommario, dalla polizia e non dalle autorità esperte in materia di diritto di asilo.
Se la richiesta venisse respinta i rifugiati, pur avendo diritto alla tutela giuridica, non potranno presentare ricorso se non presso una corte amministrativa in Austria, a respingimento avvenuto. Tale ricorso, tuttavia, non avrà effetto sospensivo e al rifugiato non verrà fornita alcuna documentazione scritta in merito. Folto il coro di proteste che si è levato contro il disegno di legge in questione, dal sindaco di Vienna Michael Häupl, ad alcuni membri dell’SPÖ, alle associazioni umanitarie. Caritas, Diakoni e Croce rossa hanno organizzato anche una conferenza stampa congiunta sul tema e fatto recapitare una lettera a tutti i parlamentari. La Caritas austriaca, inoltre, incoraggia i cittadini a manifestare il loro dissenso al ddl inviando una mail di protesta ai parlamentari.
Alle nostre latitudini, nel frattempo, i volontari di Bozen Accoglie, non soddisfatti delle risposte ottenute dalla Provincia in materia di accoglienza, tornano a “scalpitare” per chiedere interventi concreti e risolutivi. Un manipolo di persone, fra cui anche alcuni richiedenti asilo, si è dato appuntamento poco fa davanti alla sede del consiglio provinciale in piazza Magnago; “vogliamo partecipare alla conferenza stampa della giunta come liberi cittadini - affermano i volontari -, Kompatscher ci deve delle spiegazioni”. Oggetto della protesta - a fare da portavoce Lea Mair di Binario1 - la “mala gestione del sistema d'accoglienza”, e la mancanza di “trasparenza della pubblica amministrazione, che fornisce informazioni non veritiere e parziali”. Il 24 marzo scorso, ricordano gli alfieri di Bozen accoglie, ha comunicato che le strutture per i cosiddetti “profughi ordinari” (fuori dalle quote statali), l’ex Lemayr e la Salewa, resteranno attive. All’ingresso di questi locali - che forniscono 140 posti letto in totale -, tuttavia, sono appesi cartelli con su scritto “il centro è pieno”, osservano i volontari che aggiungono: queste due strutture “non solo non presentano standard dignitosi, ma non possono essere nemmeno considerate come misure di accoglienza secondo la vigente normativa”.
Il presidente della Provincia Arno Kompatscher e Lea Mair (Binario1)
Inoltre la Provincia aveva garantito un potenziamento delle forme di assistenza già previste in particolare rispetto all’erogazione dei pasti e agli orari di permanenza. Potenziamento che - secondo quanto denunciano gli attivisti - finora non è stato all’altezza delle promesse fatte: il secondo pasto sarebbe stato fornito per la prima volta il 22 aprile scorso e gli orari non sarebbero stati prolungati. Manca chiarezza anche sulla forma giuridica che regoli gli interventi di assistenza per i richiedenti asilo e sulla natura delle eventuali misure da parte delle autorità locali e nazionali in materia di accoglienza previste per queste persone, insistono i volontari che aggiungono: “Anche nel sistema di prima e seconda accoglienza vi sono delle situazioni tutt'altro che dignitose; ad oggi infatti, vi sono ancora persone che vivono 'accolte' in container, solo per fare un esempio”. Conciliante il Landeshauptmann Arno Kompatscher che, riconoscendo l'impegno umanitario dei volontari, ha però sottolineato che tali “profughi ordinari” non rientrano nell'accoglienza gestita e finanziata dalla Provincia pertanto occuparsene crerebbe una disparità con quanto accade nelle altre regioni - dove tuttavia, è bene ricordare, vige il sistema dello SPRAR. Si continuerà, dunque, a fare pressioni a livello nazionale perché queste persone vengano regolarmente registrate.