I mondiali senza la tua squadra
Che cosa sono, cosa diventano i mondiali quando la “tua” squadra viene eliminata? Alla domanda si può rispondere aggirandosi una sera per la città. Prima, prima dell'eliminazione della “tua” squadra, era come se un sottile filo elettrico collegasse gli schermi accesi (e che comunque continuano ad essere accesi, nei bar, nei locali) agli occhi di chi guardava. Un interesse vivo, partecipe, posato anche sulle partite degli “altri”, nella consapevolezza che comunque esse avessero possibilmente a che fare con noi (ecco chi potremmo incontrare agli ottavi, ai quarti...). Adesso, invece, quel filo è tagliato, e chi guarda lo fa, o sembra farlo, giusto un po' così, senza troppa convinzione.
Un vero tifoso non riesce mai a tifare per una squadra diversa dalla propria. Certo, dicendo questo viene tracciata una linea profonda tra chi segue una competizione sportiva riconoscendone bellezza e valore assoluti (una minoranza) e chi, al contrario, sfrutta quella medesima competizione per identificarsi con un destino collettivo. Ma la linea sussiste, inutile negarlo, ed è come se alla tua pietanza preferita togliessero il sale o un condimento essenziale. Chi difetta di un'appartenenza precisa, chi non è stato socializzato anche mediante quei riti popolari (spesso beceri, ma proprio per questo molto efficaci) non può capirlo. Senza appartenenza non si può capire la malinconia di cosa si prova a vedere scendere in campo squadre diverse dalla propria, nella consapevolezza che la festa è ormai altrove, altrove le speranze, mentre a noi tocca l'elaborazione della sconfitta e il pensiero di poter rivivere certe emozioni tra due o quattro anni.
Succederà magari qualcosa, in grado di farci provare emozioni che pure non ci toccano così da vicino? Auguriamocelo. Adesso, finita la giostra dei gironi eliminatori, lo spettacolo entra nel vivo. Partite secche, da decidere in novanta o in centoventi minuti. E se non bastasse ecco i rigori, formula crudele ma sempre molto coinvolgente. Chi vincerà stavolta? L'eterno tifoso, anche se non può più tifare “sul serio”, rimane attaccato alle rivalità di sempre e alla fine una preferenza la esprime (dico la mia: basta che non vinca la Germania).