Libertà che cerchi, fascismo che trovi
Per la maggior parte della popolazione oggi il fascismo è un termine vacuo. Per alcune generazioni esso rievoca superficiali insegnamenti scolastici e l’indifferenza rispetto ad ad un passato di padri e nonni rimosso ed opaco nella coscienza della cittadinanza del dopoguerra. Generazione dopo generazione si è perpetuato l’oblio su quel Ventennio storico, propiziato da noncuranza ed interpretazioni annaquanti, ma anche da ricorrenti tentativi di rivalutazione positiva e di rivendicazione della conformità con l’arco costituzionale. Nei giovani di oggi la propensione all’indifferenza è ancora più accentuata e l’individualismo consumistico non contempla l’appicazione di una chiave di lettura storiografica a risvolti contemporanei del fascismo. Rincorrendo il paradigma del „tutto adesso“ reputa coerenti soltanto lessici ed interpretazioni delle „fabbriche di senso“ dei nostri tempi.
Forse non sono pochi coloro che considerano il termine fascismo e la sua postura di dominanza un label provocatorio, dietro il quale nascondere la propria stizza di fronte ad una riduzione del tenore di vita e prospettive poco promettenti per il lavoro e le ambizioni di successo e di status sociale, non rendendosi conto che ci sono fatti e significati storici che, come nazione e come cittadinanza, bisognerebbe affrontare con lucidità per non cadere nella trappola della revisione autocompiacente e della reinterpretazione discolpante o, anzi, giustificativa, trascurando elementi fondanti del fascismo come ideologia, regime e modello di società.
Meno ostile al capitalismo
La rimozione della coscienza del fascismo come fenomeno storico, tuttavia, non è dovuto in primo luogo ad una battaglia per la sua riabilitazione. La si percepisce piuttosto come il risultato di un processo di affievolimento dei presidi della democrazia. È come se gli antigeni del sistema immunitario non riconoscessero il pericolo che certe infiltrazioni di idee e di concetti comportano, o perchè gli intrusi sono abilmente camuffati o perchè un processo di adattamento li ha resi resistenti alle difese abitualmente azionate. Sembrano annullate nella loro valenza di monito esistenziale per la democrazia addirittura le stagioni del terrorismo nero, forse perchè il loro messaggio risultava meno nitido come pericolo per la comunità rispetto al terrorismo rosso, il cui disegno di ribaltamento dell’ordine economico e politico sembra chiaramente inciso nella consapevolezza della nostra società. Se ne può dedurre che il fascismo è meno ostile al capitalismo. Di conseguenza ha sempre funzionato benissimo come strategia nelle campagne elettorali evocare il presagio di un comunismo mai domo come perenne nemico da combattere. Sebbene sia notorio che il comunismo come sistema politico sia stato platealmente sconfitto ed esautorato nella sua ambizione di costituire di per se un sistema economico valido.
Nell’ambito della corrente campagna elettorale c’é chi specula sullo sdoganamento di un sovranismo ammiccante per attirare su di se il voto di nostalgici e di sfiduciati che vorrebbero affidare la guida del paese ad un leader disposto a scavalcare la costituzione ed usare le maniere forti, ovviamente soltanto contro gli avversari politici. Si tratta anche di una lotta per il consenso all’interno del centro-destra, dove c’è ampia condivisione su messaggi di stampo nazional-populista ed eventuali esternazioni sopra le righe sono benaccette perchè riescono ad acuire il messaggio emotivo.
Messaggi emozionali ed appelli alla razionalità
Lanciando a tutto spiano la flat tax il centro-destra è riuscito ad imporre come tematica centrale della campagna elettorale la riforma del sistema fiscale, ricca di promesse per le tasche degli italiani e costruita più sull’ottimismo di un immediato effetto esca per un elettorato inquieto e desideroso di gratificazioni che su dati realistici in relazione alla capacità di racimolare entrate ed alla prospettiva di un’impennata della produttività. Abbinato alle pulsioni di sovranismo e di sentimenti di rancore verso l’afflusso migratorio questo miscuglio costituisce un forte messaggio emozionale. L’appello del Partito Democratico alla prospettiva europea ed alla sensatezza di ricette più realistiche e serie per affrontare le sfide dell’equità sociale e dello sviluppo economico, comparativamente, costituisce soltanto una blanda bandiera di razionalità nella tempesta prelettorale. C’era d’aspettarsi che Silvio Berlusconi puntasse nuovamente sull’ "effetto bluffer", con lui nella veste di Adriano Celentano e Matteo Salvini nei panni di Anthony Quinn. Nelle urne di domenica la risposta di un Pd lacerato dal protagonismo miope del leader assumerà presumibilmente più le sembianze di un sequel tragicomico che di una lieta commedia, salvo che Gentiloni, Delrio e compagnia riescano a fare un exploit.
Sovranismo accentuato
L‘escalation delle esternazioni sovraniste e l’accanimento contro i migranti, a partire dalle dichiarazioni razziste (non soltanto) del candidato del centro-destra per la presidenza della regione Lombardia, ha alimentato un nuovo dibattito sul fascismo, in cui sono riemerse sia le contrapposizioni feroci di militanti dell’estrema destra ed estrema sinistra. Oltre a fedeli ricostruzioni dei fatti storici e della forza d’urto sociale e culturale del fascismo storico in Italia si sono notati anche tentativi di „assoluzione“, adducendo l’argomento „che ha fatto cose utili“. Atraverso questo approccio si rischia di dichiararlo quasi innocuo, sorvolando sulle molte vittime della repressione fascista, dimenticando l’imbarbarimento culturale e sociale e cancellando dalla memoria le leggi razziali promulgate nel 1938.
Oltre al riaffiorare di episodi di violenza impensabili di stampo oltranzista, si sono sentiti proclami di fierezza di chi si reputa fascista del terzo millennio. Come stabilito dalla stessa Corte Costituzionale ed da altre sentenze inneggiare al fascismo fa parte della libertà di espressione. Secondo l'analisi degli sociologi, gli episodi di violenza hanno dimostrato in primo luogo che una parte della società finisce nuovamente per arroccarsi nella contrapposizione alla democrazia, allo stato ed alle regole di una dialettica civile, quando è alta la frustrazione di chi non si sente partecipe del benessere o, anzi, è devastato dalla paura di perdere lo status sociale e non intravvede possibilità di migliorare posizioni di precarietà economica e sociale.
Singolare è stata, dall’altra parte, anche l‘uscita delle più alte cariche dell‘attuale parlamento (per la verità confluiti nel medesimo rassemblement politico) con la richiesta di scioglimento di movimenti che si ispirano al fascismo. Di fronte all‘allargarsi della diffusione del commercio di gadget ispirati al fascismo e di manifestazioni di condivisione dell’ideologia di per se, durante l’attuale legislatura in parlamento erano già state presentate delle proposte di legge per inasprire la normativa delle disposizioni transitorie e finali della Costituzione. Tale era già stata l’intenzione della legge Scelba del 1952 che aveva accomunato al divieto di ricostituzione del disciolto partito fascista stabilito nella Costituzione anche la minaccia della violenza quale metodo della lotta politica, la propugnazione della soppressione di libertà garantite dalla Costituzione, la denigrazione della democrazia e delle sue istituzioni o lo svolgimento di propaganda razzista. Ma questa è stata poi disattesa dalla pronuncia della Corte Costituzionale: Secondo la sua interpretazione sono sanzionabili soltanto tentativi espliciti di „ricostituzione“ del partito fascista.
Riferimenti consapevoli ed apparenze inconsapevoli
Mentre un noto esperto d’arte e professionista della polemica, contribuendo alla confusione ed al livellamento verso il basso di una discussione utile e necessaria per la presa di coscienza dell’opinione pubblica, in Tv si diletta in sofismi sulla possibilità di capovolgere l’accusa di fascismo e reindirizzarla a chi l’ha formulata o a chi si reputa militante antifascista, bisognerebbe invece togliere l’etichetta al termine „fascismo“ e guardare cosa c’è dentro. Alcuni si rifanno appositamente al perno ideologico storico del fascismo, ma per altri forse è un termine che usano nel tentativo di scegliere un aggancio forte, tra quelli conosciuti, per la loro ribellione „antisistema“. Ciò gli permette di gridare al vento le sensazioni di frustrazione e di abbandono in una società che, secondo la loro percezione, non offre il giusto spazio alle loro ambizioni di affermazione individuale e di gruppo. Forse vogliono provocare senza rendersi conto pienamente né aver mai verificato, quali sono i contenuti e le idee sulla società che, apparentemente, sembrano condividere.
Allora dovrebbero essere posti in grado di accertare e rendersi conto della portata dei significati che richiama il termine fascismo: In primo luogo mira ad una società uniforme, con un partito, un conduttore con poteri assoluti, con una sola verità, riconducibile o al partito o al capo supremo. La negazione del dissenso contempla soltanto due opzioni per ritagliarsi un ruolo nella società: l’allineamento e la sottomissione con la possibilità di approfittare dei benefici distribuiti in una piramide gerarchica, generando un servilismo deliberato, oppure l’antagonismo che corrisponde ad un perenne rischio di sopraffazione o addirittura di eliminazione. Il modello della società di tipo fascista non prevede sindacati, se non sindacati di comodo oppure corporazioni intrise del pensiero unico, e men che meno cobas autogestiti che possano turbare il quieto vivere.
Favorire la presa di coscienza della cittadinanza
Parimenti non è contemplata una pluralità di media e perciò vietata l‘esternazione e diffusione di opinioni contrastanti con quelle approvate dalla nomenclatura del regime: Su di loro si abbatterebbe subito la sentenza „fake news“, con tanto di immediate rappressaglie a seguire, fino alla cancellazione dall’albo professionale. In una società improntata al fascismo verrebbe riaffermato il maschilismo vecchio stampo: Le donne verrebbero spinte a rinunciare al lavoro ed alla carriera ed invitate a curarsi delle faccende domestiche, mentre le posizioni nella vita pubblica verrebbero riservate agli uomini. L’arte, la cultura e la ricerca scientifica dovrebbero rendersi utile a propagare il pensiero dominante ed autoregolamentarsi per non incorrere in spregevoli difformità con il regime. L’insegnamento nelle scuole e nelle università non sarebbe più libero, ma dovrebbe attenersi a programmi di educazione uniformati. Verrebbero estesi i poteri di polizia ed esercito per la repressione di manifestazioni di dissenso e la prevenzione di reati contro l’ordine instaurato. Il controllo sulla popolazione sarebbe totale, anche grazie allo sfruttamento delle potenzialità delle nuove tecnologie, ed un sistema articolato di delatori creerebbe un clima di persecuzione invivibile.
I giovani ci pensino, con calma. Valutino, con coerenza e coscienza delle conseguenze, se è questo il modello di società che vogliono. E se, come spero, dovessero ritenere che l’impostazione debba essere un’altra, più aperta, più democratica e più rispettosa delle libertà e dei valori di una società evoluta e all’altezza dei nostri tempi, immagino che per rappresentare questa idea sceglierebbero altri termini ed altre etichette.