Svp: con orgoglio verso il futuro
È una Südtiroler Volkspartei tirata a lucido quella che stamani (28 settembre) ha celebrato la sua Landesversammlung proponendo due piatti forti, anzi fortissimi: il passaggio di testimone tra Luis Durnwalder, Landeshauptmann regnante per 25 anni, e la nuova “stella” Arno Kompatscher; l’orgogliosa rivendicazione di un merito politico che ognuno si è sforzato di sottolineare non solo in chiave passata, bensì come credibile istanza di successo futuro, con le elezioni provinciali ormai alle porte. Non è un caso che sulla prima pagina del Dolomiten, regalato agli ospiti del Kursaal, campeggiasse il titolo “Kein Zweifel: Mehrheit hält”.
Gli interventi più significativi sono stati tre, graduati secondo una colladauta drammaturgia: a Richard Theiner il compito di illustrare i capisaldi del programma, votato poi all’unanimità per alzata di mano; a Luis Durwalder quello di ricapitolare il cammino fatto in generale dal partito, ma soprattutto da lui stesso, in un quarto di secolo di storia locale; a Kompatscher, infine, la responsabilità di scorgere qualche segno incoraggiante per l’avvenire, con la domanda ripetuta più volte: “Che cosa si aspetta la gente da noi?”.
In realtà, chi fosse andato in cerca di novità o di momenti particolarmente significativi sarebbe stato deluso. Ognuno ha recitato la parte prevista, e sul piatto della bilancia è stato sicuramente l’intervento di Durnwalder quello a riscuotere maggiore successo, anche se più per il fatto di costituire il momento di uno storico addio che per i contenuti espressi. Durwalder ha parlato a braccio, non abbandonando mai il podio, con un ritmo tambureggiante e scandendo in cinque punti il bilancio positivo della sua lunghissima attività politica (“È vero, ci sono stati anche errori, come dimostra il caso Sel, ma nel complesso abbiamo governato bene”). “Dobbiamo essere orgogliosi di quello che abbiamo fatto”, ha detto a un certo punto, chiamando l’applauso più fragoroso della mattinata. Alla fine neppure troppa commozione – “se mi capiterà di commuovermi, aveva detto in precedenza, vuol dire che anch’io sono un uomo” – e, anzi, la sensazione che l’addio vero e proprio sia rimandato a un’altra circostanza.
Appena tramontata la stella Durnwalder, almeno sul palcoscenico del Kursaal, Arno Kompatscher ha dovuto confrontarsi direttamente col predecessore, nel frattempo ringraziato da tutti con baci e abbracci. Evidente lo scarto tra i due. Al contrario di Durnwalder, Kompatscher parla con un volume di voce più basso, il suo stile è morbido, quasi mai incalzante. È l’uomo del buon senso, proteso a incarnare un programma che vorrebbe unire tradizione e innovazione (“Gutes bewahren und Neues zulassen”, il motto prescelto), senza badare troppo alla contraddizione che questi due termini possono esprimere. Quindi: “Non sposteremo di un centimetro i presupposti che hanno reso e rendono la Svp il partito della minoranza tedesca e ladina”, vale a dire conservazione della proporzionale e intoccabilità dell’articolo 19 dello statuto, quello che garantisce la priorità della formazione nella madrelingua. Eppure: “Sì a un Sudtirolo più aperto verso l’esterno, cooperativo, capace di integrare i gruppi linguistici storici e quelli autoctoni con gli immigrati”. L’unica cosa certa: “L’autonomia è la strada ancora da percorrere, nella cornice di una regione europea che includa il Tirolo del nord e il Trentino, ma rifiutando le chimere di un’autodeterminazione che, rimanendo comunque un diritto, non deve essere strumentalizzata in chiave secessionista”.
Alla fine la proiezione di un video pubblicitario, la presentazione dei 35 candidati, l’Andreas Hofer Lied (Zu Mantua in Banden) cantato dai mille delegati in piedi. La convinzione di farcela, cioè di posizionarsi ancora a ridosso del 50% dei consensi, c’è. Il prossimo 27 ottobre vedremo se ci saranno anche i voti.