Passa, nel mainstream europacifista, l’idea di un’Ucraina bellicosa, che affida le sue sorti unicamente alla forza delle armi americane ed europee. Viene sottovalutata o ignorata così la vitalità democratica della società ucraina, oltre che il suo diritto alla legittima difesa davanti a un’aggressione feroce e immotivata. La Rosa Bianca, gruppo disarmato di opposizione al nazismo, è uno dei punti di riferimento, sia per i rari dissidenti di Mosca sia per una parte della resistenza di Kyiv.
Dal Tätigkeitsbericht 2021 della Weiße Rose Stiftung di Monaco, diffuso la scorsa settimana, si scopre infatti che la resistenza nonviolenta della Rosa Bianca aveva appassionato i giovani ucraini, proprio nei mesi precedenti l’attacco di Putin. Mentre la versione russa della mostra sulla Weiße Rose continuava il suo percorso nella Federazione, in Ucraina per sei mesi, da maggio a ottobre, in occasione del centenario della nascita di Sophie Scholl (9 maggio 1921), si sono svolti convegni, incontri e anche un concorso di pittura a cui hanno partecipato un centinaio di studenti di 13 regioni: iniziative condotte da due università ucraine, in collaborazione con la Hans Seidel Stiftung, il Deutsch-Akademischer Austauschdienst e l’organizzazione dei docenti di tedesco e dei germanisti ucraini. Alla “Gewaltfreier Widerstand” si riferiva il titolo della conferenza on-line del 12 maggio 2021, con la presidente della Fondazione tedesca Hildegard Kronawitter e con la storica e biografa di Sophie Scholl, Maren Gottschalk.
Colpisce una delle opere premiate nel concorso studentesco: Anna Archypska, classe quarta, di Irpin – che diventerà pochi mesi dopo una delle città-martiri dell’occupazione russa – ha immaginato le rose fiorire dalla macchina per scrivere con cui i ragazzi della Rosa Bianca producevano i loro volantini, tra il 1942 e il 1943. Le parole sono importanti, le parole dei dittatori sono piene di menzogne: l’esempio della Rosa Bianca, di una resistenza affidata alle parole, è anche un modello di contro-informazione per questi tempi terribili di guerra e di bugie.
È probabile, anzi, è sicuro che una parte delle ucraine e degli ucraini prenda parte con piena convinzione, e spesso con entusiasmo patriottico, alla guerra con l’esercito russo invasore. Anche tra i nostri partigiani, ottant’anni fa, c’erano gli spontanei e i politici, gli universalisti e i patrioti, i combattenti nati, i guerriglieri improvvisati, i resistenti intellettuali e i soldati riluttanti.
Colpisce e addolora questo non riuscire a distinguere, da parte di molti, troppi pacifisti.
Ma al pacifismo italiano mainstream l’accostamento pare azzardato (non si capisce bene perché) e l’insistente richiesta di armi da parte dell’Ucraina diventa la pezza giustificativa dell’equidistanza. Con argomentazioni del tipo: “Vedete? Anche loro vogliono la guerra, la guerra fa vittime militari e civili tutti i giorni, e dunque né con Putin né con la Nato, stiamo alla larga da questo conflitto, noi non prendiamo posizione”.
Colpisce e addolora questo non riuscire a distinguere, da parte di molti, troppi pacifisti. Come se, una volta cominciata una guerra, sparisse ogni differenza tra l’aggressore e l’aggredito, il carnefice e la vittima. Come se la guerra cancellasse la storia, la politica, l’analisi delle ragioni e dei torti.
Ebbene, proprio i volantini della Rosa Bianca – che hanno appassionato gli studenti ucraini alla vigilia della guerra – insegnano invece ad analizzare, comprendere, denunciare la disinformazione di regime. Quando Hitler parla di pace pensa alla guerra e fa la guerra, denunciavano i resistenti di Monaco ottant’anni fa: e ottant’anni dopo un altro tiranno, da Mosca, dice “operazione speciale” e fa pulizia etnica, dice “denazificazione” e sceglie i metodi dei nazisti.
L’europacifismo a questo punto alza le spalle e replica: anche Zelensky fa propaganda. E con questo l’europacifista si mette a posto la coscienza. Ma non ce la si cava così.
Gli studenti della Weiße Rose hanno pagato con la decapitazione il coraggio di pensare con la propria testa. Le ucraine e gli ucraini che, con l’associazione EUcraina, abbiamo incontrato nella prima missione a Kyiv e Leopoli alla fine di aprile, ci chiedono strumenti di difesa, certo, ma ci chiedono anche di non lasciarli soli nella lotta quotidiana delle parole contro la disinformatia del Cremlino.
L’europacifismo a questo punto alza le spalle e replica: anche Zelensky fa propaganda. E con questo l’europacifista si mette a posto la coscienza. Ma non ce la si cava così. I rosabianchisti lo sapevano bene, quando scrivevano, alla fine del quarto volantino: “Wir schweigen nicht, wir sind Euer böses Gewissen; die Weiße Rose läßt euch keine Ruhe!“.
Riflettendo sullo Hitler di ieri e sul Putin di oggi, un po’ di cattiva coscienza dovrebbe inquietare gli equidistanti contemporanei, quelli che… “per me Putin e la Nato hanno le mani sporche di sangue e io me le voglio tenere perfettamente pulite”. Sicuri sicuri? In coscienza?