Il primo caso di suicidio assistito
Una settimana fa si è spento Federico Carboni, il primo italiano ad aver ottenuto l’accesso al suicidio medicalmente assistito. Giovedì scorso (16 giugno) Federico Carboni (meglio conosciuto come Mario, un nome scelto per tutelare la situazione familiare) con l’ausilio di un macchinario, si è autosomministrato il farmaco letale, sotto la supervisione del dottor Mario Riccio, anestesista di Piergiorgio Welby e consulente di Federico Carboni durante il procedimento giudiziario. La vicenda si è conclusa dopo una lunga battaglia legale, segnando un importante momento di svolta per coloro che intendono richiedere l’accesso allo stesso trattamento. Dopo la sentenza Cappato, emessa nel 2019, la Corte costituzionale aveva aperto alla possibilità di aiuto al suicidio per coloro che, totalmente capaci di intendere e di volere, sono tenuti in vita da trattamenti di sostegno vitale e sono affetti da patologie irreversibili, che causano sofferenze intollerabili.
Il caso di Carboni crea un importante precedente e fa da apripista per tutti coloro che stanno combattendo per veder riconosciuto il suicidio medicalmente assistito
Federico Carboni decide di contattare Marco Cappato, per andare a morire in Svizzera e porre fine alle sofferenze dovute ad un incidente stradale che lo ha reso tetraplegico. Nonostante le molte cure infatti, non ci sono stati miglioramenti e Carboni si informa sulla possibilità di concludere con dignità la sua esistenza, sulla scia dell’esempio di Fabiano Antoniani, alias DJ Fabo, accompagnato in Svizzera proprio da Marco Cappato. Siamo però nel 2020 e la disobbedienza civile di Cappato ha permesso di ottenere l’importante pronuncia della Consulta, Mario si rivolge quindi all’ASL delle Marche per ottenere quanto previsto dalla sentenza e morire a casa sua, senza dover varcare il confine. La ASL, però, si rifiuta di dar corso alla richiesta e di verificare le condizioni per poter accedere al suicidio assistito, nonostante le prescrizioni della Consulta prevedano che tali procedure siano portate a termine da una struttura pubblica del Servizio Sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente. La ASL delle Marche nega completamente la procedura, decidendo di non attivare neanche l’iter di verifica e la controversia si sposta in tribunale, che, in secondo grado, accoglie l’istanza di Carboni. Iniziano allora una lunga serie di attese, ritardi e inerzie da parte del Servizio Sanitario locale, che arriva a concludere il procedimento solamente a inizio 2022, con la validazione del farmaco da utilizzare. La mancanza di una legge provoca, però, ulteriori complicazioni e Federico Carboni è costretto a procurarsi da solo il farmaco ed ad acquistare il costoso macchinario (circa 5000 euro) per la sua somministrazione. Dopo una lunghissima e dolorosa battaglia, giovedì scorso sì è conclusa finalmente la sofferenza di Federico Carboni, che prima di morire ha lasciato un messaggio nel quale dichiarava: “ La vita è fantastica, ma la sofferenza è troppa. Orgoglioso di aver scritto un pezzo di storia”.
Il caso di Carboni crea un importante precedente e fa da apripista per tutti coloro che stanno combattendo per veder riconosciuto il suicidio medicalmente assistito, ma l’incertezza legata alle previsioni della sentenza, che indicano l’analisi di ogni singolo caso da parte delle autorità sanitarie locali con criteri di non facile individuazione, innesca un lungo e frustrante percorso burocratico. Proprio nella stessa sentenza la Consulta si era rivolta ancora una volta al Parlamento, per risolvere i nodi con una normativa chiara e, finalmente, a marzo una legge sul suicidio medicalmente assistito è stata approvata alla Camera. L'incertezza però non sembra destinata a finire: si attende infatti la discussione in Senato, con l’ennesimo e ormai consueto ritardo che accompagna le questioni sui diritti civili in Italia.
Hoffentlich bringt die
Hoffentlich bringt die Diskussion über einen ärztlich assistierten Suizid die Bestrebungen, auch in Italien diese Möglichkeit per Gesetz vor zu sehen, weiter, so dass in Zukunft jemand nicht mehr die gleiche Geschichte wie Federico Carboni durchlaufen muss, um zu seinem Recht zu kommen.
Meines Erachtens ist es höchste Zeit, den ärztlich assistierten Suzid und auch Tod auf verlangen (wie in den Benelux-Ländern) gesetzlich zu ermöglichen!
Das sollte auch ein Apell an die Südtiroler Parlamentarier sein, in der Kammer und im Senat sich für diesen bereits vorliegenden Gesetzesentwurf ein zu setzen!