Politik | Divisione dei poteri e costruzione della UE

Il Parlamento europeo è un vero parlamento?

È vero che il Trattato di Lisbona ha esteso i poteri di co-decisione del Parlamento europeo (PE) a molte aree politiche comunitarie. Inoltre il PE - dopo Lisbona - ha ottenuto un ruolo più forte in materia di bilancio della UE, eliminando la distinzione fra spese obbligatorie e non obbligatorie. Eppure l'immagine di questa istituzione si fa sempre più evanescente presso l'opinione pubblica e presso i cittadini, come è testimoniato dall'ulteriore calo della partecipazione alle elezioni europee del 2009 (43% in generale, 65,05% in Italia). La causa principale è da ricercare nel ruolo che gli è stato assegnato dai governi nazionali.
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Il Parlamento europeo stenta ancora di poter presentarsi come un vero parlamento. Questi sono i motivi principali:

  • non è eletto in base a un diritto elettorale unico per tutti gli elettori;

  • non può esprimere un governo di maggioranza;

  • non è competente a prendere scelte legislative di fondo, cioè non è la fonte principale della legislazione europea;

  • non si organizza secondo il classico schema governo-opposizione e non riflette schieramenti di indirizzo politico-ideologico, ma gli accordi intergovernamentali;

  • le eventuali decisioni prese dal PE non si traducono in una corrispondente politica del “governo europeo“, perché l'organo esecutivo e legislativo è la Commissione, che non dipende solo dalla fiducia del PE, ma dal Consiglio europeo in una logica di “grande coalizione sovranazionale”.

Queste caratteristiche discendono dalla stessa natura dell'Unione, che non è un organismo federale, ma continua a essere un'organizzazione sovranazionale. Una “comunità politica europea“, una sfera politica transnazionale, democraticamente legittimata dal voto dei cittadini, stenta a realizzarsi. Piuttosto si creano dei contenitori formalmente democratici, sperando che possano riempirsi di un'effettiva politica transnazionale. Perciò il PE non opera ancora come un vero parlamento, non costituisce il perno attorno cui ruota la legislazione e le decisioni più importanti per il destino della UE e di tutto il nostro continente.

Prima delle elezioni del PE di solito si cerca di rivalutare il ruolo dei "partiti europei", ma questi durante la legislatura fanno poco per uscire dall'immagine di partiti nazionali. Ora, le imminenti elezioni del PE portano la novità che tutte le formazioni politiche più significative hanno designato un loro candidato comune per la presidenza della Commissione, che si presentano come forze politiche europee tese ad offrire un programma politico comune per l'Europa nel suo insieme. Ciò non basta per organizzare una piena divisione dei poteri nell'architettura democratica della UE.

Senza dubbio la UE ha bisogno di ulteriori riforme che possono generare un miglior equilibrio fra Parlamento, Consiglio, Commissione e cittadini. Per arrivare a una tale riforma, non bastano solo progetti di diplomazia dietro le quinte e trattati intergovernativi elaborati dai “tecnici” nelle stanze dei bottoni, ma un processo di Costituente europea legittimato direttamente dai cittadini sovrani; non solo Consigli di primi ministri e ministri non eletti per funzioni europee, ma un Parlamento che esprime un governo e cittadini che, oltre a eleggere i loro rappresentanti europei per legiferare, possono proporre e votare le leggi in prima persona. Anche se la UE non dovesse trasformarsi in uno Stato federale, non è detto che debba restare una costruzione a tasso ridotto di democrazia.

Ulteriori considerazioni al riguardo sono consultabili nel volume "Più democrazia per l'Europa", scaricabile a questo indirizzo.

 

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Oskar Egger Di., 13.05.2014 - 07:51

Se finalmente entra nelle teste che l' Europa é la comunitá in cui viviamo di fatto, le energie riunite potranno essere investite a farne una vera democrazia.

Di., 13.05.2014 - 07:51 Permalink