Wilhelm Busch in italiano!
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Forse non esiste cittadino di un paese di madrelingua tedesca che non abbia mai sentito nominare Wilhelm Busch, che non abbia mai letto o abbia sentito leggere le esilaranti storie dei due monelli Max und Moritz o le vicende della Fromme Helene. Moltissimi parlanti tedesco citano inoltre, magari senza saperlo, modi di dire divenuti ormai proverbiali, provenienti dai suoi versi. Wilhelm Busch (1832-1908) è sicuramente l’autore dell’Ottocento tedesco ancor oggi più letto e rappresenta un fenomeno unico e irripetibile, un vero monumento della cultura tedesca. L’opera che ha reso immortale l’autore sono le sue Bildergeschichten, le storie illustrate da lui composte in poco più di un ventennio, tra l’inizio degli anni Sessante e la metà degli anni Ottanta dell’Ottocento.
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Aspirante pittore e poi anche autore di libretti d’opera, di racconti in prosa e di poesie, Busch stesso non attribuiva grande valore alle sue storie illustrate, che con il loro immenso successo gli permisero tuttavia di condurre una vita agiata. Eppure, le Bildergeschichten costituiscono un’importante innovazione sia sul piano delle immagini che su quello dei testi, tanto da venir considerate oggi come antesignane del fumetto o del moderno graphic novel. Le immagini, che con pochi tratti rappresentano solo i personaggi principali o i pochi oggetti essenziali per il racconto, posseggono un incredibile dinamismo (soprattutto dopo il passaggio dalla xilografia alla zincografia), che in certi momenti sembra anticipare addirittura le rappresentazioni futuriste del movimento.
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I versi, che secondo la metrica accentuativa tedesca sono composti perlopiù da tetrapodie giambiche o trocaiche (alternano cioè una sillaba accentata a una non accentata, cominciando con la sillaba accentata nel trocheo e con una non accentata nel giambo), risultano molto ritmici e impongono una grande sintesi concettuale. Con grande maestria Busch si serve di neologismi, di termini stranieri, talora anche di espressioni dialettali, ricorrendo spesso a suoni onomatopeici. Il rapporto tra i versi e le immagini conosce diverse modalità, ma è solo raramente di tipo descrittivo e per così dire tautologico, quando l’immagine si limita a ripetere quanto detto nei versi e viceversa. Nella maggior parte dei casi, immagini e parole sono complementari: i disegni cioè, che secondo la testimonianza di Busch nascevano prima dei versi, servono a dare più forza, spesso ad esagerare caricaturalmente, quanto viene espresso nei versi, mentre questi ultimi attirano l’attenzione su aspetti particolari, talvolta nascosti, dell’immagine stessa. Può succedere, infine, che i versi e le immagini si contraddicano, creando così un effetto di smascheramento ironico.
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Proprio l’ironia, assieme alla satira e al grottesco costituiscono d’altra parte le caratteristiche principali di queste composizioni, che risultano ancor oggi estremamente divertenti: è spassoso l’uso della lingua, mentre le immagini, con la loro azzeccata fisiognomica caricaturale, inducono al riso. Ma fanno riflettere anche i contenuti delle storie, che come è proprio di ogni vero umorismo, spingono a pensare, mettendo in crisi ogni verità costituita. Senza essere mai moralistico, Wilhelm Busch è un vero moralista, nel senso della grande tradizione francese: conoscitore della filosofia di Schopenhauer e delle teorie naturali di Darwin, egli ha una visione pessimistica della natura umana e ancor più della società.
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E proprio partendo da questa posizione, egli smaschera nelle sue “storie illustrate” l’egoismo, l’arroganza, la brama di successo, il filisteismo e la doppia morale dei perbenisti borghesi, il fallimento della pedagogia della sua epoca, la falsità delle istanze religiose – soprattutto della chiesa cattolica e dei gesuiti ecc. Con spirito autoironico, egli non tralascia però nemmeno di prendersi gioco dei fallimentari sogni di gloria dell’aspirante poeta o dell’aspirante pittore. L’ironia di Busch è spesso sottile e richiede un’attenta interpretazione, perché proprio mentre riprende i pregiudizi correnti, fingendo di accettarli, ne smaschera invece l’assoluta esteriorità e inconsistenza. Ciò vale, ad esempio, nel caso dell’antisemitismo, ma ancora di più per quanto riguarda la pedagogia. È pur vero che i monellacci dispettosi delle sue storie vengono alla fine brutalmente castigati, ma intanto i loro scherzi feroci hanno smascherato la vacuità e la doppia morale del piccolo borghese, che ridendo in quanto lettore delle loro facezie non si accorgeva, probabilmente, di ridere di sé stesso. Benché la pungente critica antropologica, sociale e politica di Busch prenda di mira soprattutto la società del suo tempo, vale a dire quella della Germania dei “Gründerjahre” e dell’epoca guglielmina, nel contesto del cosiddetto “Kulturkampf”, ovvero dello scontro tra lo Stato Prussiano e la Chiesa cattolica, essa conserva d’altra parte un carattere così universale, da risultare comprensibile e godibile fino ai giorni nostri.
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Wilhelm Busch - Opere
A questo punto, non vi possono essere dubbi sull’opportunità e sull’importanza di rendere accessibile anche ai lettori italiani un’opera così importante per comprendere la cultura tedesca, ma anche così divertente e godibile. Erano già state pubblicate, in realtà, diverse traduzioni delle principali “Bildergeschichten” di Wilhlem Busch. Ma quanto dato alle stampe quest’anno da Edizioni Alpha Beta Verlag, di Merano, è qualcosa di radicalmente diverso. In quattro volumi raccolti in un elegante cofanetto, per un totale di più di 1500 pagine, vengono presentate infatti le traduzioni di tutte le più importanti storie illustrate di Busch, valorizzando in tal modo anche il lavoro per certi versi eroico e monumentale del traduttore meranese Giancarlo Mariani (1943), che è riuscito a trasformare i versi dell’autore tedesco in circa 12.000 endecasillabi (più o meno la lunghezza dell’Odissea, mentre le tre cantiche della Divina Commedia contano all’incirca 14.000 endecasillabi). I curatori dell’opera Dominikus Andergassen e Ulrike Kindl hanno deciso di non seguire un criterio cronologico, ma di suddividere le storie illustrate “per tema”, raggruppando nel primo volume la storia di Max und Moritz (in traduzione Massimo e Maurizio), assieme alle vicende degli altri “monelli”, siano essi umani o animali, usciti dalla penna di Busch. Le immagini di questo volume sono eccezionalmente colorate.
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Nel secondo volume sono raccolte, sotto la dizione “Satire politiche”, alcune delle più note storie illustrate come le satire anticlericali Der heilige Antonius von Padua (Sant’Antonio da Padova), Die fromme Helene (Elena la pia) e Pater Filucius (Padre Filoni), assieme alla satira “antiaccademica” Bilder zur Jobsiade (Immagini per la vita di Geronimo Guadagnini) e all’unica vera satira politica Der Geburtstag oder Die Partikularisten (Il compleanno ovvero I legittimisti). Seguono, nel terzo volume, le “Satire sociali”, la cosiddetta Knopp-Trilogie (La trilogia dei Bottoni) e le due satire sulle ambizioni deluse di due artisti, il poeta frustrato Balduin Bählmann (Baldovino Agnelli) e il pittore Klecksel, l’“imbrattatele”.
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Nell’ultimo volume infine, vengono raccolte le “piccole cose” di Busch, brevi storielle pubblicate soprattutto tra il 1859 e il 1872, che permettono soprattutto di riconoscere l’evoluzione dell’autore. Oltre a una presentazione della “riesumazione” del lavoro del traduttore Giancarlo Mariani”, il primo volume contiene anche una “Prefazione del traduttore” e un’introduzione generale sulla vita e sull’opera di Busch. Ogni storia viene inoltre introdotta da una ricapitolazione della sua creazione, del suo contenuto, dei principali argomenti trattati e non da ultimo anche della “fortuna” della stessa, fornendo le cifre delle sue ristampe. Queste introduzioni, sempre precise e interessanti, non scadano mai nella filologia erudita fine a sé stessa e servono piuttosto a favorire quella mediazione culturale che è spesso necessaria per poter comprendere appieno e quindi anche apprezzare l’umorismo delle storie illustrate. In chiusura dell’ultimo volume viene data anche una “sbirciatina ai blocchi da disegno” di Busch, mentre un saggio della germanista Ulrike Kindl considera l’opera di Busch nel contesto della “letteratura umoristica” tedesca. Se si rivolge ora l’attenzione alla traduzione dei versi di Busch, non si può che rimanere sbalorditi e affascinati di fronte all’imponenza della sfida: Giancarlo Mariani è riuscito a trasporre i versi dell’autore tedesco in circa 12.000 endecasillabi, a rima perlopiù baciata, che risultano assolutamente leggibili, senza presentare cioè eccessive forzature, mantenendo in linea di massima il rapporto tra immagine e verso e riproducendo quindi l’ironia e lo humor proprio del testo originale.
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Non vi è dubbio che il ritmo incalzante del verso tedesco, dovuto alla diversa metrica, basata sull’alternanza crescente (nel giambo) o discendente (nel trocheo) di sillabe accentate e non accentate, nonché la pregnanza e l’incisività concettuale derivante dalla brevità dello stesso (con quattro accenti e quindi 8 o 9 sillabe), vengano notevolmente diluiti nell’endecasillabo della traduzione. D’altra parte Mariani si propone espressamente di italianizzare, ovvero di “trasferire in Italia” non solo il verso, ma l’intero universo di Busch.
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Non è un caso, che in diverse occasioni il traduttore riesca addirittura, senza forzatura alcuna, a tradurre l’originale con un famoso verso dantesco appena appena variato – “e cade come corpo morto cade” (I,259) –, con il primo verso da La sera del dì di festa Leopardi – “Dolce e chiara è la notte e senza vento”(III, 220) –, ovvero con un verso dall’Orlando furioso di Ariosto – “Vedi giudizio uman come spesso erra” (III, 270). Poiché quasi tutti i nomi propri dei personaggi delle storie di Busch sono “nomi parlanti”, vale a dire nomi che in modo diretto o per assonanza rinviano a una caratteristica peculiare del personaggio, Mariani li traduce tutti, seguendo strategie diverse ma sempre molto efficaci: “Meister Böck” diventa “mastro Caproni”, “Lämpel” diventa “Lumini”, “Schmidt” diventa “Fabbrini”, la “Frau Kümmel” si trasforma in “Signora Commini”, “Tobias Knopp” in “Tobia Bottoni”, “Herr Mücke” in “signor Moschino”, “Frau Wehmut” in “signora Cloe Tristezzi”, il poeta “Balduin Bählmann” in “Baldovino Agnelli”, il pittore “Klecksel” si trasforma in “Ciro Imbrattini” e così via. Forse non era sempre necessario, ma il traduttore decide di trasferire in Italia anche tutti i toponimi, cosicché Heidelberg si trasforma in Gorizia, la Schillerplatz in “Piazza Romagnosi”, la “Holzgasse” in “Vicolo del Dazio”. Nella satira politica Der Geburtstag oder Die Partikularisten (Il compleanno o I legittimisti), il traduttore osa una trasposizione ancora più ardita e per certi versi geniale. Poiché la storia narrata tematizza la lealtà dei sudditi verso l’ex re di Hannover Giorgio V, destituito in seguito all’annessione di Hannover alla Prussia (1866) nel contesto delle guerre che portarono all’unificazione tedesca, Mariani ambienta la vicenda nel Granducato di Toscana, durante la nascita del Regno d’Italia, sostituendo Bismark von Giolitti (II,340). Anche il dialetto sassone, presente nei dialoghi originali, viene trasformato di conseguenza in un toscano molto divertente (in altri casi il traduttore era ricorso alla parlata veneta: III,315-317).
Per diversi motivi, dunque, l’impresa ciclopica e per molti versi temeraria di fornire al lettore italiano l’accesso a uno dei capisaldi della letteratura umoristica e più in generale della cultura tedesca tout court, è perfettamente riuscita: ne siamo grati al traduttore e alla preziosa opera di mediazione culturale dei curatori, augurandoci che molti lettori possano premiare il coraggio mostrato dall’editore nel dare alle stampe quest’opera.
L'opera verrà presentata a Merano, Sabato 2 Dicembre alle ore 11 a ingresso libero alla Biblioteca Civica - via delle Corse, 1.
con: Dominikus Andergassen, Ulrike Kindl e Antonella Tiburzi; moderazione e letture: Patrick Rina.
Info: Tel. 0473 27 63 91 | biblioteca@comune.merano.bz.it
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Bin schon gespannt, wie kreativ die italienische Version ausgefallen ist.
Wie herrlich, Wilhelm Busch…
Wie herrlich, Wilhelm Busch auf italienisch. Wie oft habe ich als Kind "Max und Moritz" gelesen. Danke für diese ausführliche Rezension! Danke dem Übersetzer und Verleger!