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Gesellschaft | Gaza Calling 2

I bambini di Gaza

L’immagine che grida che ogni ulteriore minuto di questo massacro è troppo, è quella degli 11 mila bambini uccisi e di tutti quelli che lo saranno nei prossimi giorni.
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Gaza
Foto: Aljazzera
  • Si conclude il quarto mese di guerra nella striscia di Gaza. Per tutta la settimana sono continuati ininterrotti i bombardamenti e gli scontri a fuoco, nel nord, nel centro, ma in particolare nelle città del sud di Khan Yunis e Al Rafah. Proprio in queste città si era rifugiata la popolazione in fuga dal nord, la zona più colpita all’inizio della guerra. Ora sono li, in trappola, un milione e mezzo di persone dove prima ne vivevano 200 mila. 
    Solo nelle ultime giornate sono stati bombardati una scuola, un asilo e la sede della Mezzaluna rossa, è stato colpito l’ospedale, un centro profughi ed un convoglio di aiuti umanitari dell’Onu. Nei campi profughi e nelle tendopoli alla mancanza di tutto (elettricità, carburante, acqua pulita, cibo) si sono aggiunti pioggia e vento a rendere la situazione ancora più disperata e ad aumentare il rischio di epidemie. Sui terreni fangosi infatti l’acqua piovana si mescola alle acque reflue e ai rifiuti creando le condizioni ideali per la diffusione di malattie contagiose. Ora che anche qui è arrivato l’inferno e si sta completando la sistematica distruzione di tutto, chi può e ancora riesce si sta spostando verso la costa, a sud ovest, dove la mezzaluna rossa ha approntato un altro campo profughi che comunque non potrà ospitare tutti. E presumibilmente tra poco i bombardamenti arriveranno anche lì: una fuga senza fine e senza speranza in questa trappola lunga 40 chilometri e larga 10 che è la striscia di Gaza.

  • Foto: UNICEF
  • „Nei campi profughi e nelle tendopoli alla mancanza di tutto (elettricità, carburante, acqua pulita, cibo) si sono aggiunti pioggia e vento a rendere la situazione ancora più disperata e ad aumentare il rischio di epidemie.“

     

    Il conteggio dei morti continua a salire, anche questa settimana sono state uccise ogni giorno 100-150 persone, il totale delle vittime civili ha superato le 27 mila.
    I militari israeliani morti finora sono circa 200, i miliziani di Hamas circa 9 mila.
    Ma l’immagine che grida che ogni ulteriore minuto di questo massacro è troppo, è quella degli 11 mila bambini uccisi e di tutti quelli che lo saranno nei prossimi giorni, e delle altre migliaia di feriti più o meno gravemente. Ma i numeri non dicono la realtà, tutti i bambini di Gaza sono feriti. L’Unicef stima inoltre vi siano circa 17 mila bambini “non accompagnati” come si dice, cioè orfani o che hanno perso i genitori. E le famiglie allargate che in situazioni di crisi spesso si fanno carico di bambini rimasti soli non possono farlo in queste condizioni, in cui non riescono a sfamare nemmeno i loro stessi figli.
    I bombardamenti israeliani sono sempre più sistematici anche nel radere al suolo infrastrutture, quartieri residenziali, scuole, con il chiaro intento di fare piazza pulita di tutto; oltre che nelle principali città, stanno concentrandosi su una striscia di terra profonda circa un km e lunga 40 in pratica tutto il confine tra Gaza e Israele: questa, secondo i piani israeliani dovrebbe diventare una zona cuscinetto per la sicurezza di Israele, totalmente sgombra, e ridurrebbe di altri 60 chilometri quadrati il già piccolo territorio della striscia di Gaza (360 chilometri quadrati per più di 2 milioni di persone).

  • Gaza prima e dopo: Foto: N-TV
  • Foto: Der Stern
  • „I bombardamenti israeliani sono sempre più sistematici anche nel radere al suolo infrastrutture, quartieri residenziali, scuole, con il chiaro intento di fare piazza pulita di tutto.“


    Ma la guerra non è solo a Gaza. Anche in Cisgiordania la situazione è drammatica: il livello di violenza era già intollerabile, ma dal 7 ottobre sono state uccisi più di 500 palestinesi, in gran parte giovani, spesso minori. Sono vittime delle operazioni antiterrorismo dell’esercito israeliano, oppure della violenza dei coloni estremisti, che ha raggiunto livelli inaccettabili ma avvallati dal governo e dall’esercito. Ogni giorno ci sono nuove invasioni di terre, i coloni sparano e distruggono, uccidono e feriscono  per cacciare i palestinesi dalle loro case e terre per poi appropriarsene. 
    E la caccia al nemico da parte dell’esercito israeliano si svolge anche qui, in Cisgiordania: all’inizio della settimana militari israeliani sono entrati in un ospedale travestiti da medici alla ricerca di un presunto combattente che sarebbe stato ricoverato nella struttura. 

    Ma non solo con le armi Israele combatte contro la popolazione palestinese: questa settimana, poco dopo il pronunciamento del tribunale internazionale dell’Aja, Israele ha accusato 12 dipendenti dell’Unwra, l’agenzia Onu per i profughi palestinesi, di avere supportato le azioni di Hamas del 7 ottobre. La reazione degli Stati Uniti, seguiti subito da Canada, Australia e da numerosi paesi europei, tra i primi l’Italia, è stata quella di sospendere immediatamente l’erogazione di fondi all’Unwra. Questa decisione, talmente rapida da escludere che sia stata presa dopo un’attenta valutazione delle accuse, è catastrofica se si pensa che l’Unwra coordina e gestisce la maggior parte degli interventi umanitari ancora esistenti a Gaza e attualmente offre soccorso e assistenza basica ai civili. Prima della guerra l’Unwra gestiva a Gaza 183 scuole, 22 presidi sanitari, decine di centri di distribuzione di aiuti umanitari. Vi lavoravano circa 13 mila persone, quasi tutte palestinesi, che si sono ridotte a 3 mila dopo l’inizio della guerra. Circa 100 dipendenti dell’agenzia sono stati uccisi in questi mesi. 
    L’agenzia ha iniziato una propria indagine sulle accuse mosse da Israele ed ha subito licenziato i dipendenti accusati (uno sarebbe in realtà morto). Indagini indipendenti sono state avviate anche dall’Onu e dall’Unione europea e questi provvedimenti sarebbero sufficienti in qualsiasi altra situazione. Sospendere i finanziamenti cosi come si sono affrettate a fare le maggiori democrazie occidentali è solo un’ ulteriore crudeltà contro la popolazione di Gaza, oltre che un servilismo verso Israele addirittura eccessivo. 
    Il ministro della difesa israeliano Gallant ha dichiarato che l’Unwra è Hamas con un restyling, e che i suoi fondi sarebbero usati per finanziare le infrastrutture del terrorismo e per pagare i terroristi. La realtà è che l’Umwra è presente sui luoghi del massacro, è un testimone scomodo da eliminare, come le decine di giornalisti uccisi. 

  • Foto: middle_east_monitor
  • „Sospendere i finanziamenti all’Unwra cosi come si sono affrettate a fare le maggiori democrazie occidentali è solo un’ ulteriore crudeltà contro la popolazione di Gaza, oltre che un servilismo verso Israele addirittura eccessivo.“

     

    Mentre nelle città di tutto il mondo si manifesta in solidarietà alla popolazione palestinese fin dall’inizio di questa guerra, voci di dissenso cominciano ora a circolare anche in altri ambienti. Questa settimana è stata diffusa la notizia che 800 diplomatici, alti ufficiali e funzionari statunitensi ed europei hanno inviato alle cancellerie dei rispettivi paesi un documento in cui denunciano “le gravi violazioni del diritto internazionale da parte di Israele e la complicità dell’occidente in una delle più grandi catastrofi umanitarie di questo secolo fino a potenziali scenari di pulizia etnica e genocidio”. 
    I diplomatici accusano i governi occidentali di offrire a Israele un sostegno militare, politico e diplomatico senza porre delle vere condizioni e chiedono ai rispettivi governi di cambiare strada con urgenza. Ma quasi tutti i paesi occidentali finora si limitano a raccomandare ad Israele moderazione, senza mettere in atto nessuna pressione incisiva, anzi continuando a rassicurare l’alleato del loro totale ed incondizionato sostegno. 
    Mentre la popolazione di Gaza non ha più luoghi dove rifugiarsi e fronteggia una situazione che diventa di giorno in giorno più drammatica ed inimmaginabile, da tutta la settimana rappresentanti di Israele, Usa, Qatar ed Egitto stanno discutendo i termini di un possibile accordo. Alcuni giorni fa sembrava che una decisione fosse vicina, ma in realtà le posizioni sono ancora lontanissime: Hamas chiede la fine della guerra, il ritiro delle truppe israeliane da Gaza e il rilascio di un certo numero di prigionieri, tra cui alcuni leader politici, mentre Israele pare disposta a concedere una tregua nei combattimenti, si parla di due mesi, per permettere l’ingresso di aiuti umanitari e lo scambio tra ostaggi e prigionieri. 
    E sullo sfondo Nethanyau non perde occasione per ribadire che la guerra continuerà fino alla distruzione di Hamas e della sua leadership e che l’esercito israeliano non lascerà la striscia di Gaza. 
    Ma sull’utilità di proseguire questa guerra e in generale sulle priorità dello stato si levano anche in Israele alcune voci di dissenso. Un canale televisivo israeliano ha presentato un’intervista a Gadi Eisenkot, ex-generale e attualmente politico del partito Unione nazionale e membro del gabinetto di guerra. “Vincere Hamas non è possibile, perché Hamas non è solo un’organizzazione militare e non è presente solo nella striscia di Gaza” ha dichiarato l’ex-generale. Ed ha poi fatto notare che la distruzione di Hamas a Gaza e la liberazione dei 136 ostaggi israeliani sono “due obbiettivi mutualmente esclusivi”.