Politik | Istruzione

“Non è mai stata una classe speciale”

Parla la preside delle Goethe, Christine Holzer. In una lunga presa di posizione, difende la scelta di creare una classe “omogenea” e attacca Achammer e Falkensteiner: “Una minoranza linguistica necessita di protezione”.
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Foto: Seehauserfoto
  • Dopo un lungo silenzio, dopo essere stata al centro delle polemiche per settimane e oggetto di un procedimento disciplinare, prende ora la parola la direttrice della scuola elementare di lingua tedesca Goethe di Bolzano Christina Holzer. In una lunga presa di posizione, riportata stamane dal quotidiano Dolomiten, la dirigente difende la scelta annunciata a fine agosto di istituire una “classe speciale” in cui raggruppare i bambini che non parlano sufficientemente bene la lingua tedesca o non la parlano affatto. Una decisione poi bocciata dall’intendenza scolastica tedesca e dall’assessore alla scuola Philipp Achammer. Qui di seguito lo statement in versione integrale:

    La classe della scuola Goethe, che da settimane è al centro del dibattito pubblico, non è mai stata una “classe di migranti” e nemmeno una “classe speciale”. Io e i miei colleghi, che da anni ci impegniamo con successo per l'integrazione e l'inclusione, rifiutiamo categoricamente questi termini.

    Si trattava di una classe regolare, dotata di una straordinaria quantità di risorse per consentire agli alunni e alle alunne che non hanno ancora sufficienti competenze linguistiche di apprendere la lingua più rapidamente – e quindi di avere successo scolastico – lavorando in piccoli gruppi. Allo stesso tempo, non abbiamo perso di vista le esigenze dei madrelingua. Le lezioni di sostegno linguistico, il lavoro in piccoli gruppi: tutto ciò che l’assessore provinciale Achammer vuole oggi spacciare per innovativo è per noi una vecchia consuetudine.

    Le scuole hanno il compito di fornire la migliore istruzione possibile agli alunni affidati loro e di permettere agli insegnanti di lavorare. Da anni alla scuola Goethe i bambini che hanno scelto il modello a tempo pieno sono mescolati al mattino con quelli che hanno scelto il modello della mezza giornata. Nel pomeriggio, quando solo i bambini che frequentano il tempo pieno hanno lezione, vengono raggruppati in un'unica classe. Gli insegnanti della mia scuola insegnano sempre in classi parallele e pianificano le lezioni insieme.

    Non si tratta di “allontanamenti” ecc. di questo sia l’Intendenza scolastica che l'Assessore provinciale sono consapevoli. Non c'è un singolo bambino discriminato in queste classi. È inaccettabile cercare di screditare una scuola e il lavoro di insegnanti che lavorano duramente, usando un linguaggio che non potrebbe essere più discriminatorio e sensazionalistico e ricorrendo a scenari che non hanno alcun fondamento.

    Chiunque parli di inclusione non deve perdere di vista l'inclusione a lungo termine. Solo chi sa parlare la lingua vivrà la scuola come un luogo in cui si sperimenta il successo personale e si rafforza l’autostima. Solo coloro che completano positivamente il loro percorso scolastico potranno imparare una professione, formareuna famiglia e quindi integrarsi nell'economia e nella società. Far frequentare la scuola ai bambini con il pretesto di una presunta integrazione e restare impassibili di fronte a quanti non terminano la scuola dell’obbligo, è un comportamento irresponsabile che crea consapevolmente un problema sociale a lungo termine. 

    Allo stesso tempo, dimenticare che una minoranza linguistica necessita di protezione non ha nulla a che vedere con l’essere cosmopoliti e tolleranti. Anche chi conosce la realtà scolastica solo da fuori può capire che la situazione a Ridanna non è la stessa di Bolzano. Mi si accusa di non aver prestato sufficiente attenzione, nella formazione equilibrata delle classi, al principio del “livello di rendimento” che l’Intendenza equipara al livello linguistico, solo perché ero favorevole alla formazione di una classe omogenea a causa del grande numero di alunni con un livello linguistico insufficiente. 

    Resto dell'idea che il livello linguistico non sia la stessa cosa del livello di rendimento. Se così fosse, dovremmo chiederci se il fatto che l’assessore Achammer non parli il cinese, ad esempio, dica qualcosa sul suo livello di rendimento. Non siamo interessati a un'inquietante campagna elettorale, né al signor Kompatscher, né al signor Achammer, né alla signora Falkensteiner. Ci interessa una buona educazione. Se è questo che vogliamo, è arrivata l’ora di fare qualcosa.