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Prove Invalsi: nozionismo o valutazione qualità?

Il 6-7-12 maggio si sono svolte prove di matematica e italiano nelle scuole elementari e superiori italiane. Esperienza contestata, con aspetti positivi e negativi.

Il 12 maggio #invalsi2015 è stato tra i trending topics su Twitter. Non solo, ma anche nelle discussioni fra i giovani, nel dibattito politico sulla #buonascuola (??) e sul futuro di chi ci lavora nella scuola. Una giornata che ho potuto vivere da vicino come osservatore al Liceo linguistico Sophie Scholl di Trento. Senza essere un “tecnico” del settore, ma appunto con le limitatezze di chi ha una visione superficiale ed esterna della scuola, penso sia interessante raccontare lo spirito dell'iniziativa.

Le prove Invalsi sono rilevazioni che accompagnano bambini e ragazzi a tappe prefissate: seconda e quinta elementare, l'esame di terza media, seconda superiore. Test che vanno a vedere le competenze nella propria lingua (italiano in questo caso) ed in matematica. I punteggi servono per fare una fotografia dello status formativo dei ragazzi e fare una “revisione” anche allo status della didattica. Tecnici davanti allo schermo alt. Non ho la presunzione positivista che tutto si spieghi con numeri e test, in maniera quantitativa. Ma così come le cifre sulla crescita economica e sulla disoccupazione danno un segnale di come si sta andando, allo stesso modo possono essere viste le prove Invalsi. Che hanno uno spirito internazionale, per migliorare anche dal confronto fra sistemi diversi.

Accuse di “schedatura” dei ragazzi, boicottaggi, assenze pilotate, polemiche e strumentalizzazioni a mio modesto parere oscurano il tentativo interessante di fare il punto della situazione e seguire i ragazzi nella loro crescita. Senza giudicare, criminalizzare, dare ansie.

Ci sta che un bambino di 7 anni non sappia cosa vuol dire “a profusione” (una delle domande impossibili del test invalsi del 6-7 maggio), ma ad esempio per i 16enni avere una prova per la quale in sé non conta aver studiato a pappagallo sviluppa in maniera pazzesca un'abilità che è fondamentale: cercare di ottenere il meglio da una situazione anche se non si sa nulla. Mai capitato di passare un esame, una prova, anche se si è studiato poco o niente? Ecco, sì, quella roba lì…

Alle nove meno cinque comincia la prima prova, matematica. Vista come ostica per chi ha scelto un liceo linguistico, ma in fondo si tratta di approfondire le questioni con una certa logica. Ci sono 90 minuti di tempo e c'è chi finisce anche quasi mezzora in anticipo. Due ragazzi su 23 non sono presenti, ma non sono “assenze tattiche”. Una si è svegliata in ritardo, ma ce l'ha fatta in tempo per la prova.

Pausa e quindi altra prova da novanta minuti di lingua italiana. Tre testi: uno di Italo Calvino sul Totocalcio e le domeniche pensando di poter diventare miliardari, uno di Beppe Severgnini sull'importanza di rileggere i testi ed uno di Vittorio Zucconi sui lupi nel nordovest americano. Sul Totocalcio mi sento vecchissimo: ho il doppio degli anni dei ragazzi, ma me le ricordo quelle matrici, i sistemi stampati con le stampanti ad aghi, la serie A tutta alla domenica con Ciotti e Ameri. Preistoria. Su Severgnini e Zucconi mi è venuta una semplice ironica constatazione: quante giovani vite traviate sugli scritti dei giornalisti, “frettolosi artigiani del presente”…

Poi arriva la parte non valutata, il questionario, la “schedatura”. Che parte da una domanda che può apparire stupida: pensa a cosa significa per te studiare. Dimentichi tutte le frustrazioni quando leggi la ragazza che scrive «volare sulla valle del sapere». Vedi il bello della vita quando la scuola per i bambini delle elementari è un “gioco da vincere”, per i 16enni una noia, tempo perso perché «starei meglio con gli amici». Poi c'è anche chi ha scritto qualche boiata e l'ha postata sui social network.

Se la statistica serve per dare delle leve, degli strumenti informativi ai decisori, allora perché essere contrari all'avere informazioni di contesto sui ragazzi? Per capire come vengono trattati dai compagni, vedere da che famiglia vengono, capire in quali condizioni studiano.

Mi ha spiazzato vedere che alcuni figli non sanno cosa hanno studiato i genitori. Si parlano? Soffrono di situazioni familiari così liquide e dolorose? O magari una non risposta faceva parte del cazzeggio del non-ho-voglia momentaneo. Si tratta di un test probante: 180 minuti di prove in una mattinata. E sul calendario fra il 17 ed il 31 maggio hanno già fissate una miriade di temi di fine anno. Forza ragazzi!

Nel pomeriggio tocca a insegnanti e osservatori. Un esercito di docenti corregge tutto con accuratezza, poi, ovviamente c'è l'inghippo all'italiana… Perchè un esame previsto da una vita non può andare, come dicono i tedeschi, reibungslos, senza attriti, senza problemi?

Quindi aspettare fino a dopo le 16 dal romano Invalsi per avere dei banali files Excel con delle macro per inserire le correzioni in modalità webmanoval? #nonèlavoltabuona… Servono i tempi supplementari, domani (13 maggio). Comunque ne è in...valsa la pena.

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Claudio Eccher Do., 14.05.2015 - 10:13

Aiutando mia figlia (quinta elementare) nella preparazione delle prove Invalsi in matematica, mi sono fatto la convinzione che non siano affatto “prove nozionistiche a crocette”.
Invece sono domande che impongono di applicare un metodo di ragionamento logico ed il pensiero astratto, cosa che purtroppo la scuola italiana non insegna a sufficienza. E in effetti le conseguenze si vedono. Le domande, infatti, spaziano da problemi in cui si devono distinguere i dati importanti da quelli non essenziali, riconosere figure geometriche regolari in configurazioni insolite, applicare i fondamenti di calcolo delle probabilità, interpretare dati in grafici, applicare metodi ricorsivi per il conteggio di caratteristiche geometriche ecc. Metodi e conoscenze che nel mondo odierno tutti dovrebbero conoscere e applicare, pena il diventare esca facile per “imbonitori da fiera” (vedi lotterie, gratta evinci, notizie farlocche e a-scientifiche). Il fatto che la risposta sia a crocette non cambia il valore delle domande, anzi facilita lo studente. Forse la scuola insegna troppo “a far di conto” e poco a fermarsi a ragionare. Dovrebbe preparare gli studenti a fare più prove di questo tipo e somministrarle sistematicamente come compito, invece di operazioni meccaniche (fatte 10 divisioni, le sai fare tutte), anche alle lementari. A mia figlia dico “Fermati, considera i dati e la domanda, ragiona sul metodo, i conti vengono alla fine.”

Do., 14.05.2015 - 10:13 Permalink