“Almeno ora dicono la verità”
Il sindacato che raccoglie 300 piccoli azionisti della Cassa di Risparmio ha avuto occasione di incontrare il direttore generale della Cassa di Risparmio Nicola Calabrò. ADell’incontro abbiamo avuto occasione di parlarne con Roberto Falzin, dipendente della Cassa di Risparmio in pensione e membro del consiglio direttivo dei sindacato dei piccoli azionisti.
Falzin, a Calabrò avete chiesto chiarimenti sull’operazione? Avete anche avuto occasione di esprimere la vostra opinione in merito?
Roberto Falzin - Abbiamo letto il lungo prospetto che accompagna l’aumento di capitale. Si tratta di 300 pagine e questa volta c’è spiegato tutto in maniera molto esauriente. Soprattutto è presente tutta la casistica dei rischi che corrono gli azionisti qualora decidessero di sottoscrivere.
C’è scritto anche come la banca conta di recuperare il buco accumulato negli ultimi anni?
No. E devo dire che quello che non sappiamo è proprio il dettaglio invece del piano strategico con il quale i vertici della banca nell’arco dei prossimi 5 anni prevedono di ristabilire una situazione di equilibrio. Ci hanno detto che il loro obiettivo è quello di portare prima possibile la Cassa di Risparmio ad un livello di redditività discreto. Ma questo naturalmente si scontra a livello generale anche con i problemi della politica e della finanza italiana.
Un ruolo fondamentale nell’operazione di aumento di capitale è svolto dalla Fondazione Cassa di Risparmio. Voi come la vedete?
L’impegno da parte della Fondazione sarà straordinario. Ed avrà conseguenze importanti anche su suo ruolo di finanziatrice del terzo settore in provincia. Per molti anni ha svolto un ruolo di vero e proprio motore sostenendo volontariato, cultura e altro. Senz’altro ora diminuirà di molto la capacità della Fondazione di intervenire in questo senso.
Come vi è parso il direttore generale Calabrò?
Finora ha dimostrato di essere un professionista con un background di notevole spessore rispetto a quello che in passato ci siamo ritrovati. Quanto avvenuto alla Cassa di Risparmio è stato risultato di anni e anni di laissez faire. Per 10 anni hanno concesso crediti a destra e sinistra senza andare a a fondo della qualità del credito. In economia come abbiamo visto si paga sempre tutto.
Voi nell’operazione di ricapitalizzazione ci credete?
Nn è che non ci crediamo. Semplicemente ora ome piccoli risparmiatori concordiamo su tutti i rischi che vengono esposti nel prospetto informativo. Questa volta finalmente hanno scritto con trasparenza la verità e investire oggi in una banca che deve superare un momento di notevole difficoltà non è una cosa facile. Noi non diciamo ‘investite’ e allo stesso modo però non diciamo nemmeno ’non investite’.
Una cosa però è la fotografia della situazione, un’altra è la ricetta proposta per affrontare e risolvere il problema. Quali sono state le considerazioni che espresso a Calabrò in merito?
A Calabrò abbiamo detto che noi come sindacato abbiamo una vita democratica e che ci incontriamo mediamente ogni 2 mesi per analizzare tutti i dati dei quali veniamo in possesso. I membri del consiglio di amministrazione della banca oggi sono abbastanza nuovi rispetto al precedente consiglio che era sempre in ‘prorogatio’ e devono affrontare una serie di problemi che sono stati posti dalla Banca d’Italia. L’organo nazionale di sorveglianza è molto determinato e quindi seguirà con attenzione l’evolversi futuro ed il riscontro delle promesse della Cassa di Risparmio. Il prossimo anno poi ci saranno le elezioni del nuovo consiglio di amministrazione e anche i piccoli risparmiatori sperano che il prossimo organismo sia fortemente professionalizzato. Senza avvalli o forzature da parte della politica. Posto che sia possibile.
Secondo voi la banca riuscirà a recuperare tutto il capitale previsto?
Il problema l’abbiamo posto a Calabrò e ci è stato detto che ci stanno lavorando. L’operazione è partita da poco e non hanno informazioni precise. L’unica cosa che è stata detta chiaramente è che Eurovita, una compagnia di assicurazione molto presente nei prodotti offerti dalla Cassa di Risparmio, si è detta disposta a finanziare la banca per 10 milioni. Oltre ai 180 della Fondazione dunque ne hanno altri 10. All’appello ne mancano 80 e altre notizie in merito non ci sono state date. In particolare non sappiamo se ci siano altri investitori istituzionali che hanno manifestato interesse.
E se la Cassa non riuscisse a far sottoscrivere tutti i 270milioni previsti?
L’ipotesi è ben presente nel prospetto informativo legato all’azione di aumento di capitale. Ma attenzione: la ricapitalizzazione non è un’opzione ma un obbligo. La banca infatti superare i cosiddetti parametri di Basilea 3, un accordo internazionale che fissa per le banche europee i limiti percentuali sotto i quali gli istituti vengono commissariati. I parametri sono una combinazione tra sofferenze, crediti concessi, raccolta diretta indiretta, patrimonio e diversi altri fattori. I parametri sono fissati in percentuali e le banche devono rispettare i valori minimi previsti. Con 180 milioni riescono a mettersi in riga con Banca d’Italia. Ma attenzione: tutto questo funzionerà posto che i risultati finali del 2015 siano quanto meno accettabili. E su questo il bilancio aggregato stilato a fine giugno dà ancora indicazioni per così dire… ‘imprecise’.
Einer Bank, die nicht an der
Einer Bank, die nicht an der Börse notiert ist, darf man als gewöhnlicher Kunde derzeit kein Geld für eine Kapitalerhöhung geben – egal welche Bank ! Im Falle der Sparkasse braucht’s noch eine gehörige Portion Leichtsinn dazu, um ihr noch weiteres Geld zu geben.
Man muss sich nämlich folgendes vor Augen halten:
1. Als kleiner Aktionär hat man absolut null Mitsprache, aber man hängt mit dem Geld voll drin, und kann dieses nicht liquide machen, weil man Jahre zum Verkauf braucht. Das Sagen haben die Politik oder die großen Aktionäre, als Kleinaktionär zählt man absolut nichts. Im Falle der Sparkasse ist dies mit der Stiftung umsomehr der Fall.
2. Dividenden oder Wertzuwachs wird es jahrelang keine geben oder sie werden so minimal sein, dass jedes Staatspapier bessere Renditen bietet – allerdings ohne das Risiko der Bankaktien und jederzeit liquidierbar.
3. Andere angebliche Vorteile für Aktionäre sind reine Augenauswischerei, denn billigere Kontokorrente, Kredite, Karten … usw. kriegt man bei jeder anderen Bank auch, u.z. ohne Aktionär sein zu müssen.
4. Es besteht eine sehr große Wahrscheinlichkeit, noch mehr Geld zu verlieren. Denn alle italienischen Banken, die nicht an der Börse notiert waren und in der lezten Zeit von einer anderen Bank gekauft wurden, oder die jetzt an die Börse gehen (da gibt’s keinen Mindestpreis !), haben den Mindestpreis um 20%, 30% oder gar 80% unterschritten. Börsengehandelte Bankaktien notieren im Verhältnis zu weit geringeren Preisen, wie selbst der Prospekt der Sparkasse offenkundig eingesteht.
5. Es ist sehr unwahrscheinlich, dass der Mindestpreis bei nicht notierten Bankaktien in Zukunft überhaupt noch existieren darf. Deshalb ist in Kürze ein großer und plötzlicher Preisverfall zu erwarten.
Denn mit dem Mindestpreis wurden viele Tausen Kleinaktionäre getäuscht (nicht nur bei der Sparkasse), sodass jetzt gegen verschiedene Banken in ganz Italien eine Prozesslawine losgetreten wurde. In Italien gibt es also grossen Druck "von oben", so einen Mindestpreis für nicht börsengehandelte Aktien zukünftig zu verbieten.
Wenn also der Mindestpreis abgeschafft würde, so wie in den letzten Jahren vieles andere auch im Banksektor per Gesetz abgeschafft wurde, dann gäbe es sofort einen Preisverfall, allein weil die Anzahl der Verkäufer das X-fache der Käufer ist. Die Verluste sind vorprogrammiert !
Wer unbedingt Aktien von nicht börsengehandelten Banken kaufen will (was jetzt nicht ratsam ist), sollte lieber warten. Nächstes Jahr im Herbst kriegt man diese Aktien wohl viel viel billiger.
Jedes andere Argument, das unsere lokalen Banken jetzt bringen, um den Kleinkunden Bankaktien anzudrehen, ist nicht stichhaltig und nicht im Interesse der Kunden.
Sollen doch die Großen und Reichen kaufen, denen die Sparkasse in all diesen Jahren soviele Kredite "verschenkt" hat, und die nicht mehr zurückgezahlt werden. Denen tut ein möglicher Preisverfall der Aktien gar nichts, und sie können es sich auch leisten, das Risiko einzugehen.