Politik | Intervista al presidente del Consorzio dei Comuni

Kompatscher: «Apriamo le finestre e diamo più spazio alle iniziative della gente»

Il sindaco di Fiè ha 42 anni, parla un italiano fluente e gira con un’utilitaria grigia. Da qualche giorno ha sciolto la riserva e deciso di candidarsi per la testa di lista SVP e quindi alla guida della provincia nelle elezioni di novembre. Durante le primarie del PD è accorso al Rainerum a sentire Renzi ed è subito stato catturato dal sindaco di Firenze che doveva farsi perdonare qualche frase infelice sull’autonomia. Ne ha subito approfittato per aiutare il suo collega a comprendere meglio la “specificità” del modello altoatesino.
Abbiamo incontrato Kompatcher nel suo ufficio bolzanino dove scende tutti i giorni, “costretto a trascurare” la quotidianità del suo paese medio piccolo, dove i sindaci si sporcano le mani incontrando la gente e risolvendo i problemi reali dopo essersi rimboccati le maniche.

La associano a Renzi. Hanno ragione?
Ci sono senz’altro delle analogie. Ad esempio è vero che adesso mi candido alle primarie contro il segretario del mio partito. E’ anche interessante il fatto che Renzi appartenga dell’ala del suo partito che si orienta verso il centro ed è più liberale e meno statalista....

Allude per caso in qualche modo alla politica altoatesina? 
Da noi il settore pubblico si allargato da tutte le parti, anche dove non aveva ragione d’essere. La provincia fa l’imprenditore là dove il mercato funzionerebbe benissimo anche senza di lei.

Kompatscher, la vicinanza della sede di Sel al suo ufficio del Consorzio dei Comuni è puramente casuale?
Sì! Ed è solo una pacifica convivenza, fianco a fianco... (ride). 
In ogni caso ci tengo a ribadire che ho un debole per i deboli, anche se è certo che l’attuale stato sociale dev’essere riformato. Con i nuovi bilanci ridimensionati non possiamo più occuparci di tutto. Occorre concentrarsi sul necessario e ritirarsi man mano dal resto, dando più spazio all’iniziativa privata, non solo nel mondo economico ma anche nella cultura e nella società civile.

Dove oggi tutti sono a caccia di contributi. 
Sì, spesso le cose si fanno solo perché per esse è previsto un contributo. Ben inteso, io non sono un neo liberista, il pubblico deve intervenire nel mercato ma solo per stimolarlo, indirizzando e snellendo. Se il mercato non funziona il pubblico deve intervenire solo per rimetterlo in funzione. Dobbiamo avere il coraggio di aprire le finestre e dare più spazio alle iniziative della gente. Negli ultimi anni mamma provincia ha fatto davvero troppo.

Tornando a Renzi dobbiamo osservare che è davvero “autonomo” il suo modo di porsi all’interno del partito. 
Mi dicono che a volte è anche antipatico. Bisogna considerare che c’è gente che ha lavorato sodo per il partito e se ci sono delle regole queste vanno rispettate. Però è anche vero che quando le regole diventano un ostacolo tendo anch’io a volerle scavalcare. Non perché non ho rispetto ma perché mi chiedo quale sia il senso di quello che stiamo facendo. Bisogna vere il coraggio di andare oltre. 

In realtà la SVP è sempre stata un partito dinamico.
Sì e soprattutto democratico come pochi altri in Europa. Tutti gli iscritti fino alla base hanno la possibilità di determinare le decisioni del partito. Il partito è vivacissimo e poi ci sono molti giovani, senz’altro più che nei Freiheitlichen e nei Verdi. 
E pare che le primarie abbiano poi promosso un’ulteriore vitalità. 
Qualcuno dice che stiamo superando ogni limite e che verrebbe legittimata una conflittualità che potrebbe dar luogo a fratture interne. Che potrebbe succedere la stessa cosa accaduta con il PD a livello nazionale. In realtà Renzi è stato correttissimo ma forse non lo sono stati altrettanto i suoi sostenitori.

E se Kompatscher arrivasse secondo cosa succederebbe?
Non getterebbe la spugna. Ma certo non farebbe la foglia di fico in nome del rinnovamento del partito e della politica in generale. Tutto dipenderà dai programmi e dal team che prenderà in mano la situazione.

Che ne pensa dell’alleanza nazionale con il PD?  
Sono stato tra i primi a dichiararmi assolutamente favorevole. Il PDL si era dimostrato non rispettoso delle esigenze delle autonomie speciali e poi c’era stata l’esperienza negativa del governo Monti. Un ruolo importante è stato giocato anche dalla previsione di una “facile” vittoria del PD. Sappiamo poi com’è andata... Io spero che ci siano ancora le basi per un governo che faccia queste le due o tre cose veramente necessarie, come la riforma del parlamento e una nuova legge elettorale. 

Con la candidatura di Francesco Palermo nel collegio del Senato di Bolzano e Bassa Atesina si sono gettate le basi dell’attesa revisione del secondo statuto di autonomia. 
Qualche funzionario di partito era timoroso: si pensava che la gente “semplice” non avrebbe potuto votare per Palermo. E invece è successo il contrario: la gente spesso è molto più avanti di quello che si pensi. 

A proposito della revisione dello statuto d’autonomia è risaputo che la popolazione di madrelingua italiana abbia grandi aspettative, in particolare su alcuni temi chiave come la proporzionale e la scuola bilingue. 
La revisione va fatta qui in Alto Adige, coinvolgendo tutti i gruppi linguistici e tutti i settori della società civile. La proporzionale è vista ormai anche come uno strumento di tutela del gruppo linguistico italiano. Il metodo con cui è applicata oggi però appare un po’ rozzo e antipatico. 

Che fare allora?
Parliamone, magari senza metterne in discussione il principio, ma vedendo se ci sono altri sistemi che ci permettono di realizzare gli stessi obiettivi. La stessa cosa vale per la scuola. I nostri figli nelle valli spesso parlano la L2 peggio di chi studia l’italiano in Germania. Dobbiamo cambiare. Uno dei pregi della nostra provincia è il ruolo di collegamento tra due diverse culture ma anche due aree economiche. Stiamo parlando di prospettive di lavoro che non riusciamo a sfruttare a causa di un sistema inflessibile. L’ho vissuto personalmente: mia figlia ha frequentato la quarta liceo al Torricelli e adesso studia a Trieste. Anche in questo caso quello  che dobbiamo fare è adeguare il sistema alle nuove esigenze, senza mettere in discussione il principio del diritto alla scuola nella madrelingua.