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Rai: il problema è anche culturale

Andreas Feichter, membro del comitato di redazione della sede Rai di Bolzano, risponde a Piergiorgio Veralli in merito alla prospettiva di raggiungere l'obiettivo di una programmazione condivisa.
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Foto: (c) Othmar Seehauser / Salto

La discussione relativa alla programmazione della Rai locale, le controversie che sembrano opporre un punto di vista “italiano” - formalmente favorevole a una gestione comune del servizio, ma arroccato o comunque restio ad approfittare dei possibili spazi offerti dalla provincializzazione dello stesso perché timoroso dell'ingerenza politica che un tale mutamento potrebbe apportare -, e uno “tedesco”, in qualche modo più insensibile a un simile rischio e perciò apparentemente indifferente a una divisione degli ambiti di programmazione, nasconde moltissime insidie. E la prima di queste insidie consiste semplicemente nel fatto che una tale difformità di punti di vista non è solo complessa da interpretare, ma persino difficile da riconoscere in quanto tale.

Nell'intervista al giornalista Piergiorgio Veralli, pubblicata da Salto,  è stata illustrata la posizione interna al comitato di redazione italiana (posizione poi confermata da un comunicato stampa che risponde alla recente posizione di Durnwalder, dichiaratosi recentemente possibilista sull'eventuale potenziamento degli spazi in lingua italiana prodotti dalla Sede Rai di Bolzano). Per avere una sfumatura diversa, ecco cosa pensa della vicenda Andreas Feichter, membro del comitato della redazione tedesca.

Feichter conferma immediatamente la piena disponibilità del suo comitato di redazione a salutare con favore l'eventuale potenziamento della programmazione in lingua italiana, precisa però che una sua dichiarazione al riguardo avrebbe solo il carattere di un'indicazione generale: “Altrimenti ciò potrebbere essere visto come un'ingerenza nelle eventuali trattative tra la Provincia e la redazione di lingua italiana”. E per quanto riguarda la paura, assai pronunciata negli italiani, di offrire attraverso la provincializzazione libero campo al controllo della politica? “Qui - spiega Feichter – è possibile che operi davvero una diversa sensibilità. Gli italiani sono abituati a sospettare che la politica intervenga sempre e comunque nelle questioni relative all'informazione. C'è molta sfiducia ed è quasi inevitabile che questa impostazione condizioni la percezione del potere locale”. Alla domanda diretta, se cioè nel corso del loro lavoro i giornalisti tedeschi siano oggetto di una pressione effettiva, proveniente dalla politica, la risposta è negativa: “E comunque noi abbiamo sempre la possibilità di opporci”.

Ancora più emotivamente intricata la questione relativa alla valutazione della sospensione dei diciasette minuti d'informazione in lingua italiana che, in seguito agli effetti dei nuovi accordi, ha fatto parlare di un'avanzata verso il passato. “A mio avviso si tratta di un fatto simbolico, certamente importante – e difatti le polemiche sono nate per questo – ma che non dovrebbe neppure essere sopravvalutato. Piuttosto che rimpiangere quei pochi minuti, il servizio è comunque accessibile ugualmente su un altro canale, bisognerebbe impostare una discussione sul senso e la possibilità di pervenire finalmente a un modello informativo organico, che tenga conto di tutte le lingue parlate in Sudtirolo”. Feichter non vede però al momento molte possibilità di successo.

La sensazione che in questo caso, ancor prima di essere rappresentato dalla politica, il vero ostacolo sia di tipo culturale, non è completamente smentita da Feichter: “Quando ogni mattina mi occupo della rassegna stampa certe differenze saltano agli occhi: per gli italiani è per esempio molto importante tutto quello che accade a Bolzano; noi abbiamo invece uno sguardo indirizzato anche a quanto accade in periferia. E poi c'è la questione di Trento e di Roma: quel che per gli italiani continua ad essere un orizzonte di riferimento imprescindibile, per noi lo è molto meno”. Insomma, più che riguardare aspetti strettamente istituzionali, il dissidio sulla “provincializzazione” della Rai sembra aver a che fare molto banalmente con una difformità del senso di appartenenza a questa provincia da parte delle diverse comunità (e dunque delle diverse sensibilità) linguistiche. Un problema difficile da risolvere allorché sono soprattutto in ballo finanziamenti ancora orientati a rispecchiare le peculiarità dei diversi gruppi, più che la particolarità del territorio in cui essi vivono.

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Profil für Benutzer Riccardo Dello Sbarba
Riccardo Dello… Do., 23.05.2013 - 20:36

Provo a proporre una piattaforma per uscire da questo increscioso conflitto.
Se tutti fossimo (fossero) d'accordo che:

1) L'indipendenza delle redazioni e dell'intera sede Rai è un bene da difendere ad ogni costo e con ogni mezzo (anche trovando meccanismi istituzionalizzati di garanzia).

2) Il trasferimento di competenze alla Provincia deve significare maggiore integrazione, più informazione interetnica e plurilingue, il rispristino di fasce di informazione in diversa lingua sullo stesso canale. Non può invece assolutamente significare la separazione in due canali monolingui.

3) Non bisogna avere paura della Provincia e del suo governatore "pro tempore". Lo Stato non è meglio, anzi è peggio.

4) Il potere politico di riferimento per una Rai territoriale è il legislativo, cioè il Consiglio provinciale, e non l'esecutivo, cioè la Giunta o il Presidente.

5) Sui primi 4 punti italiani tedeschi e ladini sono d'accordo, comprendono le paure dell'altro, si sostengono a vicenda e combattono insieme le (tante) bugie del potere, che usa come sempre la tattica del divide et impera. Al confronto col potere si va tutti/e insieme, non alla spicciolata.

6) Si esce tutti/e dalla difensiva e dalle reciproche posizioni di principio.

Può essere una base da cui ripartire?

Do., 23.05.2013 - 20:36 Permalink