Politik | Commento

C'è del marcio a Bolzano

I fascisti del terzo millennio imitano quelli del Ventennio: tragedia o farsa? Dando loro un assessorato al “degrado” la questione verrebbe probabilmente risolta.

Che Bolzano sia una città piuttosto incline all'edulcorazione del (anche suo, soprattutto suo) passato fascista non stupisce. Anni fa, ricordo, intavolai una curiosa discussione con un tizio, il quale non si era “mai accorto” che le colonne del Monumento alla Vittoria rappresentavano fasci littori. Un modo per girare il volto dall'altra parte, ma anche l'incorreggibile incapacità di valutare il peso di un'eredità nefasta che – a suo dire, e a detta di molti – bastava non percepire per affermare che neppure esiste o sia mai esistita.

Al confronto con quella risibile ed ipocrita sbadataggine, gli emuli fascisti con i quali abbiamo oggi a che fare ci esortano a scomodare il famoso filosofo della Fenomenologia dello Spirito, quello che scrisse: gli eventi storici accadono sempre due volte, la prima in forma di tragedia, la seconda come farsa. I tratti caricaturali, in effetti, non mancano. L'ultimo ci è stato propinato il giorno dell'insediamento del nuovo Consiglio comunale, con una furba marcetta per le strade della città ricalcata su una vecchia fotografia del 1922. Provocazione da quattro soldi o mascalzonata preoccupante? Come pensavano gli accoliti berlusconiani alla notizia delle “cene eleganti” organizzate dal vecchio premier farcito di Viagra, la maggior parte dei bolzanini è sicuramente orientata a gridare il proprio “chesaramai” pur non avendo letto una riga del libro di Francesco Piccolo. Per la cronaca: il “chesaramai” post-moderno ha da tempo rimpiazzato l'antiquato “me ne frego”. Insomma, il torto qui starebbe tutto nel soggetto che interpreta, non nell'oggetto interpretato (Maurizio Puglisi Ghizzi, del resto, ci ha marciato nei due sensi possibili del verbo: “la camica nera mi snellisce”).

C'è una cosa, comunque, che si potrebbe tentare. Visto che le istituzioni hanno ormai accolto il fenomeno di CasaPound come una variante tollerabile del generale analfabetismo storico assai diffuso in larghi strati della società (e a dire il vero anche nelle istituzioni), l'eventuale preoccupazione verrebbe rispedita al mittente mediante il suono di una “volitiva pernacchia” (da sempre fiato di giovinezza). Prendiamone atto. Se quindi puntassimo sulla carta della “farsa”, smonteremmo anche la preoccupazione per l'imminente tragedia, dando pienamente ragione a Hegel. La marcia attraverso Bolzano non è la “Marcia su Bolzano”, bensì il tentativo, compiuto dai tre nuovi eletti, di farsi un po' di pubblicità regresso. Renzo Caramaschi non si lasci sfuggire l'occasione propizia: salti il fosso e consegni un assessorato (magari quello alle siringhe da raccogliere nei parchi “degradati” o alla rimozione del marciume dalle strade) ad un esponente di CasaPound. La proficua occupazione toglierebbe a questo movimento qualsiasi fascino anti-sistema e gli restituirebbe un'incombenza più consona al suo modesto formato civile: gli operatori ecologici del terzo millennio.