Politik | Toponomastica

L'eterna croce dei nomi

Ancora una volta l'annosa questione rischia di spaccare opinione pubblica e istituzioni. Ecco quello che è successo ieri, tra Palazzo Ducale e piazza Magnago.

Urzì in piazza a protestare, la Commissione dei Sei incastrata a Palazzo Ducale finché da Roma, dagli uffici del Ministro per gli Affari Regionali e Autonomie Enrico Costa, giunge una convocazione che sospende la promulgazione della norma di attuazione che avrebbe dovuto (e ancora dovrebbe) dare il via libera sulla distinzione tra “bilinguismo” e “binomismo” e scongiurare così l'affossamento della legge provinciale del 2012, attualmente con il collo sotto la scure della Corte Costituzionale. È questo il quadro, reso con minime pennellate, della giornata di ieri, l'ennesimo grano dell'infinito rosario chiamato toponomastica.

Cominciamo da Francesco Palermo, presidente della Commissione dei Sei: “Abbiamo discusso di tanti dettagli, ma la sostanza resta confermata. La prossima settimana dobbiamo fare il punto con il Governo, per il resto la nostra posizione non cambia: siamo favorevoli al criterio paritetico, intendiamo procedere in base a criteri oggettivi per approvare o respingere le liste in blocco, anche potendo ricorrere al voto separato. In pratica vorremmo riprendere la filosofia della Commissione De Carlini-Denicolò, quella istituita da Durnwalder e Fitto nel 2010 per risolvere il caso dell'Alpenverein. Tutto è bilingue, ma non tutto ha due nomi. Riteniamo che lo statuto possa essere interpretato in senso evolutivo, e in realtà è così da un pezzo”.

Chi non ritiene invece che lo statuto sia “interpretabile” (ovviamente: in modo particolare su questo punto) è Alessandro Urzì. Al comando di un manipolo di dieci attivisti o simpatizzanti del suo partito (Alto Adige nel Cuore), il consigliere provinciale ha convocato la stampa per farla assistere ad un sit-in proprio davanti al Palazzo del governo provinciale (“Qui c'è il potere che decide...”). Messaggio chiarissimo, ripetuto in loop. “Noi siamo qui per ribadire la lettera dello statuto, ma vogliamo anche che venga riconosciuto il patrimonio di abitudini ormai sedimentato del gruppo linguistico italiano”. Questo significa, in buona sostanza, rifiutare il principio della distinzione tra “bilinguismo” e “binomismo” (“...il grande baco della legge che si vorrebbe adesso imporre”), anche se Urzì apre uno spazio di ragionevolezza per tutti quei nomi per i quali non è stato possibile rinvenire una denominazione italiana, o per quelli futuri, che dunque potrebbero nascere anche senza doppio battesimo. “Una cosa deve essere però chiara – è il suo messaggio conclusivo – se per rispetto del bilinguismo ci volessero far credere che basti dire Alpe di Naturns e non Alpe di Naturno, beh allora siamo proprio su una strada sbagliata e ribadisco che in questo modo scomparirebbe quasi il 60% delle denominazioni italiane. Un affronto insostenibile alla convivenza e lo vogliamo denunciare nel modo più netto”.

Conclusione scontata. Tutti si dichiarano a favore del compromesso e della mediazione. Ma sui termini da adottare per stabilirlo, questo benedetto compromesso, le divergenze continuano poi ad essere radicali. La toponomastica, eterna croce, è un tema logicamente intrattabile, perché tocca i sentimenti delle persone. A parole ognuno è disposto a concedere che si tratti di un problema di poco conto, financo di un'inezia penosa. Nei fatti potrebbe diventare ancora una volta un punto di frattura nel delicato gioco di equilibri tra governo provinciale e centrale, tra le forze che costituiscono lo stesso esecutivo locale e, ça va sans dire, tra italiani e tedeschi, tra “noi” e “loro”, tra chi ritiene di essere qui da sempre e chi vorrebbe sic et simpliciter vedersi riconosciuto il diritto di sentirsi a casa.

 

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Martin B. Sa., 24.09.2016 - 22:37

Währenddessen wurden in Australien, USA, England und anderen Orten scheinbar ohne Friktionen kolonialistisch anglisierte und öffentlich rechtlich festgeschriebene Ortsnamen wieder in ursprüngliche Namen rückgeführt. Spät aber doch und trotz einer englischssprachigen Mehrheit. Nichts hindert die weitere Nutzung der englischen Namen, aber öffentlich sind diese nicht mehr.

Sa., 24.09.2016 - 22:37 Permalink