Sedersi intorno al fuoco e raccontare
Nei giorni in cui viviamo è nato un interesse sempre più smodato verso il funzionamento delle storie (insieme a quello intorno alla scrittura efficace) per vari motivi. Da una parte l’interesse per una buona storia trova sempre spazio dentro ognuno di noi, dall’altra la disponibilità e la possibilità di fruizione delle storie - di varia natura - hanno alimentato questo desiderio di conoscerne i meccanismi. Un po’ come un fotografo dilettante e mosso dalla curiosità armeggerebbe con il corpo macchina di una vecchia Canon che ha sempre visto sulla credenza di casa sua, ma che non ha mai osato toccare. Insomma, la parola storytelling la vediamo un po’ ovunque.
Uno dei tanti modi di raccontare le storie è quello orale. Se a scuola, per molto tempo, ci siamo sentiti dire che le storie venivano tramandate oralmente dagli antichi attraverso il passaggio delle stesse attraverso l’apprendimento a memoria (per questo venivano cantate e avevano un metro preciso e ripetuto), i tipi di Sagapò Teatro a Bolzano fanno un’operazione inversa da più o meno sette anni con una serie di spettacoli per tutte le età che si terranno al Museo Civico a partire da oggi pomeriggio fino a domenica 6 ottobre.
Lo storytelling è un’arte su misura, perché non tutti possono raccontare una certa storia, ma quasi tutte le volte sei tu che scegli la storia o è la storia a scegliere te. (La storyteller Martina Pisciali, in foto di copertina).
Gli storyteller di Sagapò sfruttano, certamente, quel bisogno ancestrale che ci muove ad ascoltare una storia, ma la fanno diventare partecipativa e soprattutto improvvisata. E hanno una definizione molto precisa della parola storytelling. “Storytelling significa raccontare una storia a un pubblico preciso attraverso l’uso delle parole, la modulazione della voce, dei gesti e del linguaggio del corpo. Detto in altre parole io racconto una storia improvvisando le parole e cerco di trasmettere al pubblico le immagini, il film della storia. Lo spettatore è attivo e spesso viene chiamato anche in causa con domande, giochi, interventi: è tutto basato sull’immaginazione. Raccontiamo storie della tradizione orale che spesso troviamo nei libri. Ma l’ideale sarebbe che una storia venga trasmessa da uno storyteller. Lo storytelling è un’arte su misura, perché non tutti possono raccontare una certa storia, ma quasi tutte le volte sei tu che scegli la storia o è la storia a scegliere te”.
Questa è la versione di Martina Pisciali, 28 anni, storyteller che fa parte della direzione organizzativa della rassegna di racconti. Laureata in Scienze Agrarie a Torino, adesso Martina è diventata da alcuni anni una storyteller professionista. Insieme a tanti altri artisti e cantori terrà alcuni degli spettacoli della rassegna.
I racconti, con un pubblico diverso ogni volta, saranno sempre diversi da parte di chi li racconta. Ovviamente la storia è su misura anche per lo spettatore.
Tra i tanti ci sono il fumettista bolzanino Armin Barducci (che durante alcuni spettacoli farà live painting, ombre cinesi e altri giochi visivi), gli attori Diletta La Rosa e Lucas Da Tos Villalba - fino ad arrivare agli ospiti internazionali come la francese Caroline Sire e il norvegese Ragnhild A. Mørch. “Durante Storytelling time raccontiamo le storie della tradizione orale. Ma siccome è tutto basato sull’improvvisazione e le storie sono un materiale grezzo il ‘su misura’ di cui ti dicevo prima è influenzato molto dalle scelte dello storyteller. I racconti, con un pubblico diverso ogni volta, saranno sempre diversi da parte di chi li racconta. Ovviamente la storia è su misura anche per lo spettatore, per le immagini che si creano nello spettatore”.
Ma quindi il vostro storytelling è simile ai giochi di ruolo come Dungeons&Dragons? Lì c’è un narratore - il dungeon master - e poi ci sono i personaggi (che appunto vengono chiamati in causa) che sono guidati dal master per procedere nella storia - chiedo. “Sì, parte del funzionamento è questo. Il bello è che uno storyteller può essere sia il dungeon master che il personaggio giocante, ci sono più dinamiche in questo gioco. Però al pubblico deve essere sempre chiaro quando lo storyteller fa il dungeon master - quello che racconta la storia - e quando il personaggio. Il gioco è aperto e la storia si costruisce insieme”.
Ho avuto la stra fortuna di
Ho avuto la stra fortuna di partecipare sia sabato che domenica. E' stato un viaggio nel viaggio! Un ritorno all'infanzia perduta. Ho pianto e riso allo stesso tempo. Mi sono emozionato a dir poco. C'è tanto bisogno di ritornare ad ascoltare! C'è tanto bisogno di emozionarsi. Martina, la prima volta che mi ha visto, mi ha accolta come fossi un Re (io che in realtà sono un giullare appartenente alla plebe!). E' stata bravissima come tutti i suoi compagni di viaggio! Vorrei che questi eventi venissero portati nelle scuole. Dobbiamo riprenderci la nostra infanzia, dobbiamo ritornare alla semplicità delle cose! Ad inchinarci alla manificenza della nostra fantasia condotta abilmente da questi cantastorie che ti prendono per mano e ti portano con sè lungo tutto il percorso. Per quello che vale gli ringrazio tutti per avermi regalato questi bei momenti....