Politik | Dobbiaco

“La vera autonomia è nella convivenza”

Il sindaco Bocher fa la scelta inversa di Caramaschi: “A 72 anni lascio per il sociale”. Il gruppo italiano in Pusteria, l’Alto Adige, i giovani e il futuro da cogliere.
Guido Bocher, Dobbiaco
Foto: AVS

salto.bz: Guido Bocher, sindaco di Dobbiaco, perché dopo 30 anni di vita amministrativa ha deciso di non ricandidarsi alle prossime comunali?

Guido Bocher: è una decisione che ho preso facendo riferimento soprattutto all’età: quest’anno compio 73 anni (il 14 luglio, ndr) e in cinque anni si arriva a 78. Mi pare non del tutto responsabile verso la cittadinanza andare avanti ancora per un impegno complesso, un nuovo mandato quinquennale. Bisogna infatti avere la possibilità fisica per espletare l’incarico appieno. Penso sia giusto dunque che dare spazio a nuove leve, a nuove forze più fresche. Quello che ho fatto continuerò a farlo con entusiasmo fino al 3 di maggio e poi continuerò in altra forma.

Cosa farà dopo, ha già deciso?

Sono in debito con i miei concittadini che mi hanno rieletto nel secondo mandato con una preferenza molto ampia, il 77% dei consensi, e dunque resto a disposizione. Continuerò a dare il mio contributo alla comunità.

Perché non mi ricandido? Quest’anno compio 73 anni e in cinque anni si arriva a 78. Mi pare non del tutto responsabile verso la cittadinanza andare avanti. Ma continuerò a dedicarmi alla comunità, a partire dal sociale

In quali forme?

I miei sono interessi di carattere generale, culturale, storico e anche sociale. Resterò attivo in questi campi, ma non ho ancora deciso nulla di specifico.

Riguardo alla sua scelta, a Bolzano il suo collega Renzo Caramaschi, nato un anno prima di lei, ha da tempo deciso di ripresentarsi. Lei gli avrebbe consigliato diversamente?

Non mi permetterei mai di farlo naturalmente. Ognuno compie una scelta che rimette a livello personale. Per quanto mi riguarda io credo di aver dato un po’ tutto, in un’esperienza che non è stata certo breve, e mi sembra ragionevole cambiare.

Ho un anno in meno di Caramaschi, è vero. Lui invece ha deciso di ricandidarsi: è una scelta personale

Per chi non la conosce come sindaco, quali sono state le tappe che si intrecciano nel suo percorso biografico ed amministrativo?​

Sono nato a Dobbiaco, da genitori di origine trentina, e ho fatto la mia carriera nel pubblico, da funzionario della Provincia di Bolzano. Nel 1990 sono entrato in giunta comunale, da dieci anni faccio il sindaco. In giunta comunale, oltre alle competenze relative al gruppo linguistico italiano ho sempre esercitato anche altre diverse deleghe, nelle diverse legislature, mantenendo comunque sempre quella sull’urbanistica.

Com’è la storia della sua famiglia che la lega a Dobbiaco?​

Mia madre, Maria Avi, è originaria di Trento e venne in paese nel 1927. Nata nel 1904, ancora sotto il regime asburgico, mi ricordava che lei alle elementari aveva cantato con gli altri bambini quando giunse in stazione nel 1914 Francesco Giuseppe. Poi andò alle scuole femminili a Innsbruck e a guerra finita tornò in regione, a Dobbiaco, a lavorare in Comune. Mio padre invece, Nino Bocher, originario della Valsugana, venne in Pusteria più tardi. I miei genitori si sposarono nel 1943 e quattro anno dopo nacqui io come unigenito. Lui purtroppo morì giovane, mia madre invece è arrivata a 99 anni.

Sono stato eletto con un grande consenso dalla comunità di Dobbiaco, che ha scelto una persona radicata nel territorio, al di là dell’appartenenza linguistica. Prova di un’autonomia matura che include tutte le forze che la compongono

 

La val Pusteria è un territorio a prevalenza linguistica tedesca, lei un esponente del gruppo italiano: questo ha influito nella sua esperienza amministrativa?​

È una domanda che mi viene posta spesso, a cui rispondo con convinzione: io sono tutto sommato  il “complemento oggetto” (grammaticalmente), il vero “soggetto” protagonista è la comunità di Dobbiaco che ha votato una persona al di là del gruppo etnico o linguistico. Sono stato votato come persona nata e radicata nel mio paese, che amo. Una comunità della val Pusteria ha indicato una persona al di là dell’appartenenza linguistica. Credo che questo fatto sia espressione di un’autonomia intesa come “valore maturo”, indirizzato alla inclusione di tutte le forze che la promuovono: ovvero la forma la più efficace e opportuna per rappresentare e gestire la specificità di questa meravigliosa terra e promuoverla nel contesto europeo.

Il gruppo italiano a Dobbiaco gode di rispetto e considerazione: bisogna naturalmente attivarsi, essere inseriti, operare in seno a tutta la comunità, non vi è nulla di gratuito. Ma il sindaco è una persona che aiuta tutti, specie i più deboli

Spesso però nel dibattito torna il tema del disagio della comunità italiana in Alto Adige. Si avverte questa sensazione a maggior ragione nella “periferia”?​

Mi sento di affermare che il gruppo italiano goda a Dobbiaco di rispetto e considerazione: bisogna naturalmente attivarsi, essere inseriti nel contesto sociale, operare in seno a tutta la comunità, non vi è nulla di gratuito. Tante volte bisogna focalizzarsi più sui doveri che sui diritti. Nel mio operato da sindaco ho sempre cercato di trattare tutti nella medesima maniera. Il sindaco deve essere una persona tra la gente e capace di sostenere ed essere vicino soprattutto coloro che sono meno in grado di sostenersi da soli. L’aspetto sociale per me è fondamentale. Io dico spesso: da soli si va veloci, ma solo assieme si va avanti, specie in un contesto di amministrazione pubblica e di un piccolo centro.

Il suo rapporto con la politica e i partiti?​

Mi sento più un amministratore che un politico. Mi sono sempre candidato con una lista civica, “Indipendenti-Unabhängige”. In un consiglio comunale composto da 8 consiglieri Svp, 6 di un’altra civica di matrice tedesca e 4 della nostra lista, guido una giunta che rappresenta tutte le formazioni politiche. Mi sembrava giusto visto il consenso ricevuto porre le premesse per lavorare tutti assieme.

Io mi sento più amministratore che politico, ma i partiti restano importanti, non sono un incidente della storia. Fondamentale è mantenere il contatto con la gente e risolvere i problemi

Ma la relazione con le altre forze, a partire dall’Svp che guida la Provincia, è stata positiva o no, anche nel confronto istituzionale che va oltre Dobbiaco?​

Torno a dire che mi sento più amministratore che politico. Credo che i partiti politici non siano un incidente della storia ma una forma importante della democrazia, che dà forma alla necessità di convogliare il consenso. Bisogna vedere come si articolano e come riescono a stare a contatto con la gente. Non esistono piccoli o grandi problemi ma problemi puntuali: se un cittadino ha una criticità questa per lui è la priorità. La sfida delle istituzioni è cercare di venire incontro il più possibile alle esigenze delle persone.

A maggio le comunità altoatesine tornano al voto alle comunali. Che sono l’aspetto delle leggi elettorali che funziona di più

Le elezioni comunali del 3 maggio hanno un significato particolare?​

Le amministrative con l’elezione diretta del sindaco mi pare siano l’aspetto delle leggi elettorali che funzionano di più, e naturalmente sono calibrate sulle persone. Rappresentano un appuntamento importante per tutti i territori dell’Alto Adige, che come sappiamo è una terra come dico io bella e complessa, per la sua ricchezza etnica e linguistica che è un plusvalore.

Le identità, insegna Dobbiaco, possono convivere, nella dimensione locale o non solo?​

Certamente. Questo è un territorio di confine, come dice spesso il presidente Kompatscher è una piccola Europa, riassume le diverse anime. Stare assieme è un modo per crescere. Bisogna certo conoscere e rispettare la storia, sapere quanto è complessa. Si tratta di una sfida in positivo da saper cogliere: le generazioni future sapranno farlo, ne sono certo.

Questa è una terra di frontiera: l’Alto Adige come dice Kompatscher è una piccola Europa, riassume le diverse anime. Si tratta di una sfida in positivo che i giovani sapranno cogliere, ne sono certo

Il suo è un messaggio ottimista. 

Lo è. Pragmaticamente ottimista direi. Occorre lavorare, tessere concreti, seri, disponibili al dialogo e all’ascolto: allora le cose vanno avanti. Vanno conquistate, non vengono da sole, ma è così in tutto nella vita.

Un addio soddisfatto?​

Sono e rimango debitore della comunità. Ho sentito ogni giorno una grandissima responsabilità, non l’ho mai dimenticata.

Cosa lascio? In tutti questi anni abbiamo sostenuto l’anima sociale della comunità. Perché chi si dà da fare per gli altri ha il senso del noi piuttosto che dell’io

Su cosa soprattutto passa il testimone a chi verrà dopo di lei? ​

Non vado a elencare gli obiettivi raggiunti in questi anni, che sono sempre un risultato collettivo e non del singolo. Abbiamo sostenuto le associazioni, sportive, culturali, della solidarietà, l’anima sociale del paese. Perché chi si dà da fare per gli altri ha il senso della comunità, del tu e del noi piuttosto che dell’io. Questo è lo spirito che mi preme.

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Sepp.Bacher Di., 14.01.2020 - 22:43

"Non esistono piccoli o grandi problemi ma problemi puntuali: se un cittadino ha una criticità questa per lui è la priorità. La sfida delle istituzioni è cercare di venire incontro il più possibile alle esigenze delle persone." Diese Sätze sollte sich nicht nur Caramaschi zu Herzen nehmen, sondern noch mehr sein Vize Walcher. Dieser meinte, seine Projekte seien wichtiger und vorrangiger als jene von Lorenzini (Personenaufzug von Oberau bis zu den letzten Kondominien am Hang darüber)! Und wenn er von einem Seilbahnprojekt Centrum - Oberau spricht, dann könnte ja seine, dass es eine Synthese beider Ideen geben könnte, vorausgesetzt, die Seilbahn endet auch dort, wo der Aufzug enden sollte! Nicht das meine ist wichtiger, sondern vielleicht auch das deine und noch besser: wir vereinen die beiden Projekte um zu einer guten Lösung zu kommen! Aber diese Idee wird wohl schwer in den Kopf eines Volksparteilers passen?!

Di., 14.01.2020 - 22:43 Permalink