La bella intervista in video di Nino Luca (Corriere.it) a Romano Prodi spiega - molto di più di qualche un po’ goffa testimonianza diretta e al pari solo di pochissimi editoriali di commento - che cosa sia successo in Emilia Romagna.
Romano Prodi non è solo il fondatore dell’Ulivo, epocale Wende storica della politica italiana recente. E’ anche stato il deus ex machina nei rapporti tra Sudtirolo e istituzioni italiane nel percorso del gruppo parlamentare delle Autonomie in Senato (come ricostruisce il volume “Insieme per l’Autonomia”, edito da Raetia), esperienza che andrebbe riletta anche per aiutare la Svp a scegliere meglio i propri alleati futuri.
Ma Prodi è anche colui che, a proposito delle Sardine, confida che “mi dispiace di non averla organizzata io, quella loro prima manifestazione a Bologna”, così affollata e lungimirante, dello scorso autunno.
E dice anche un’altra cosa, nell’intervista rilasciata a Nino Luca: “In Emilia non si esagera mai”. L’allusione è a mister “io rifarei tutto”, che non è un atleta sportivo non disposto ad ammettere i propri errori, ma un parlamentare in carica.
In Emilia non si esagera ma si è governato bene, almeno rispetto alla media nazionale. Ma quello che colpisce di queste elezioni (prescindendo da quelle calabresi, pure importanti) è costituito da stile, linguaggio, cultura politica e cultura tout court. Un bagaglio di comportamenti e di rapporto con la Res publica del quale ora fa bene il Pd a individuare i non pochi punti di contatto e di intreccio con il proprio lavoro.
Si tratta anche di un baule metaforico (ma forse anche reale) pieno di libri, di appunti dei governanti regionali emiliani sui bisogni dei cittadini. In questo baule non ci sono né trombette da stadio, né citofoni magari con il ronzìo, né un paio di bicchierini da superalcolico pieni di granelli di sabbia e di plastica e di cicche non gettate “negli appositi contenitori”.
Una simbologia del “me ne frego” ammantata da un populismo non credibile e da un sovranismo senza qualità.
In Emilia non si esagera ma si è governato bene, almeno rispetto alla media nazionale. Ma quello che colpisce di queste elezioni (prescindendo da quelle calabresi, pure importanti) è costituito da stile, linguaggio, cultura politica e cultura tout court
Nell’impegno di chi ha fatto vincere in Emilia Romagna il bravo e onesto governatore uscente, non ci sono simboli “bassi” e fasulli, né la retorica dell’uomo solo al comando che continua a fare errori, non ultimo quello di aver dimenticato che tra lui e Coppi e Bartali esiste un divario più esteso di mille oceani.
Ci sarebbe molto da imparare anche dalla bella competizione tra due campionissimi del ciclismo. E non solo dai libri di Storia, dalle esperienze politiche proprie e di altri. Poi, farne tesoro se possibile. Così, tanto per non offendere interi quartieri come il Pilastro di Bologna con la gag del citofono, oppure l’intera comunità di Bibbiano, paese reggio-emiliano teatro di reati da indagare e punire con severità.
Prodi si dichiara anche convinto che la Sinistra si debba rinnovare: ma qui, a giudicare delle forze politiche in campo, dobbiamo auspicare certamente maggior impegno nei partiti ma anche un potentissimo amuleto.
Dell’intero scenario che abbiano provato a disegnare, Romano Prodi intende rimarcare le cose buone e quelle ributtanti. I partiti dell’Alto Adige Südtirol possono trarne le loro conclusioni, a partire da alcuni esponenti leghisti che si sono trasformati (e sono stati legittimati) da quando si sono messi al servizio di alcune nostre comunità attraverso le nostre istituzioni.
Comunità e istituzioni della nostra provincia dove, anche, dovrebbe valere sempre l’indicazione di “non esagerare”. Lasciando ad altri gli urlacci, i vaffa, i cori xenofobi e, se possibile, l’esercizio di dire le bugie.