Le valutazioni, a dir poco severe, con le quali un giudice bolzanino è intervenuto, in fase di sentenza, sulle caratteristiche del Tar altoatesino e che sono ampiamente riportate nel racconto fattone, nei giorni scorsi su Salto, da Christoph Franceschini finiscono per riproporre, per l’ennesima volta, un tema tra i più controversi di tutta la storia dell’autonomia altoatesina. Riassumiamolo in estrema sintesi: il magistrato afferma che i giudici amministrativi della sezione bolzanina, coinvolti in una controversia giuridica nei confronti di un’avvocatessa, devono scontare, ad onta della loro personale integrità e professionalità, il peso di un peccato d’origine. La loro nomina, caso unico nel sistema giudiziario italiano, è frutto di una scelta politica da parte di un organo politico.
Abbandoniamo ora la questione di specie che ha dato origine al brusco rilievo del giudice bolzanino e cerchiamo di capire la genesi storica di questo ennesimo esempio di assoluta particolarità della situazione altoatesina rispetto al contesto nazionale. La questione inizia ovviamente con la lunga genesi, nel corso degli anni 60, della seconda autonomia altoatesina che viene a trovare sostanza, con la chiusura del decennio, nella redazione del famoso “Pacchetto”. Una delle 137 misure in esso contenute, per la precisione quella riportante il numero 85, viene poi trasfusa, al momento di passare dalle intenzioni ai fatti nel dettato del nuovo Statuto. Di seguito gli articoli che ci interessano.
TITOLO IX
Organi giurisdizionali
90. Nel Trentino-Alto Adige è istituito un Tribunale regionale di giustizia amministrativa con una autonoma sezione per la provincia di Bolzano, secondo l’ordina-mento che verrà stabilito al riguardo.
91. I componenti della Sezione per la provincia di Bolzano di cui all’articolo 90 del presente Statuto devono appartenere in egual numero ai due maggiori gruppi linguistici. La metà dei componenti la sezione è nominata dal Consiglio provinciale di Bolzano. Si succedono quali Presidenti della sezione per uguale periodo di tempo un giudice di lingua italiana ed un giudice di lingua tedesca assegnati al collegio. Il Presidente è nominato tra i magistrati di carriera che compongono il collegio, con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del consiglio dei Ministri. Al Presidente della Sezione è dato voto determinante in caso di parità di voti, tranne che per i ricorsi avverso provvedimenti amministrativi lesivi del principio di parità tra i gruppi linguistici e la procedura di approvazione dei bilanci regionali e provinciali.
92. Gli atti amministrativi degli enti ed organi della pubblica amministrazione aventi sede nella Regione, ritenuti lesivi del principio di parità dei cittadini in quanto appartenenti ad un gruppo linguistico, possono essere impugnati dinanzi alla autonoma sezione di Bolzano del Tribunale regionale di giustizia amministrativa, da parte dei consiglieri regionali o provinciali e, in caso di provvedimenti dei Comuni nella provincia di Bolzano, anche da parte dei consiglieri dei Comuni di tale provincia, qualora la lesione sia stata riconosciuta dalla maggioranza del gruppo linguistico consiliare che si ritiene leso. […]
93. Delle sezioni del Consiglio di Stato investite dei giudizi d’appello sulle decisioni dell’autonoma sezione di Bolzano del Tribunale regionale di giustizia amministrativa di cui all’articolo 90 del presente Statuto fa parte un consigliere appartenente al gruppo di lingua tedesca della Provincia di Bolzano.
La norma parla abbastanza chiaro. Il punto chiave è quello contenuto nell’articolo 91 che prevede la parità etnica tra i giudici della sezione, metà dei quali deve essere nominata dal Consiglio provinciale altoatesino.
Con ciò viene contraddetto in maniera totale il principio generale che informa tutto il sistema giudiziario italiano e in base al quale non possono esistere magistrati di nomina politica. Tanto per essere chiari i giudici amministrativi che vanno a comporre i Tribunali del resto d’Italia sono scelti per concorso cui possono accedere tutti coloro che sono in possesso di determinati requisiti.
L’articolo 92 dello Statuto ci fornisce, subito dopo, la ragione che viene addotta da chi elaborò la norma per giustificare una simile macroscopica eccezione. Al Tar bolzanino viene assegnata infatti la decisione sulle controversie originate dall’impugnazione, da parte dei consiglieri provinciali o regionali o anche da parte di quelli comunali, di atti amministrativi giudicati lesivi del principio di parità linguistica dei cittadini. Si parte dunque da un atto amministrativo giudicato lesivo della parità linguistica. A seconda dell’ente che lo ha emanato esso potrà essere impugnato davanti al Tar su decisione, presa a maggioranza, dei componenti di un gruppo linguistico del Consiglio regionale, di quello provinciale o di quello comunale.
È questa la famosa competenza, che peraltro rientrerebbe perfettamente nella comune sfera decisionale di un Tar che si occupa unicamente di controversie tra cittadini e pubblica amministrazione, che giustifica la clamorosa eccezione riguardante il criterio di nomina dei magistrati.
Questa la norma statutaria del 1992, che, come molte altre non è direttamente applicabile. Occorre una specifica norma di attuazione. La questione è tra le più delicate dell’intera materia statutaria, fonte di innumerevoli contrasti e polemiche, sia in campo giuridico e politico e dovrà attendere, per essere varata, oltre un decennio. Si deve arrivare infatti sino all’8 agosto del 1984 perché la Gazzetta Ufficiale pubblichi il testo elaborato dalla Commissione dei sei e approvato, nell’aprile di quell’anno, dal Consiglio dei Ministri. La norma entra nello specifico dei meccanismi di nomina dei giudici e del funzionamento della Sezione, che può finalmente entrare in funzione ponendo fine ad un lunghissimo periodo di vacanza, nel quale, la giustizia amministrativa in Alto Adige aveva potuto contare su un solo grado di giudizio, quello davanti al Consiglio di Stato. È una formulazione, quella della norma, che possiamo saltare a piè pari, perché sostanzialmente modificata nel corso del tempo. L’ultima versione è quella varata dal Governo il 5 maggio 2017 e che resta tuttora vigente. La novità sostanziale che essa propone, escogitata per superare tutta una serie di impasse procedurali che si erano verificate nel corso del tempo, è quella in base alla quale la nomina, sempre da parte del consiglio provinciale altoatesino, di quattro degli otto giudici del Tar avviene sulla base di una lista delle candidature disponibili elaborata da una commissione di esperti. Gli altri quattro giudici continuano ad essere nominati dal Governo con l’intesa, sempre da parte del Consiglio provinciale, dei due nomi di madrelingua tedesca. Cambia il meccanismo, dunque, ma resta immutato il principio fondamentale secondo il quale la nomina dei giudici del Tribunale amministrativo del Bolzano avviene in base a una scelta fatta da organi politici.
Sin qui la storia che ha sollevato, come detto, numerose polemiche nel corso del tempo, l’ultima delle quali rimbalza, in questi giorni, dalla sentenza emessa dal giudice bolzanino.
C’è da domandarsi, in conclusione, se, nell’ambito di quel lavoro di manutenzione straordinaria dello Statuto che, come ama ricordare spesso e giustamente il giurista Francesco Palermo, sarebbe assai urgente affrontare, non sarebbe doveroso rimetter mano ad un meccanismo che nel corso del tempo, e sono passati quasi cinquant’anni dalla sua messa in opera, ha mostrato una sostanziale inutilità rispetto agli scopi per cui era stato creato. A memoria di cronista non vi sono stati, in mezzo secolo, quegli episodi di conflitto etnico per i quali il Tar di nomina politica avrebbe dovuto essere giudice. La clamorosa eccezione ad un principio generale dell’ordinamento appare oggi più ingiustificata che mai. È una vicenda che fa il paio con quella di un’altra norma molto contestata dello Statuto, quella che impone una moratoria di quattro anni di residenza a chiunque voglia esercitare il fondamentale diritto di voto nelle votazioni amministrative in Alto Adige. In quel caso perlomeno si trattava, nei tempestosi anni 60, di scongiurare un’alterazione della base elettorale a danno delle minoranze linguistiche, per la presenza sul territorio di consistenti nuclei di personale statale. Una realtà che si è risolta nel tempo e che comunque l’attuale assetto del pubblico impiego, con l’utilizzo della proporzionale, impedisce assolutamente che si possa verificare. Eppure l’impedimento al diritto di elettorato attivo resta in vigore.
Sono, come si diceva, questioni sulle quali occorrerebbe riflettere nel momento di metter mano alla revisione statutaria, eppure non sono certo quelle emerse quando, durante i lavori della famosa Convenzione, di questi argomenti si sarebbe pure dovuto parlare.
In realtà a prevalere è stato un altro tipo di visione: quella secondo la quale il perimetro dell’eccezionalità autonomistica non può mai essere in alcun modo compresso, ma può essere solo aumentato in ogni direzione. Basti pensare, per restare in argomento, che è circolata l’ipotesi di completare il processo della giustizia amministrativa “speciale” dell’Alto Adige con la creazione di una sezione ad hoc del Consiglio di Stato.
Nel brevissimo intervallo tra la stesura di queste note e la loro pubblicazione, Christoph Franceschini ha pubblicato il testo di una bozza di norma in esame presso la Commissione dei 12, nella quale si prevede la normina,da parte del Governo su indicazione del Consiglio provinciale, anche di due giudici della sezione bolzanina della Corte dei Conti, altro importante organo di controllo dell'attività politico- amministrativa.
Come volevasi dimostrare.