Politik | L’intervista

“Questo referendum non andava fatto”

Taglio dei parlamentari, il costituzionalista Francesco Palermo sulle criticità della riforma, l’identificazione dei mali del Paese con la casta e i peccati di superbia.
Francesco Palermo
Foto: Twitter/Council of Europe

salto.bz: Professor Palermo, 183 costituzionalisti sono pronti a votare No al referendum confermativo sul taglio dei parlamentari del 20 e 21 settembre, lo è anche lei?

Francesco Palermo: Ritengo che i costituzionalisti debbano evitare di fare appelli. Il nostro mestiere è quello di spiegare le cose, porre invece la propria opinione come politicamente rilevante credo sia un esercizio di superbia, di hýbris, direi.

I suoi colleghi scrivono che “la materia costituzionale non può essere svilita fino a diventare argomento di mera propaganda elettorale”.

Certo che la Costituzione non deve essere svilita, ma cosa significa svilirla? La Costituzione è di per sé evidentemente una materia politica poiché incide sul funzionamento della vita pubblica. È intrinsecamente politica, potremmo dire. Detto questo nel momento in cui si fa un referendum la questione diventa a maggior ragione politica, e non ci trovo alcuno svilimento in questo. Del resto il referendum è una procedura prevista dalla Costituzione su una materia regolata dalla Carta stessa.

Questa riforma ha un certo sapore anti-politico?

Senza dubbio, ma non per questo non si può proporre una riforma.

Si può benissimo lavorare con un Parlamento più piccolo, ma questo deve essere il punto finale di una riforma, non quello di partenza. Si costruisce forse una casa partendo dal tetto?

La consultazione non avrà quorum perché non si tratta di un voto abrogativo. “La Costituzione è il portato della civiltà di un popolo e ogni sua revisione deve essere supportata dal massimo consenso possibile”, sostengono i costituzionalisti. Che ne pensa?

È la stessa Costituzione che prevede le procedure per una riforma costituzionale. Dal punto di vista giuridico, ed è per questo che in quanto costituzionalisti dovremmo restare nel nostro ambito e non travalicarlo, se vanno a votare 10 persone il referendum è valido lo stesso.

Il fronte del No parla di rischio oligarchia…

Intendiamoci, più gente vota (cosa auspicabile da un punto di vista socio-politico) maggiore è la legittimazione complessiva, ma questo in termini di regole non ha alcuna rilevanza. Si proponga altrimenti una riforma costituzionale che modifichi il procedimento di revisione dell’articolo 138.

 

Entriamo nel merito della riforma, il Parlamento sarebbe davvero più efficiente?

Nutro molti dubbi su questa riforma e non è una questione ideologica ma di sostanza fattuale. I numeri da soli dicono poco, il guaio sono le procedure. Il primo problema è l’ordine temporale della riforma. Mi spiego: si può benissimo lavorare con un Parlamento più piccolo, ma questo deve essere il punto finale di una riforma, non quello di partenza. Si costruisce forse una casa partendo dal tetto? Se in questo momento togliessimo una fetta di parlamentari dalle due camere si paralizzerebbe tutto. La riforma potrebbe funzionare se si facesse una serie di altre modifiche che sono di natura elettorale, regolamentare, che riguardano le modalità di lavoro, le tipologie di sedute, la divisione dei tempi tra il lavoro di Aula e di commissione, e anche i tempi che devono essere dati all’opposizione, un piccolo dettaglio, quest’ultimo, di cui non si parla mai.

Parliamone.

Le minoranze parlamentari hanno già tendenzialmente pochi diritti, non c’è uno statuto dell’opposizione che ne tuteli il peso parlamentare, ed è una grave mancanza a cui bisognerebbe ovviare. Se si riducono i tempi di lavoro e però i provvedimenti sono quelli e ci sono meno persone a occuparsene, ciò va a svantaggio delle opposizioni e non aiuta il dibattito parlamentare. Prima si modifica l’idea del Parlamento, poi si pensa ai numeri. Vogliamo che non tutta la rappresentanza passi dal Parlamento ma anche da altre sedi? Allora tagliamo i parlamentari, almeno il motivo sarebbe più nobile. Al posto di dire “risparmiamo” sulla spesa pubblica, che è piuttosto risibile.

Il Parlamento viene usato come il ritratto di Dorian Gray della società, dove si accumulano tutte le crepe del sistema. I cittadini sono tutti bravi e onesti, mentre “quelli lì” sono brutti sporchi e cattivi. Dobbiamo capire che se vogliamo migliorare la qualità della rappresentanza “sputare” costantemente addosso ai parlamentari di certo non aiuta.

Il primo problema è quindi che il taglio dei parlamentari si farebbe senza altri interventi sull’impianto istituzionale. Il secondo?

Riguarda cosa diventa il Parlamento con questa modifica. Verrebbe meno la distinzione, anche se piccola ormai ma pur sempre presente, fra le due camere. Ci sarebbe una distribuzione asimmetrica dei senatori secondo un criterio basato sulla popolazione più che sulle regioni per evitare effetti distorsivi, e bisognerebbe quindi rifare tutti i distretti elettorali per il Senato. Palazzo Madama a quel punto diventerebbe il doppione della Camera, non avremmo 200 senatori e 400 deputati, ma ci ritroveremmo con 600 deputati.

Bisognerebbe ragionare su un sistema monocamerale?

Ragioniamoci, rispondo, ma se ne sta discutendo? No. Possiamo pensare per esempio di togliere la seconda camera e farne un organo di rappresentanza territoriale. A quel punto è sufficiente un Parlamento composto da 400 parlamentari e poi si istituisce una Conferenza delle Regioni costituzionalizzata. Insomma, ci sono tante questioni importanti che vengono messe in moto e che però questa riforma non approccia nemmeno lontanamente. Apre il vaso di Pandora, ma non dà alcuna risposta.

Il Trentino-Alto Adige perderà un seggio al Senato, passando da 7 a 6, e alla Camera da 11 a 7. I rappresentanti delle opposizioni non avrebbero in pratica alcuna chance di entrare in Parlamento, non è così?

Questo è un tema, è vero, anche se allo stato attuale è già un po’ così. Lo scoglio comunque può essere superato modificando il sistema elettorale.

Comunque vada a finire questo referendum sarà un insuccesso

Il generico sentimento anti-casta sarà appagato se vincerà il Sì?

Il clima di sfiducia non cambierà. A mio avviso fare questo referendum è uno sbaglio perché se vince il Sì avremo i danni che ho elencato, se vince il No sembrerà che la casta si sia ribellata. Mi torna in mente Di Maio, ha dichiarato che il No è il voto dei palazzi e dell’establishment. Che lo dica il capo della Farnesina, il secondo palazzo più grande d’Italia dopo la Reggia di Caserta, fa sorridere. Ma al di là delle battute il punto è che le contraddizioni non mancano.
Il fatto è, e lo dicevo già quando ero senatore, che il Parlamento viene usato come il ritratto di Dorian Gray della società, dove si accumulano tutte le crepe del sistema. I cittadini sono tutti bravi e onesti, mentre “quelli lì” sono brutti sporchi e cattivi. Dobbiamo capire che se vogliamo migliorare la qualità della rappresentanza “sputare” costantemente addosso ai parlamentari di certo non aiuta. L’errore genetico di fondo è credere che il Parlamento sia il male assoluto. La presenza di alcuni parlamentari scandalosi non implica che tutta l’istituzione sia un covo di ladri. Ma invece si fa di tutta l’erba un fascio, e il comportamento quantomeno ipocrita da parte della classe politica ci mette del suo. Basta guardare al giochino squallido andato in scena in Parlamento: prima si è fatto in modo di evitare di raggiungere nel secondo passaggio la maggioranza qualificata dei due terzi in ciascuna camera, poi si è arrivati al voto finale alla Camera con un plebiscito a favore del disegno di legge costituzionale sul taglio dei parlamentari. Quelli che si erano inizialmente opposti hanno in ultimo votato sì per far vedere che erano tutti a favore della riforma.

Perché i cittadini dovrebbero andare alle urne per il referendum?

Non è un caso che si accorpino referendum ed elezioni. Alle comunali e alle regionali la gente a votare ci va, quindi è indubbio l’effetto traino. Invece per un referendum del genere, peraltro avulso dalle questioni che interessano direttamente i cittadini, non si scomoderebbe probabilmente quasi nessuno.
In ogni caso comunque vada a finire questo referendum sarà un insuccesso.