Eva Lechner
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Gesellschaft | Finferli e nuvole

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Sabato Eva Lechner ha conquistato la medaglia d'argento ai Mondiali in Austria. È dal Duemila che vince. Eppure di lei si scrive e si parla poco.

Ogni tanto la vedo allenarsi sullo strappo che da S. Michele di Appiano porta a Cornaiano. O sulla salita che si infila nella pineta di Monticolo. Capita anche che indossi la maglia della nazionale azzurra. Uno scricciolo che si perde nelle ruote della sua mountain bike da 29 pollici.

Eva Lechner.

Sabato ha conquistato la medaglia d'argento ai Mondiali in Austria. Un risultato incredibile. A 35 anni. Che va ad aggiungersi alle decine di altri successi, ai titoli italiani, alle vittorie nel ciclocross, agli ori mondiali nella staffetta mtb. È dal Duemila che vince. Eppure di lei si scrive e si parla poco.

In Belgio o in Olanda sarebbe una star. Come i campioni van der Poel, Evenepoel, Van Aert.

Eva, qui da noi, è schiacciata da due giganti mediatici: Dorothea Wierer e Tania Cagnotto. Una vera star anche in Russia, la prima, così come sui canali tedeschi; spesso in Tv e richiestissima negli spot pubblicitari, la seconda. Tutte e due anche al Giro d'Italia 2020, in qualità di ambasciatrici femminili dello sport.

 

Eva vince tanto e lo fa in silenzio. Ha scelto la bici. Ma preferisce di gran lunga quella con le ruote grosse, la mountain bike. E come poteva essere altrimenti?

Nella mtb l'Alto Adige tedesco pedala fortissimo. È stato campione d'Italia Mike Felderer, sono stati addirittura campioni del mondo Hubert Pallhuber e Gerhard Kerschbaumer.

Su strada, invece, non corre nessuno. E, se non vado errato, non ha mai corso nessuno nemmeno in passato.

Chissà perché. C'è una natura etnico-ciclistica? Un'eredità ciclogenetica? Una vocazione culturale al pedale?

I pochi pedalatori su bici da corsa sono stati tutti quanti altoatesini di lingua italiana: Marchetti, Camin, Zanolini, Belluti; fino a qualche anno fa Quinziato.

Eva vince tanto e lo fa in silenzio

Trento, città assai meno ciclistica di Bolzano nella vita mobile di tutti i giorni, è invece una provincia eminentemente agonistica con campioni che del ciclismo hanno fatto anche la storia: Michelotto, la dinastia Moser, i Fondriest, Simoni, Piccoli, Bertolini, Bertagnolli; e, oggi, i Conci, i Benedetti, i fortissimi Oss e Trentin...

Al Giro d'Italia di quest'anno la presenza trentina è tra le più cospicue in gruppo. Se poi dovessimo rapportarne il numero a quello degli abitanti, la provincia di Trento straccerebbe tutte le altre.

Proprio Eva Lechner è un'eccezione. In alcune occasioni ha messo le sue ruote anche sull'asfalto e nel 2007 ha vinto il titolo di Campionessa Italiana su strada.

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Hartmuth Staffler Di., 13.10.2020 - 16:20

Was soll dieser von ethnischer Abneigung (möglicherweise sogar Hass) geprägte Artikel gerade aus Salto, das ja angeblich der ethnischen Trennung abgeschworen hat?

Di., 13.10.2020 - 16:20 Permalink
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Hartmuth Staffler Di., 13.10.2020 - 17:02

Antwort auf von Jens Hueber

Ich habe von Abneigung (möglicherweise Hass) geschrieben. Ich lese das aus jeder Zeile, vor allem hier: "C'è una natura etnico-ciclistica? Un'eredità ciclogenetica? Una vocazione culturale al pedale?" Die Italiener haben uns laut Siegesdenkmal die Kultur gebracht, aber laut Fabio Marcotto hat uns die italienische Fahrradkultur noch nicht erreicht.

Di., 13.10.2020 - 17:02 Permalink
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Salto User
Sepp.Bacher Di., 13.10.2020 - 19:36

Antwort auf von Hartmuth Staffler

Ich kann in Marcottos Text weder Abneigung noch Polemik heraus lesen. Für mich ist Marcottos Beitrag eine interessante Analyse der Realität. Mir war dieses Ungleichgewicht nicht so bewusst. Radsport - ob im Gelände oder auf der Straße/Bahn - habe ich nicht sehr im Blickfeld.
Interessant finde ich auch die Gegenüberstellung Eva Lechner versus Dorothea Wierer bzw. Tanja Cagnotto. Bei der Popularität und dem Werbewert dürften aber außer der Sportart auch persönliche Merkmale und die Extrovertiertheit eine Rollen spielen?

Di., 13.10.2020 - 19:36 Permalink