Gli scienziati non hanno nulla da perdere nel riconoscere che procedono per tentativi ed errori: di fronte al virus Sars-Covid-19, come a molte altre emergenze. La scienza prevede e controlla molti fenomeni, ma altri restano incompresi allo stato attuale delle conoscenze. Pretendere dalla scienza certezze assolute è da ingenui, come pure pensare che siccome non abbiamo certezze assolute, siamo al punto zero. Sappiamo curare malattie e ferite, aggiustare fratture, alleviare dolori; e l'insieme delle conoscenze che permettono tutto questo ci dice che la miglior difesa di cui al momento disponiamo contro il virus è il vaccino – salvo credere al complotto mondiale e allora vabbè.
I no-vax si fanno sentire in tutti i paesi ed è evidente che le loro perplessità nascono dalla paura e dall'incertezza
Anche se non (ancora) legalmente, si profila di fatto un sostanziale obbligo di vaccinarsi, visto che il non vaccinato non ha il green pass, e chi non ha il green pass è escluso da tutta una serie di luoghi. I no-vax si fanno sentire in tutti i paesi ed è evidente che le loro perplessità nascono dalla paura e dall'incertezza. Sul piano giuridico, l'argomento più forte e serio che i dubbiosi avanzano ha a che fare con un diritto inviolabile della persona: “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”, recita il secondo comma dell'articolo 32 della Costituzione. Non mancano diverse e finanche opposte interpretazioni di questo principio e c'è abbondante materia per dotte disquisizioni. A me sembra importante tener fermo questo punto: il Covid-19 è una malattia che non colpisce solo la persona, ma la collettività. Dunque non è solo un problema della persona, ma della collettività.
Io posso contagiare te, e tu me, anche se non ci conosciamo e perfino se ci evitiamo. È come se tutti i nostri corpi fossero cellule di un corpo più grande...
Una malattia o un infortunio sono in fondo questioni private; nessuno ci impedisce in quei casi di scegliere il trattamento che vogliamo - e così dovrebbe essere anche la scelta sul fine vita! Ma le malattie infettive, appunto perché si trasmettono da persona a persona, smettono di essere affari privati. Io posso contagiare te, e tu me, anche se non ci conosciamo e perfino se ci evitiamo. È come se tutti i nostri corpi fossero cellule di un corpo più grande, aggredito da una malattia che non può essere vinta dalle singole cellule, ma solo da una cura che le tocca tutte (o quasi). Prenderne atto comporta assumere la responsabilità delle nostre azioni, la responsabilità di ogni cellula nei confronti del corpo che la ospita.
La persona si illude se pensa di chiamarsi fuori dalla pandemia; lo stesso i singoli stati, anche se la loro scelta è favorevole al vaccino
La persona si illude se pensa di chiamarsi fuori dalla pandemia; lo stesso i singoli stati, anche se la loro scelta è favorevole al vaccino. Si legge di paesi che hanno acquistato tante dosi, da vaccinare più volte la loro popolazione. I governi cercano in prima linea di proteggere i propri cittadini e ciò è comprensibile. Ma se al mondo rimangono zone dove il virus circola, si riproduce e muta, potranno nascere varianti che bucano la protezione data dai vaccini; e dunque alla fine lo stato non avrà protetto neppure i suoi. Di nuovo: è il corpo collettivo che dobbiamo considerare e curare, il corpo formato da tutte le persone al mondo, non singole cellule di esso.
… correnti culturali che favoriscono la risposta individualistica alla minaccia collettiva
L'esistenza di un corpo collettivo è una grande lezione della pandemia. La resistenza ad accettarla è forte e per più di una ragione.
Intanto c'è un fattore istintivo: in situazioni di pericolo, ogni essere umano pensa a salvare se stesso e dopo gli altri, semmai: riflesso che peraltro ha la sua razionalità. A livello culturale, due correnti favoriscono la risposta individualistica alla minaccia collettiva. Come è noto viviamo nell'epoca post-truth o post-faktisch, come la definì Angela Merkel; e il post-faktisch vale a maggior ragione per i numeri e gli scenari: ognuno può farsi i suoi, tanto la realtà non esiste e uno vale uno. Dunque non c'è alcuna pandemia e neppure un corpo collettivo. L'altra corrente è l'ideologia dell'io, dominante dopo la stagione collettivistica degli anni sessanta e settanta del secolo scorso: finita l'aspirazione a una maggiore giustizia sociale, non resta che l'io come unico arbitro, e nessuno ha il diritto di sindacare, a maggior ragione in una questione decisiva come la salute.
Sul piano più strettamente locale è evidente l'influenza dell'area tedesca, dove i no-vax si fanno sentire con gran rumore, raccogliendo a loro volta correnti di pensiero dalle origini più diverse. Non secondaria è anche l'idea che molti sudtirolesi hanno di se stessi: siamo forti, viviamo a contatto con la natura, non ci lasciamo imporre niente. Heinrich Heine lo dice in maniera cattiva: “Gente sana, forse perché troppo stupida per potersi ammalare”, o per pensare di poter contrarre il Covid.