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Cell

Tutti gli utenti del telefono cellulare si trasformano in zombie privi di volontà, e la differenza rispetto a prima qual è?
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E’ tratta dall’omonimo romanzo di Stephen King questa insulsa pellicola e, a giudicare dalla propensione dello stesso King per riadattamenti imbarazzanti dei suoi (talvolta imbarazzanti) romanzi, si potrebbe quasi azzardare che il maestro dell’horror, che peraltro firma anche la stessa sceneggiatura, ne sia rimasto soddisfatto.

In questo caso si è trattato di una sfida impossibile che neppure i due grandi nomi (John Cusack e Samuel L. Jackson) sono riusciti a salvare.
Se nell’immaginario horror, volendo dare per forza una dignità sociologica al genere, gli zombie sono stati accostati all’omologazione delle masse umane ed ai pochi umani sopravvissuti il ruolo dell’elite intellettuale, con Cell ogni tentativo di dare spessore, o riconoscere un valore indiretto al film fallisce miseramente. Un po’ come provare ad enunciare una teoria scientifica a suon di rutti o altri simpatici rumori corporali.

In pratica il meccanismo che rende zombie è legato all’uso del telefono cellulare che, inviando un segnale al cervello rende tutti schiavi ed elementi passivi di un’unica intelligenza diffusa.

Al di la della rozzezza del messaggio che ci mette in guardia dall’uso di questa tecnologia (“mi raccomando!!! Non fatevi usare dal vostro telefono cellulare!!! Siate moderati!!!”) sulla quale sarebbe invece urgente effettuare un’analisi degli effetti nefasti che il suo uso ha sulla salute, sulla personalità e il carattere delle persone più indifese, anche i meccanismi narrativi che una storia del genere richiederebbe, semplicemente per reggersi in piedi, non sono assolutamente all’altezza.

Tuttavia non ci troviamo neppure di fronte ad un lavoro in cui la cifra stilistico narrativa sta nel trash e nel cattivo gusto, in Cell tutto è fatto con estrema serietà e l’umorismo è assolutamente involontario.