Gesellschaft | Bolzano

Carcere, è scontro aperto

Il sindacalista della UILPA polizia penitenziaria Fato: “Malagestione, entrano droga e telefonini di contrabbando”. La direttrice Nuzzaci: “Niente strumentalizzazioni”.
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Foto: upi

Siamo in una situazione disastrosa, manca il personale, ci capita di fare turni anche con 2-3 agenti in servizio in tutto l’istituto, e ciò si deve anche alla malagestione da parte della direttrice, che continua a ignorare le nostre richieste”. È un fiume in piena Franco Fato, sindacalista della Uil penitenziari, in servizio all'interno del carcere di Bolzano, dove un paio di settimane fa un detenuto non è rientrato, dopo aver usufruito del permesso concesso dal magistrato di sorveglianza su parere favorevole della direttrice Anna Rita Nuzzaci, che getta acqua sul fuoco: “Le evasioni possono succedere e sono il rischio che il legislatore ha accettato per rendere il carcere più umano”.

È un conflitto, quello fra le due parti, che si è inevitabilmente incancrenito a causa delle croniche criticità che caratterizzano la casa circondariale di via Dante, definita, già nel 2012, da Antigone, l'associazione non governativa che si interessa della tutela dei diritti e delle garanzie nel sistema penale, una struttura “obsoleta (l’edificio risale alla fine dell’800, ndr), poco luminosa e priva di spazi sufficienti”. I lavori per il nuovo carcere, che verranno realizzati dalla vincitrice della gara d’appalto, la Inso, controllata della della società romana Condotte spa, dovrebbero partire, dopo vari ritardi, nel 2017 e saranno effettuati attraverso il project financing, primo caso in Italia, come peraltro riportato anche all'interno di una recente inchiesta a cura di VICE News sul “business” delle carceri private.

Il nodo delle evasioni

“Siamo alla quinta evasione quest’anno, e il 2016 non è ancora finito, ora ci sono le vacanze natalizie e i permessi si moltiplicheranno, con il rischio di altre fughe - tuona Fato -; già un’altra volta il magistrato aveva concesso un permesso, purché scortato, a un detenuto pluripregiudicato che voleva accompagnare la figlia a fare una visita, ma la direttrice si era impuntata, scrivendo al giudice che la scorta non era necessaria perché il soggetto si era comportato bene, il risultato? Il detenuto non si è presentato in carcere”. Rispedisce le critiche al mittente Nuzzaci: “Non ho mai detto che il detenuto non dovesse avere la scorta, è stato lui stesso ad aver fatto un reclamo e scritto una lettera al magistrato che io ho trasmesso, poi, è vero, il detenuto ha approfittato della situazione ma si era sempre comportato bene fino a quel momento e, per inciso, era stato il personale stesso a segnalare la frustrazione del recluso circa la scorta”. E ancora: “Voglio precisare che il mio parere è obbligatorio e non vincolante, ci sono stati casi in cui abbiamo dato il nostro assenso riguardo un determinato permesso e comunque non è stato concesso e viceversa”.

Negli anni ’80 la situazione all’interno degli istituti penitenziari era di fatto ancora più invivibile rispetto ad oggi, fra rivolte e proteste che si susseguivano costantemente. Motivo per cui vennero introdotti alcuni aspetti per migliorare le condizioni della detenzione e la cosiddetta liberazione anticipata: ogni detenuto che si è comportato in maniera irreprensibile durante la permanenza in carcere e indipendentemente dal reato commesso, può richiedere una riduzione di pena di 45 giorni (poi estesa a 75) per ogni semestre di pena scontata. Fatte tutte le valutazioni di rito è inoltre possibile concedere ai detenuti dei permessi, per esigenze di studio, lavoro o familiari, che servono per intessere contatti utili per il futuro e per favorire il reinserimento graduale nella società. Ma il meccanismo, secondo il sindacalista della UILPA, si è inceppato: “Entrano continuamente cellulari e droga, soprattutto quando si rientra da un permesso, a volte portiamo i detenuti in ospedale per fare una lastra e troviamo ‘il bottino’, altre volte non abbiamo questa possibilità. Per questo e altri motivi abbiamo chiesto le dimissioni della direttrice, ora vedremo se qualcuno prenderà provvedimenti”. Ridimensiona la questione Nuzzaci: “Non stiamo parlando di centinaia di telefonini o di chili di droga, ma comunque ci stiamo impegnando per rendere i controlli più rigidi, ma non si parla mai di quelle centinaia di permessi andati a buon fine, fa certamente più notizia quello andato male se lo si vuole strumentalizzare”.

"Noi rischiamo grosso qui dentro mentre a Bolzano sopravviviamo appena con uno stipendio statale e tutte le difficoltà economiche del caso, altroché 'isola felice'"

 


La “guerra” dei corsi

Ad oggi nel carcere di media sicurezza di via Dante sono rinchiuse 95 persone (la capienza è di 91), di cui 76 straniere, la maggior parte delle quali senza permesso di soggiorno, “Con i detenuti extracomunitari poi è difficile interagire, ci sono spesso delle risse e si finisce in ospedale, e la direttrice invece pensa a fare le attività formative”, osserva amaramente Fato, “noi rischiamo grosso qui dentro mentre a Bolzano sopravviviamo appena, con uno stipendio statale e tutte le difficoltà economiche del caso, altro che 'isola felice”. All’interno dell’edificio si tengono corsi scolastici, di computer, artigianato, teatro, chitarra, pittura creativa, disegno, e c’è anche un giornalino che esce 2 volte l’anno. “Siamo favorevoli a questo tipo di attività purché si mantengano certi limiti - dice Fato -, del resto la rieducazione del detenuto passa anche per il rispetto di regole e orari, non si possono fare i corsi fino alle 22/23 di sera, noi chiediamo solo di limitare gli orari fino alle 14 come avviene nelle normali scuole pubbliche”. Il timore è che possa succedere l’irreparabile dal momento che la sera il personale è ridotto al minimo. “Poco tempo fa - racconta Fato - un detenuto è stato aggredito e gli hanno spaccato la mascella, siamo rimasti con un agente che ha preso il posto del centralinista e gli altri sono dovuti correre in ospedale, tutto questo mentre erano in corso attività formative al piano terra, al primo piano e al secondo piano, e se fosse successo qualcosa agli insegnanti?”.

Nel mirino del rappresentante sindacale è, in particolare, il corso di cucina “dove 5, 6 ma anche 10 detenuti si trovano a maneggiare coltelli di 20-30 cm, come si fa a intervenire se scoppia una lite?”. Gli orari e l’organizzazione dei corsi, assicura Nuzzaci, saranno rivisti così da rendere il lavoro del personale più sicuro e tranquillo. Resta il fatto che “secondo l’ordinamento penitenziario l’amministrazione è obbligata a realizzare corsi di cucina all’interno del carcere cosicché i detenuti possano cucinare per gli altri, altrimenti chi lo fa?”, fa notare la direttrice che poi sottolinea: “Spesso si arriva qui senza alcuna professionalità e perciò bisogna crearla, in questa struttura c’è un’unica cucina e allora i corsi vanno fatti quando le persone non sono occupate a preparare i pasti. Cercheremo di spostare i corsi da un’altra parte del carcere ma la carenza degli spazi è un impedimento oggettivo”. Che si aggiunge alla mancanza di personale e a quella delle camere di sicurezza. “Da noi arrivano anche le persone arrestate in flagranza di reato dalle forze dell’ordine e dunque senza un provvedimento del magistrato - chiosa Nuzzaci -, in questo caso la legge prevede che gli arrestati vengano messi nelle camere di sicurezza presso la questura, i carabinieri e la guardia di finanza in attesa che sia convalidato o meno l’arresto (entro 48 ore, ndr), ma a Bolzano, un unicum in Italia, queste camere non ci sono o meglio non sono a norma”.