Gesellschaft | L'indagine

Il contrordine dei giovani altoatesini

Svelato studio ASTAT dopo continui rinvii (c’entra forse la campagna elettorale?). Gli studenti affondano lo studio della seconda lingua ma salvano il CLIL. E c'è di più.
Giovani
Foto: upi

Per quale motivo un’indagine Astat sui giovani altoatesini fra i 12 e i 25 anni condotta da luglio a settembre 2016 viene resa pubblica solo ora? Questa è la prima domanda che fa aggrottare la fronte. La seconda, per malizia, è: cui prodest? Lo studio, un corposo “malloppo” di circa 260 pagine (l’ultima edizione risale al 2009) realizzato in collaborazione con le ripartizioni cultura italiana e tedesca e l’ufficio statistica del Comune di Bolzano, e di cui era uscito un breve estratto l’estate scorsa con focus su politica e patriottismo in occasione della Giornata internazionale della gioventù, è stato riposto in un cassetto a lungo per essere squadernato solo oggi (11 ottobre) in una conferenza stampa che si terrà a Palazzo Widmann.

A presentarlo saranno gli assessori Waltraud Deeg, Christian Tommasini, Philipp Achammer e Florian Mussner, Timon Gartner e Stefano Lombardo dell’Astat oltre ad altri esperti che hanno partecipato alla rielaborazione del questionario online a cui hanno risposto 1.814 altoatesini, selezionati con criterio scientifico tenendo conto, per esempio, della distribuzione territoriale, del genere, e del gruppo linguistico. Scorrendo il report alcuni dati che emergono, ad esempio in ambito scolastico relativi alla seconda lingua o al lavoro giovanile, perni della propositività e dell’ottimismo “tommasiniano”, non sono esattamente lusinghieri e di conseguenza diventano evidentemente perniciosi in tempi di campagna elettorale. E la prudenza, verrebbe da dire, non è mai troppa.

 

La formazione bilingue, oltre gli “sponsor”

Dando uno sguardo al rapporto il primo dato da segnalare, come anticipato, è quello sulla scuola altoatesina. Gli intervistati, in quest’ambito, sono studenti della secondaria di secondo grado e della formazione professionale. Per sei giovani su dieci la formazione bilingue costituisce un aspetto particolarmente positivo dell’istituzione scolastica, mentre il restante 40% si divide quasi equamente fra chi la reputa un punto debole e chi non la ritiene né un punto di forza né di debolezza. Per circa la metà degli intervistati (52,7%) la scuola altoatesina trova un punto di forza nella preparazione al mondo del lavoro mentre per uno su quattro il giudizio è opposto. Occorre aggiungere che nella fascia d’età fra i 15 e i 24 anni 17.900 sono gli occupati, 2.400 i disoccupati e 37.600 gli inattivi, con una maggiore difficoltà a inserirsi nel mondo del lavoro per le donne rispetto gli uomini. Inoltre il 45,5% ritiene che la scuola dia un buon livello di conoscenze e competenze per proseguire gli studi universitari, di opinione opposta il 17, 6% mentre il 36,9% non dà un giudizio positivo né negativo. 

Nota dolente 

Mettiamola così: le gioie del bilinguismo non sembrano essere condivise dai giovani altoatesini. Risultati che fanno inevitabilmente suonare un campanello d’allarme. È stato chiesto agli studenti delle superiori quali siano, a loro parere, le discipline più interessanti. Al primo posto ci sono le materie di indirizzo, ovvero quelle proprie di un determinato indirizzo scolastico, appunto, ciò significa che la maggior parte degli studenti è piuttosto contenta del tipo di liceo o istituto tecnico scelto. A seguire le Scienze motorie e sportive, Inglese, Scienze naturali, Storia-geografia, Disegno-Storia dell’Arte, Diritto, Fisica, Prima Lingua, Religione, Matematica-Informatica, e solo al 12esimo posto si trova la Seconda lingua, ambito scolastico su cui più si investe, si ricerca, e si discute in Alto Adige. A conferma di questa analisi, si evince da un ulteriore approfondimento che circa uno studente su quattro pone Prima e Seconda lingua fra le materie meno interessanti e solo uno su otto fra le 3 più interessanti. 

CLIL alla riscossa

Un esito migliore arriva dai giudizi riguardo il CLIL (che sia anche indirettamente un responso favorevole per la scuola bilingue?): il 60,5% dei “giovani di 14 anni e oltre” ritiene utile l'insegnamento di una o più discipline scolastiche in seconda lingua; il 38,2% pensa sia utile fare lezione in una o più materie in lingua straniera; mentre un giovane su quattro non lo ritiene utile. Nello specifico guardando ai vari gruppi linguistici i giovani ladini sono quelli che dimostrano più apertura verso l’approccio CLIL nella seconda lingua (65,4%), seguono gli studenti di lingua italiana (62,8%) e i ragazzi di lingua tedesca (59,2%). Calano invece le percentuali per quel che riguarda il metodo CLIL in lingua straniera che piace al 49,5% degli italiani; al 47,2% dei ladini e solo al 34,1% dei tedeschi. Va anche sottolineato che il 28,5% degli studenti del gruppo linguistico tedesco non crede utile l’insegnamento di una o più materia nella seconda lingua o in lingua straniera, segue il gruppo italiano (con il 15,9% degli scettici) e quello ladino (11,7%). 

La convivenza non è “rock”

Nel focus sugli aspetti positivi dell’Alto Adige al primo posto svetta il paesaggio (83,6%), poi la cucina (54,9%), le tradizioni (47,3%), e il benessere economico (38,6%). Solo quinto il plurilinguismo (32,8%) e sesta la convivenza di più gruppi linguistici (23,1%). A seguire le opportunità professionali (22,3%), la varietà dell’offerta scolastica/formativa (18,7%), le molteplici offerte culturali (17,4%). 

Cosa affligge i giovani altoatesini

I problemi percepiti dalle giovani generazioni in Provincia di Bolzano sono, nell’ordine: egoismo e invidia delle persone (29,8%), costo della vita (27,3%), difficoltà a trovare casa (22,8%), mancanza di posti di lavoro (21,4%). Interessante notare che, pur restituendo una percentuale nient’affatto trascurabile (20,8%), l’immigrazione intesa come problema si attesta “solo” al quinto posto. Sul tema i giovani sono divisi a metà: il 42,1% pensa che la presenza di immigrati sia un arricchimento, il 49,5% ritiene che siano forieri di criminalità e terrorismo e il 51,4% è convinto che gli arrivi vadano limitati. Pochi, il 24,1%, pensano che gli immigrati “ci rubino il lavoro”, e che lo stato sociale non reggerebbe più senza immigrati (23,7%). Secondo il 35,6%, inoltre, l’Alto Adige potrebbe dare un segnale più grande di solidarietà. Tornando ad analizzare la classifica relativa ai problemi avvertiti sul territorio si prosegue con la separazione tra gruppi linguistici (19,7%), estremismo/razzismo (17,9%), consumo eccessivo di alcol (13,3%), criminalità (11,8%), traffico (11,2%), dipendenze (10,9%), povertà crescente (9,7%), insufficiente tutela di ambiente e natura (8,4%), insufficiente possibilità di partecipazione politica (7,6%), impatto di grandi infrastrutture (autostrada, costruzione tunnel del Brennero, aeroporto) pari al 7,2%, discriminazione di genere (7%). Per il 32,7%, tuttavia, non c’è nessun grosso problema in Alto Adige. Curiosità rilevante: la percezione di tutti i problemi (ma soprattutto rispetto all'immigrazione, alla separazione tra i gruppi linguistici e al razzismo/estremismo) è molto più accentuata tra i giovani bolzanini rispetto al resto della Provincia.

Attenzione è stata anche riservata alle principali insicurezze che emergono anche in comportamenti violenti: un ragazzo su 4 ha subito scherzi pesanti (24,8%) o è stato vittima di bullismo o prevaricazione (28,8%) e gli attori di tali violenze più maschi che femmine (11,5% contro 6,3%). La trasgressione, tipica dell’età giovanile, si rispecchia nel fatto che quasi la metà degli intervistati si mette alla prova esponendosi a piccoli rischi (45,4%), e quasi un quarto considera eccitante fare cose rischiose (23,1%). 

Alcol e titoloni

Il bere compulsivo dei giovani altoatesini occupa spesso le cronache di alcuni media locali. Tuttavia, pur restando un fenomeno indubitabilmente preoccupante va detto che, secondo quanto rivela l’indagine ASTAT, il consumo complessivo (senza sostanziali differenze fra maschi e femmine) di alcol, comprensivo anche di quello saltuario, è calato di 13 punti percentuali nell’arco di 12 anni (da 89% a 76,1%). In particolare si riduce il consumo di alcol fra i giovanissimi visto che la percentuale per la classe di età 14-16 era, solo 7 anni fa, pari al 67,8% (diminuzione di 23,7 punti percentuali). Il 28,8% dei giovani che consuma alcol dichiara di bere perché così “si diverte di più”, il 23,6% perché “piacciono gli effetti”, l’11,6% perché “si sente più sicuro e spigliato”. Gioca un ruolo rilevante anche il desiderio di appartenenza a un gruppo: 19,2% beve perché “lo fanno gli amici”, e il 2,2% perché “altrimenti si sente escluso”. Da notare anche la forte riduzione, rispetto alla precedente indagine del 2009, di persone che si mettono al volante in stato di ebbrezza: si passa dal 37,1% del 2009 al 22,8% del 2016. 

Bad Religion

Capitolo a parte è il discorso della fede dei giovani altoatesini: per oltre un terzo (35,3%) di loro la religione è molto o abbastanza importante, per il 34,8% è poco importante, mentre per un quinto dei giovani (21,2%) non riveste alcuna importanza (indicativo il fatto che l’8,6% dei giovani abbia preferito non rispondere a questo punto). Considerando l’età si evidenzia un calo dell’importanza percepita della religione durante l’adolescenza. Se fra i 12-13enni la quota di coloro che ritengono molto o abbastanza importante la religione è del 49%, tale valore scende e si assesta intorno al 30% per i giovani di 17 anni e più. Appena l’8,6% dei giovani considera la religione un punto di riferimento in merito a questioni come eutanasia o aborto. Quasi un quarto dei giovani (23,8%) non ha un’opinione in merito mentre per ben il 57,2% la risposta è nettamente negativa. I giovani di cittadinanza italiana si schierano più nettamente per il non riconoscimento della religione come punto di riferimento o guida nelle questioni etico-politiche rispetto ai ragazzi stranieri (58,1% contro 45,7%). Istituzioni e comunità religiose falliscono come guida anche nelle questioni di morale sessuale (contraccezione, omosessualità…): solo per il 4,7% dei giovani sono un punto di riferimento, non lo sono per il 62,9%. E anche in questo caso più si cresce più scema la fiducia.

“L’omosessualità è una malattia”

Se da una parte i giovani altoatesini sembrano scavalcare molli pregiudizi - per il 75,2% si può amare persona dello stesso sesso, per il 72,8% l’omosessualità è un orientamento sessuale come altri e per il 71,2% è giusto che una coppia omosessuale che convive possa avere gli stessi diritti di una coppia sposata - dall’altra restano ancora impigliati in anacronistiche e menzognere convinzioni. Per un preoccupante 9,9% dei ragazzi intervistati l’omosessualità è una malattia. E del proprio orientamento sessuale si può parlare liberamente con amici, personale medico e famigliari, ma quasi la metà (49%) afferma che non se ne può far parola con il datore di lavoro. The long and winding road, cantavano i Beatles.