Gesellschaft | Il caso

Profughi, bandiera bianca

L’impresa SPES che da un anno gestiva le case dei rifugiati a Bressanone e a Nova Levante si dimette. “Abbiamo 150mila € di debito”. Dal 1° novembre arriva la Croce rossa
Migranti
Foto: upi

I soldi non bastano. È questa la ragione alla base della decisione dell’impresa sociale SPES del gruppo EOS di tirarsi fuori dalla gestione delle due case per i profughi caserma Schenoni a Bressanone e l'ex albergo Panorama a Nova Levante. I criteri legali prevedono una copertura di solo 95% delle spese approvate e con i 20 euro a persona, al giorno, che restano il massimo che si può offrire è un posto per dormire e prestazioni base con un minimo di personale a disposizione.

Dare loro da mangiare e un posto per dormire non vuole dire integrarli

Ma il progetto puntava a obiettivi molto più alti. “Dare loro da mangiare e un posto per dormire non vuole dire integrarli. La cosa più importante è che trovino un'occupazione e ciò vuole dire offrire corsi di lingua, supportarli nei passi amministrativi da compiere, dare un sostegno ai datori di lavoro e prendersi cura del loro trauma. Ci vuole tempo per stabilire una rete con l’amministrazione locale, con scuole e asili, con le forze dell'ordine”, spiega Barbara Pizzinini, amministratrice unica della SPES che dal 2017 si è fatta carico delle due strutture in questione.

 

 

Attualmente a Bressanone sono ospitati sessanta uomini provenienti da 17 nazioni diverse, cinque dei quali con problemi di salute mentale. Sebbene così tante culture diverse si trovino a convivere sotto un unico tetto problemi, tuttavia, non ce ne sono stati, e ben 58 migranti hanno trovato un lavoro, compiendo quel processo di integrazione che è il fine ultimo dietro a tante misure. Ma i numeri, implacabili, sono questi: la SPES ha perso 150.000 euro nell’ultimo anno, e dunque ora si chiude bottega. Pizzinini punta il dito contro nessuno per il fallimento del progetto, ciò non toglie che i requisiti legali e l’invalidante burocrazia abbiano costituito intoppi pesanti; “un paese ricco come l'Alto Adige - sottolinea - dovrebbe essere in grado di accogliere 1.400 rifugiati, integrarli adeguatamente con le risorse finanziarie necessarie. Nel nostro paese cristiano, l’obiettivo dovrebbe essere quello di consentire a loro di vivere una vita dignitosa e con prospettive positive per il futuro”.

 

Si cambia

 

La gestione delle due case passerà dal primo novembre alla Croce rossa (che già si occupa dei centri di prima accoglienza per i rifugiati), la quale assumerà tutti i residenti, nonché i dipendenti della SPES. Con il passaggio di testimone, assicura Manuel Pallua, vicepresidente della Croce Rossa in Alto Adige, non si interromperà la collaborazione con Pizzinini e la sua squadra, soprattutto nell’ambito dell’integrazione lavorativa. “È molto difficile per tutte le organizzazioni coinvolte nei servizi per i profughi affrontare le sfide economiche, organizzative e umane - chiosa Pallua -. È fattibile solo con un lavoro di squadra molto specifico con le istituzioni. La situazione politica in Italia nel campo dei rifugiati è cambiata in modo significativo rispetto al 2017 ma grazie alle sue reti forti, la Croce Rossa ha i prerequisiti per gestire anche le strutture di Bressanone e Nova Levante”.