Gesellschaft | Migrazioni
Trump, Orbán, Kurz e noi.
Foto: upi
Il governo italiano non sarà presente a Marrakech il 10 e 11 dicembre per la firma del Global compact for migration, il patto voluto per migliorare la collaborazione tra gli stati in fatto di migrazioni. La questione è così importante, ha precisato il Presidente del Consiglio, da dover “parlamentarizzare il dibattito” e rimettersi all'esito della discussione. Giusto, salvo che allora la questione andava effettivamente messa all'ordine del giorno, come ha fatto la Germania, arrivando a confermare per via parlamentare (e dunque con maggiore legittimazione) la propria posizione favorevole. Vedremo quale sarà l'esito del dibattito in casa nostra, se si farà. A Marrakech, comunque, non ci saremo e questo è già un segnale.
A Marrakech, comunque, non ci saremo e questo è già un segnale.
Non siamo i soli a defilarci da un patto che in realtà raccomanda provvedimenti che dovrebbero essere scontati: migliorare lo scambio di informazioni tra gli stati, sostenere i paesi più poveri, coordinare la lotta ai trafficanti di esseri umani, trovare regole e standard comuni e insomma tentare di gestire in modo civile e ordinato i flussi migratori: una delle sfide decisive di quest'epoca. Gli Stati Uniti sono stati il primo paese ritiratosi dal gruppo dei 193 stati – in pratica tutti i membri delle Nazioni Unite – impegnati nella stesura del documento; Barak Obama era tra i promotori del Global compact, il suo successore Donald Trump lo ha prontamente disdetto. Nel luglio scorso ha fatto lo stesso il Primo ministro ungherese Viktor Orbán, a fine ottobre il Cancelliere austriaco Sebastian Kurz. Nelle ultime settimane si sono aggiunte Bulgaria, Repubblica ceca, Polonia, Slovacchia, Israele e Australia; non è escluso che la lista si allunghi perché sono in molti ad avversare quell'accordo.
Barak Obama era tra i promotori del Global compact, il suo successore Donald Trump lo ha prontamente disdetto.
Gli argomenti di chi vi si oppone sono sostanzialmente due. Il primo è che sottoscrivendo il Patto si finirebbe per cedere sovranità nazionale: argomento di sicuro effetto, visti i tempi che corrono. Come è noto, in punta di diritto si può dimostrare tutto e il suo contrario; la maggior parte dei giuristi comunque osserva che il Global compact non ha potere vincolante, come ha ad esempio la Convenzione di Ginevra del 1951 che si occupa dei rifugiati e del loro diritto di asilo. Il secondo argomento è che firmando si aprirebbe la strada all'immigrazione incontrollata: e questa è una forzatura. Il vero obiettivo del patto è combattere l'immigrazione illegale e stabilire regole per quella legale, dal momento che di immigrati abbiamo urgentemente bisogno e in più di un settore dell'economia e dei servizi.
Le migrazioni non riguardano tutti i paesi in uguale misura. Quelli del gruppo di Visegrad (per ragioni che qui sarebbe troppo lungo esporre) hanno una percentuale di stranieri molto minore dell'Europa occidentale. Per un ungherese o un polacco è dunque più facile credere di poter vivere al riparo da questo fenomeno e ritenere realistica la promessa dei loro governi di sapervi far fronte da soli. Per un italiano invece dovrebbe essere impossibile, se è vero che siamo esposti a questo fenomeno da decenni e che siamo “pieni” di stranieri - la maggior parte dei quali, va ricordato, vive e lavora in Italia con tutte le carte in regola. Eppure proprio questo sta succedendo. Pensiamoci bene.
L'Italia ha denunciato più volte, e a ragione, di essere stata lasciata sola di fronte agli sbarchi dalle coste del nord Africa; ha chiesto più impegno ai partner dell'Unione, insistendo sulla necessità di riformare l'Accordo di Dublino; ha denunciato le scelte egoistiche di altri paesi, invocando più collaborazione e solidarietà. Quand'anche ora volesse adottare una politica più “dura” nei confronti di immigrati e stranieri, non sarebbe forse necessaria unità d'intenti con gli altri stati? Invece ora l'Italia abbandona la sede in cui proprio di questo si discute. C'è della schizofrenia in questa scelta: siamo alle prese con un problema che riguarda tutti – e ci comportiamo come se potessimo risolverlo da soli.
“Lo decidiamo noi come gestire l'immigrazioni in Italia, non qualche consesso internazionale”. C'è da scommettere che la maggioranza degli italiani sottoscriverebbe oggi questa affermazione – peraltro liberamente formulata. Il ragionamento sembra persuasivo, ma è poco fondato. Gli stati hanno competenze molto ampie, ma non esclusive; i governi possono fare leggi, ma rispettando la costituzione che si sono dati e i trattati e le convenzioni che hanno sottoscritto; la sovranità politica è un conto, un altro gli interessi economici che condizionano le scelte dei governi. Inoltre, lo spazio di manovra di ogni paese deve tener conto di fattori come la collocazione geografica (parlando di immigrazione si ricorda spesso che ”l'Italia è in prima linea”), la capacità produttiva, la ricchezza e la sua distribuzione, il peso politico, la storia, la cultura e molto altro. Siamo il prodotto del nostro passato, dell'ambiente in cui viviamo, dei rapporti che allacciamo, degli scambi che intratteniamo. Siamo liberi, ma entro i limiti del sistema in cui ci siamo formati. Soprattutto non siamo autosufficienti, come non lo è neppure il paese più potente, perché siamo tutti inevitabilmente in relazione con gli altri, persino quando li rifiutiamo.
Il nazionalista è, sul piano politico, quello che l'egotista è sul piano psicologico: gli unici interessi che contano sono i miei.
Il nazionalista rimuove tutto questo, illudendosi di poter fare a meno degli altri. Il nazionalista è, sul piano politico, quello che l'egotista è sul piano psicologico: gli unici interessi che contano sono i miei, l'unica persona che può difenderli sono io, e pazienza se ci vanno di mezzo regole o principi che avevo sottoscritto. Molto più del presunto primato della sua nazione, è questa la radice del suo pensiero: voler fare da solo. Il nazionalista fallirà. Non solo perché mezzi e risorse sono insufficienti, ma soprattutto perché se è in conflitto con altri, anche la soluzione di quei conflitti va trovata insieme agli altri – la guerra non essendo una soluzione, ma una tragedia anche per chi dovesse vincerla.
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Es ist absurd, vorzugeben,
Es ist absurd, vorzugeben, das "christliche Europa" vor einer "Invasion" von notleidenden Menschen retten zu wollen und gleichzeitig hier lebende Menschen mit diesem beinharten "Sicherheitsgesetz" aus den gemeindeeigenen Aufnahme-Zentren vertreiben ! Wie frevelhaft gehen diese politischen Kräfte mit dem Christentum um, wenn sie, als "Garanten" des Christentums Kreuze in öffentlichen Räumen vorschreiben ? Vier osteuropäische Staaten, vor allen aber Österreich und Italien haben sich geweigert, am 10.12.18 in Marokko/Marakesh den Global-Pakt für Migration zu unterzeichnen; das ist ein Hohn auf die Menschlichkeit. Die bundesdeutsche Kanzlerin Angela Merkel stellte vor dem Plenum von ca. 150 Unterzecihner-Staaten eindeutig klar, was menschengerechte Pflicht der Politik ist; dafür sei ihr aufrichtihg gedankt !