Environment | Idrogeno e PNRR

Pioggia di milioni per i distributori H2

La svolta per la mobilità H2? Le risorse del PNRR per 40 impianti di rifornimento per una mobilità pesante H2 ad oggi, però, inesistente. Qualche dubbio sorge spontaneo.
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Rifornimento di idrogeno del prototipo Volvo FH Fuel Cell Electric
Foto: Volvo Truck Corporation

Si apprende dal comunicato di inizio luglio che il Ministero delle Infrastrutture ha destinato, con il decreto 199/2022, che inizia con ben cinque pagine, su undici, di “visti” e “considerato”, il rilevante importo di 230 milioni per la futuribile mobilità H2 italiana. Si legge, infatti:

L’obiettivo è quello di sviluppare la sperimentazione dell’idrogeno attraverso la realizzazione di almeno 40 stazioni di rifornimento per veicoli leggeri e pesanti entro il 30 giugno 2026, prevedendo la notifica dell’aggiudicazione degli appalti entro il 31 marzo 2023.

230 milioni per una “sperimentazione” sono tanti tanti, ma… tant’è. Dopo tanti anni sull’idrogeno si continua a sperimentare, ne sanno qualcosa a Bolzano Sud. Che si parli di veicoli leggeri appare quantomeno singolare. Per le auto e i furgoni l’offerta si conta sulle dita di una mano, quello sviluppo preconizzato anni fa non c’è stato, insomma l’idrogeno è rimasto sempre un “bambino che non è mai cresciuto”, sorpassato poi dallo sviluppo impetuoso delle auto a batteria e da studi, da prendere sempre con le pinze considerato quasi sempre arrivano o sono sostenuti da chi ha interesse ad un certo risultato finale, che ne avrebbero decretato l’inefficienza energetica (leggasi ad esempio qui).

Poi è arrivato l’hype per i trasporti pesanti a idrogeno, lanciato soprattutto dalla Commissione Europea per mezzi che… non ci sono ancora sul mercato ma che dovrebbero uscire a breve sul mercato a costi che, presumibilmente, saranno considerevoli assai e che quindi andranno fortemente foraggiati da sovvenzioni come lo dovrà essere l’idrogeno che utilizzeranno (verde, blu, grigio, viola che sia) e saltando a piè pari la questione delle fonti di energia e le quantità necessarie da produrre.

Torniamo alla futuribile rete di rifornimento che verrà finanziata dal MinInfrastrutture/PNRR e qui… salta fuori il “Brennero”:

In particolare, le stazioni di rifornimento dovranno soprattutto rispondere alle esigenze dell’asse stradale del Brennero, del corridoio est-ovest da Torino a Trieste, dei corridoi delle reti europee Ten-T.

Insomma, si tira fuori di nuovo il progetto dei distributori di idrogeno sull’asse del Brennero ma questa volta probabilmente tarati per rifornire camion, che imbarcano da 60 a 70 kg di idrogeno a 700 bar alla volta (le due auto oggi in commercio fanno il pieno con circa 5,2 kg e 6,3 kg). E non sono spiccioli.

Una stazione H2 per auto non è una stazione H2 per camion, l’esempio di Venezia/Mestre

La recente stazione di rifornimento inaugurata il 10 giugno scorso a Venezia/Mestre può rifornire max 100 kg di idrogeno al giorno e, nonostante sia stata dichiarata di poter rifornire anche camion, si capisce facilmente che basta un tir per “svuotarla” quasi completamente e che è frutto di un progetto tarato solo sulla mobilità leggera, irrilevante e lo sarà ancora a lungo, salvo che non arrivino improvvisamente sul mercato europeo auto e, forse, pure camion e bus FCEV cinesi. Inoltre l’idrogeno viene trasportato da carri bombolai (stazione Sasa docet evidentemente) ad un prezzo di circa 13,80 kg, come circa a Bolzano Sud.

Se si legge della ampia differenza di struttura fra stazioni H2 per veicoli leggeri e per veicoli pesanti nello studio del Fraunhofer Institut ISI “Working Paper Sustainability and Innovation - Wie könnte ein Tankstellenaufbau für Brennstoffzellen-Lkw in Deutschland aussehen?” (sett. 2020), capitolo 2, che informa delle importanti differenze tecniche nel rifornimento e nelle caratteristiche costruttive delle stazioni, le domande cominciano a diventare non poche. Per farla breve, si dia pure un’occhiata al grafico a pag. 11 su dimensioni e costi.

“Brenner Green Corridor Hydrogen”, la seconda!

Qui si torna alle “cose di casa nostra”. Nel decreto sopra citato, vi è indicato al punto 2 che:

La localizzazione delle stazioni di rifornimento deve rispondere, in via prioritaria, alle esigenze delle seguenti aree:

  • l’asse stradale del Brennero in direzione nord-sud sino alla pianura padana e le infrastrutture di trasporto ad esso contigue

Qualche “suggerimento” nostrano al MinInfrastrutture, ipotizzo, dev’essere di certo arrivato.

Insomma, se da una parte si sta resuscitando il piano del “green corridor” della A22, di cui se ne parlava in sede europea già nel 2009 (allora solo per le auto ma si leggano le date di realizzazione...), ora lo si prevede per i camion (che non sono finora prodotti in serie…).

Probabilmente non a caso l’IIT ha condotto una ricerca di mercato ad inizio 2021 sui costi di realizzazione di 10 distributori che peraltro prevedono, in prospettiva futura, un rifornimento giornaliero piuttosto basso (max 200 kg/giorno in sei dei dieci impianti).

Ecco le 10 “hydrogen refuelling locations” individuate da Bolzano Sud:

Quindi tutto pare “tornare”.

Costi altissimi, finanziamento al 50%, dimensioni delle stazioni… esagerate? E altri problemi italiani

Attenzione, però: i contributi statali del PNRR coprono solo il 50% dei costi di realizzazione dei 40 impianti previsti. Il restante 50% chi lo metterà? Significa che il costo medio di una stazione dovrebbe aggirarsi sugli 11,5 milioni di Euro. Quindi in un ordine di grandezza per rifornire, stando allo studio del Fraunhofer Institut ISI, fra 75 e 150 camion al giorno (!) di H2.

Ottimismo a gogò, insomma. Tacendo, infatti, delle norme italiane ritenute estremamente restrittive dagli addetti ai lavori e che rischiano di impedire la costruzione di impianti di rifornimento proprio di grandi dimensioni. Siamo già al corto-circuito prima di iniziare? E per tacere della mancanza del self-service impresidiato per il rifornimento di H2, unico paese europeo a prevedere l’obbligo di rifornimento con un addetto.

Se poi l’idrogeno non dovesse venire prodotto sul posto ma trasportato da lontano, magari è solo “blu” e su di una motrice a gasolio (come avvenuto per i nuovi bus H2 di Sasa nel 2021 e, forse, ancora oggi)… qualche domanda dovrebbe sorgere spontanea assai.

E i 230 milioni nazionali del PNRR, destinati a coprire il 50% dei costi, son davvero cospicui. Dove andranno a finire? La curiosità è tanta per un settore della mobilità di fatto, oggi e lo ripeto, inesistente. Ricordiamoci come sono andati a finire i primi progetti dei distributori H2 una decina e passa di anni fa: un fallimento totale perché ci si aspettava la “rivoluzione H2” per le auto che, però, fu soppiantata dal boom del diesel e da tante difficoltà che ci sono pure oggi (costi elevati, ecc. ecc.).