Watcher
Sicché è finito anche agosto e per combattere la nostalgia da ombrellone il cinema è SEMPRE una buona idea. Il 7 settembre esce nelle sale italiane Watcher, film scritto e diretto da Chloe Okuno, basato sulla sceneggiatura originale di Zack Ford. Approfittatene.
Cos’è
La storia è quella di Julia, (Maika Monroe, protagonista dell’acclamato horror It Follows), un’attrice americana che rinuncia alla carriera per trasferirsi a Bucarest con il marito Francis (Karl Glusman) a cui viene offerto un lavoro in Romania - terra d’origine della sua famiglia - dalla sua azienda. Julia, trovandosi spesso sola, non conoscendo ancora nessuno e non avendo granché da fare, cerca di integrarsi nella nuova città, vagando per le strade e praticando il suo rumeno stentato.
Mentre un serial killer noto come “The Spider” uccide le sue vittime (tutte donne) sgozzandole fino a decapitarle, Julia si accorge di essere osservata attraverso le finestre del suo appartamento da qualcuno (Burn Gorman) dall’altra parte della strada. Quando questo senso di disagio e minaccia si intensifica, Julia confida i suoi timori prima al marito, poi alla polizia. Nessuno però sembra crederle.
Com’è
Watcher, stilosissimo debutto di Chloe Okuno, è un freddo thriller psicologico, raccontato a fuoco lento e pazientemente eseguito - come impone la lunga tradizione di film sugli stalker - che strizza l’occhio al cinema di Roman Polanski (Repulsion, Rosemary’s Baby, L’inquilino del terzo piano) con rievocazioni dichiaratamente hitchcockiane (i riferimenti a La finestra sul cortile sono ovunque).
I punti della trama sono messi bene in chiaro, si trovano tutti gli stilemi del genere, ma ciò che manca in originalità narrativa viene compensato dalle scelte di prospettiva. Watcher riesce nel descrivere cosa significhi essere un estraneo in un paese straniero, nel rappresentare la violenza suggerendola più che estetizzandola, nel mostrare la riluttanza di certi uomini a credere alle donne che temono per la propria incolumità, e nel dare risalto a quella sensazione spesso presente e molto femminile di essere osservati. L’obiettivo della regista statunitense nel realizzare il film era quello di catturare “una sorta di costante, scomoda paura che accompagna molte donne nel corso della loro vita”. Julia, del resto, trova un’alleata solo nella sua vicina di casa Irina (Madalina Anea), con la quale stringe amicizia.
Gli asettici edifici in stile brutalista, le barriere linguistiche e un presunto vicino spione contribuiscono ad aumentare la sensazione di isolamento della protagonista catapultandola nel girone della paranoia, tanto da far sorgere il dubbio sull’affidabilità di Julia, facendoci interrogare, fino al climax finale, sulla sua sanità mentale: sta accadendo tutto davvero o solo nella sua testa perché è annoiata a morte? La scelta, poi, di mantenere lo stalker senza volto per gran parte del film accresce la suspense, in un’atmosfera costante di terrore e ambiguità tenuta in piedi con pochissimi elementi. Una finestra, un appartamento, un uomo che fissa l’edificio di fronte, porte socchiuse, ascensori opprimenti.
Per un film d’esordio come questo c’è un’interiezione appropriata: urca.