Society | Intervista doppia

Né puttane né madonne

Le autrici di “Santa o sgualdrina”, Barbara Bachmann e Franziska Gilli, sugli stereotipi preistorici, il potere delle tv berlusconiane e la responsabilità delle donne.
Foto libro "Santa o sgualdrina"
Foto: Franziska Gilli

Né puttane né madonne: finalmente solo donne” era uno degli slogan urlati negli anni ’70. Cinquant’anni dopo il titolo di un libro, “Santa o sgualdrina - Essere donna in Italia”, richiama la difficoltà a svuotare quelle stesse, ostinate sacche di pregiudizio. Le autrici del volume, le altoatesine Barbara Bachmann (giornalista) e Franziska Gilli (fotografa), sono arrivate a concludere che il potere della televisione e del Vaticano plasma ancora pesantemente l’immagine delle donne. Nel mezzo un meticoloso lavoro di ricerca e raccolta di testimonianze attraverso lo Stivale, molti ritratti di donne diverse, opinioni di uomini sulle donne, esempi di pubblicità e citazioni di personalità italiane degli ultimi cento anni, la scoperta tangibile di una rinnovata stagione di attivismo femminista, e altri toccanti reportage.


salto.bz: “Femmina santa o sgualdrina”, quanto è ancora radicata in Italia questa dicotomia cattolica?

Barbara Bachmann: È più radicata di quanto pensavamo all’inizio della nostra ricerca. La sgualdrina e la santa, Maria Maddalena e la Vergine Maria, sono due ruoli femminili della Chiesa cattolica, un’istituzione che segna il paese da ormai duemila anni. A questo si aggiunge la vicinanza del Vaticano, che è sempre stato molto coinvolto in questioni sociali e politiche. L’immagine femminile in Italia è profondamente contraddittoria ed è rigida e stereotipata come in pochi altri paesi d’Europa. Oltre alla chiesa, fu cementata dal fascismo e dalla televisione.

Franziska Gilli: Anche la pubblicità ha continuato a usare e a consolidare questi stereotipi.

L’immagine femminile in Italia è profondamente contraddittoria ed è rigida e stereotipata come in pochi altri paesi d’Europa (Barbara Bachmann)

 

A proposito di televisione: nel libro fate riferimento all’impero mediatico berlusconiano, al “velinismo” e alla mercificazione del corpo femminile. Che peso ha avuto nella cristallizzazione dello stereotipo il modello culturale diffuso dalla tv commerciale?

Franziska Gilli: Un peso abbastanza grande. Nel nostro paese in quasi ogni casa esiste più di un televisore, spesso quasi sempre acceso. Tanti adulti di oggi sono cresciuti guardando “Striscia la notizia” a cena con la famiglia. Sotto l’hashtag #veline sui social appaiono donne adulte con la migliore amica, o foto di figli piccoli, lui #calciatore, lei #velina. Il fenomeno del “velinismo” ha i suoi retaggi negli anni ’50 e se prendiamo per esempio uno degli eventi più ascoltati dell’intrattenimento televisivo italiano, il festival di Sanremo, dobbiamo purtroppo constatare che da 65 anni non è cambiato molto. Anzi, durante il governo Berlusconi anche il servizio pubblico televisivo si è adattato molto alla tv commerciale. Gli uomini sono molto più spesso gli esperti, lavorano in tv tutta la vita, mentre le donne principalmente sono giovani, hanno un ruolo servile e vengono ridicolizzate e appiattite sulla propria fisicità. Nell’intrattenimento televisivo è praticamente assente un’immagine femminile alternativa, soprattutto nelle fasce orarie di maggiore ascolto.

In tutto questo anche le donne hanno le loro responsabilità?

Barbara Bachmann: Sono anche le donne che hanno incorporato e difendono opinioni e comportamenti misogini. Pensano che sia naturale perché non conoscono alternative. Senza di loro, non funzionerebbe il mantenimento del sistema. Luca Ragazzi e Gustav Hofer, i direttori del film “Dicktatorship”, che abbiamo intervistato per il nostro libro, lo hanno detto così: “Italia è un paese nel quale anche le donne sono maschiliste”.

Sono anche le donne che hanno incorporato e difendono opinioni e comportamenti misogini. Pensano che sia naturale perché non conoscono alternative (Barbara Bachmann)

È stato sottovalutato secondo voi il potere della tv?

Franziska Gilli: Da parte dei responsabili e dalla politica secondo me non è stato mai sottovalutato. Come si fa a negare il potere di un successo così grande e lungo che è sempre stato la tv in Italia? L’influente agente televisivo Lele Mora una volta ha constatato: “La tv è una scatola magica… ti vedono e diventi popolare. Basta apparire”. È una decisione attiva di continuare con questi modelli stereotipici. Dall’altro lato c’è anche una parte della popolazione che proprio rifiuta di guardare la tv, quindi abbiamo due estremi. Lorella Zanardo, che è nota per il suo documentario “Il corpo delle donne” del 2009, definisce questo fenomeno un atto elitario, perché non basta chiudere gli occhi per risolvere un problema.

 

Sappiamo che i ruoli di genere tradizionali vengono difesi a spada tratta dalle forze populiste tout court. È il sogno latente di chi spera un ritorno a un mondo in cui le donne “sapevano qual era il loro posto”?

Barbara Bachmann: Sì, c'è anche chi insegue apertamente questo sogno. Una rappresentante del partito “Popolo della famiglia”, per esempio, ci ha detto con orgoglio e convinzione che secondo lei la donna è la gamba del tavolo (che è l’uomo), e in quanto tale sottostà all’uomo. Secondo i membri del “Popolo della famiglia” è in corso una guerra contro la famiglia composta da uomo, donna e figli. Allo stesso tempo, i politici della nuova destra mostrano apertamente il loro odio per le donne, per esempio quando Salvini scrive su twitter: “A proposito mi vergogno di quel cantante che paragona Donne come troie, violentate, sequestrate, stuprate e usate come oggetti. Lo fai a casa tua, non in diretta sulla Rai e a nome della musica italiana”.               

Restando sull'attualità politica: la crisi di governo a cui stiamo assistendo in questi giorni è di fatto una partita esclusivamente al maschile, con le donne relegate al ruolo di comparsa. È un vulnus della democrazia? La politica in generale si oppone al cambiamento?

Franziska Gilli: Nel passato la politica in generale ha certamente fatto troppo poco per un cambiamento verso una maggiore uguaglianza, anche nella politica stessa. Fare carriera politica è più difficile per una donna che per un uomo. Le donne subiscono minacce di qualsiasi tipo, penso per esempio al cyber bullismo. Vengono pure ridicolizzate dai colleghi maschi.

Barbara Bachmann: È una perdita per la società quando le donne sono assenti dalle posizioni decisionali, sia economiche che politiche, e questo accade sempre più spesso, dobbiamo soltanto guardare com’è amministrata attualmente la pandemia. Nell’ultimo anno siamo tornati in parte ai ruoli conservatori (l'uomo va a lavorare, la donna è responsabile della cura dei bambini e della casa). Stiamo vivendo una regressione nella ricerca dell’uguaglianza.

Il femminismo non critica gli uomini ma il sistema patriarcale (Franziska Gilli)

Fa paura la parola femminismo?

Barbara Bachmann: È almeno una delle parole più fraintese in Italia e anche in altri paesi. E il termine ha sicuramente spaventato alcuni, sì.

Franziska Gilli: A tanti fa paura perché credono che le femministe sono donne che odiano gli uomini, come per esempio ci ha raccontato l’attore porno Alejandro Herman. Invece il femminismo non critica gli uomini ma il sistema patriarcale. Nel nostro libro con “Bambola” per esempio l’intento non è criticare gli individui, donne come uomini, ma il sistema televisivo intero, che decide di andare avanti così. Capisco perfettamente perché una ragazza italiana vuole fare la velina. Nessuna di loro è stupida, anzi, sono tutte donne intelligenti. Il fatto triste è che le donne e gli uomini che producono i programmi non hanno il coraggio di cambiare un sistema, che purtroppo, dal punto di vista finanziario, funziona molto bene.

Torniamo all’origine dell’idea. Perché questo libro?

Barbara Bachmann: La nostra attività giornalistica ci ha portate spesso a riflettere, indipendentemente l’una dall’altra, sull’immagine femminile in Italia. Di qui l’idea di approfondire la tematica, dedicandole un libro insieme. Il volume nasce dal desiderio di dare la parola alle donne e di accrescerne la visibilità. Per quanto possibile, vorremmo aiutare a superare la diffidenza e la paura che il termine “femminismo” continua a suscitare, fornire uno stimolo alla riflessione e al dibattito, stabilire un dialogo con donne e uomini.

Franziska Gilli: Abbiamo iniziato la nostra ricerca per capire che cosa riesce a tener alimentato il cliché della donna santa e la donna sgualdrina. Abbiamo avuto il desiderio di affrontare la tematica da vari lati, con molto più tempo rispetto a quello che di solito abbiamo a disposizione nel nostro lavoro giornalistico. Con questo libro vorremmo contribuire ad un continuo smascheramento della concezione della normalità e i ruoli di genere prevalenti.

 

Una rappresentante del partito “Popolo della famiglia” ci ha detto con orgoglio e convinzione che secondo lei la donna è la gamba del tavolo (che è l’uomo), e in quanto tale sottostà all’uomo (Barbara Bachmann)

Il fil rouge del libro sono i sette peccati capitali e le loro antitesi. Che viaggio è stato? C’è qualcosa che ha cambiato oppure rafforzato le vostre convinzioni?

Franziska Gilli: È stato un viaggio piuttosto intensivo, durante il quale abbiamo scoperto che questi ruoli di genere hanno radici ancora più forti di quelle che ci aspettavamo. La cosa più bella della ricerca è che la tematica coinvolge proprio tutta la popolazione e ognuna e ognuno ha una sua storia da raccontare che è collegata con la nostra società.

Barbara Bachmann: Abbiamo acuito lo sguardo e analizzato in modo critico diversi comportamenti, compresi i nostri. Il progetto ci ha rese più sensibili e ci ha arricchite di molti, interessanti incontri, conversazioni, riflessioni. È stato davvero un gran privilegio. Ora speriamo di continuare a dialogare con i nostri lettori e lettrici e portare avanti la conversazione.           

Una storia che lungo il percorso vi ha particolarmente colpito?

Barbara Bachmann: Prima di tutto, la volontà e l’apertura, la necessità di parlare di questi temi. Poi in dettaglio per esempio: Gina di Napoli, che ha abbandonato la scuola da bambina, ma che oggi rimpiange solo di non essersi mai prostituita. O Francesca di Roma, da un lato riflessiva e intelligente, dall’altro mette il suo corpo al di sopra di tutto fin da quando era bambina, cerca di controllarlo. O Elide, a 99 anni, ancora arrabbiata con il suo defunto marito che ha usato i suoi soldi per comprare una bicicletta che lei voleva scegliere. E ci sarebbero molti altri esempi.

Franziska Gilli: Mi ricordo un particolare momento durante la manifestazione di Non una di meno del 23 novembre 2019, che era il “grido muto”. Ad un certo punto 100.000 mila persone si sono messe sedute a terra, completamente in silenzio per cinque minuti. Poi, tutto il corteo ad un tratto si è messo a gridare. Mi sono venuti i brividi e sono rimasta così colpita che non sono riuscita a scattare neanche una foto che avrebbe potuto narrare questa situazione in modo adeguato. Non mi è mai capitato prima di trovarmi in mezzo a così tante donne (che erano la maggioranza nel corteo) che esprimevano la loro rabbia, ma anche la loro gioia di essere lì, insieme.

Capisco perfettamente perché una ragazza italiana vuole fare la velina. Nessuna di loro è stupida, anzi, sono tutte donne intelligenti. Il fatto triste è che le donne e gli uomini che producono i programmi non hanno il coraggio di cambiare un sistema, che purtroppo, dal punto di vista finanziario, funziona molto bene (Franziska Gilli)

Nel libro narrazione e fotografia sono complementari. Quali suggestioni ha creato questa combinazione?

Franziska Gilli: Ci ha permesso di narrare una tematica molto complessa, che non si riuscirà mai ad affrontare nella sua completezza, su vari livelli e stili. Alcuni argomenti si riesce a raccontare meglio in immagini, altri in parole. A volte siamo partite insieme, altre volte abbiamo citato parole e immagini che non sono le nostre, ma che abbiamo rintracciato nella storia degli ultimi 100 anni. Il concetto del libro ci riapre una certa libertà d’azione per rendere più agibile e comprensibile un argomento che ci riguarda tutte e tutti. Il nostro desiderio era di creare un percorso che possa essere seguito da tutti i generi per diventare - così speriamo - ancora più consapevoli delle radici forti di un’immagine femminile che continua a condizionarci e che ci seguirà ancora per tanto tempo.