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Mestiere e passione

alpha beta piccadilly: Una scuola di lingua che è anche un laboratorio d'integrazione per un Sudtirolo non più pensato in base all'immagine dei vasi istituzionali non comunicanti. Ce ne parla Aldo Mazza, il suo storico Geschäftsführer.
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alpha beta è nata nel 1987 come associazione che voleva operare nel settore dell’educazione permanente ed in quello culturale. Fu fondata da un gruppo di nove persone unitesi con lo scopo di muovere qualcosa all'interno di una società profondamente segnata da un passato conflittuale e nella quale si avvertiva dunque l'esigenza di risolvere i problemi della comunicazione interculturale mediante pratiche innovative di integrazione.

Dopo 2 anni di vita, adottando la forma giuridica della cooperativa, la sua attività principale ha cominciato a ruotare attorno alla scuola di lingue che negli anni è costantemente cresciuta, affermandosi nel panorama locale come una delle più qualificate agenzie di formazione del settore. Aldo Mazza, che fin dall'inizio ha assunto il ruolo di vicepresidente e direttore (“Geschäftsführer”, come ama dire) ne tratteggia così il carattere peculiare: “Non volevamo essere percepiti come una realtà afferente a un gruppo linguistico particolare. Chi si rivolgeva a noi infatti non aveva la sensazione di entrare in contatto con una scuola d'impronta italiana o tedesca. Fare sintesi, praticare lo scambio è sempre stato il nostro codice genetico e penso che sia anche la ragione del nostro successo. Bisogna ricordare che alla fine degli anni 80’ la separazione tra i 2 gruppi principali era ancora molto più netta di oggi”.

Un'impostazione non ideologica
Una delle formule ricorrenti, usate da Mazza per circoscrivere la filosofia di alpha beta, riguarda l'impostazione non ideologica adottata da chiunque operi all'interno del suo progetto didattico e culturale. Concretamente, ciò consiste nel rifiuto di puntare su un'unica ricetta evitando di cadere in facili automatismi o scorciatoie, e rispettando la complessità di questa terra con la sua storia. Spiega Mazza: “La nostra idea di didattica è stato un lungo processo che dura ancora oggi.

Il nostro motto era ed è mehr als eine Sprache, il che significa ovviamente non soltanto proporre l'apprendimento di più lingue, ma anche cercare di vedere il fenomeno linguistico in un quadro più complesso di approcci e rapporti metodologici.

alpha beta ha cercato negli anni di costruire una serie di relazioni nazionali e internazionali proponendosi come una ditta di import-export, che attingesse cioè a contesti più larghi di quello sudtirolese ma che fosse in grado di esportare ‘oltreconfine’ anche le esperienze maturate nel laboratorio a cielo aperto costituito dalla nostra terra. Ai nostri allievi è sempre poi risultato chiaro che apprendere una lingua non poteva ridursi alle attività da svolgere in classe. Tutti i nostri docenti nelle loro lezioni si preoccupano di fornire agli studenti anche gli strumenti e gli stimoli per imparare fuori dalla classe, imparare ad imparare e motivare a continuare a farlo. Per fare ciò sono stati sviluppati modelli di interazione sociale nei quali applicare in modo autonomo quanto appreso grazie agli insegnanti”.

Ecco allora, ad esempio il Tandem o lo Sprachcafé, nei quali gli studenti hanno la possibilità di mettere in gioco e quindi sviluppare le loro conoscenze in situazioni più autentiche di quelle della classe, intrecciando reali rapporti comunicativi.

Il contesto difficile
Tra tutti gli operatori attivi non solo nel campo dell'insegnamento linguistico, ma anche della riflessione sulla sua valenza culturale e sociale, Aldo Mazza è sicuramente tra quelli meno disposti a banalizzare le difficoltà oggettive (perché storicamente determinate) che ancora oggi, in un Sudtirolo pur profondamente mutato rispetto a quello in cui alpha beta cominciò a muoversi, continuano a influenzare il rapporto tra i gruppi e quindi anche l'apprendimento delle lingue. Potendo contare su una maggiore libertà d'azione (“è chiaro che a scuola le lingue vengano apprese in un modo più scolastico”, chiosa) il vantaggio del laboratorio di alpha beta consiste nel non dare nulla per scontato, nel riportare anzi costantemente in primo piano l'assunto secondo il quale per alimentare una motivazione efficace occorre elaborare sempre tecniche anche faticose di interazione:

“Noi non ci siamo mai limitati a propagandare la bellezza dell'apprendimento linguistico tacendone la parte più difficile, vale a dire il fatto che in ogni circostanza si trattava di contrattare il nostro comportamento. Questo vale per l’offerta formativa in generale, ma riguarda anche il modo in cui è organizzata la vita interna di una cooperativa come la nostra e qui penso ad esempio alle nostre riunioni, al fine di non ricadere mai nella prevalenza di una lingua o dell'altra”.

Come ben sottolinea il titolo del libro “Vivere insieme è un'arte” - scritto assieme al giornalista Lucio Giudiceandrea e pubblicato dalla casa editrice che costituisce un pendant dell'attività didattica – senza questa costante tensione “artificiale”, consapevole cioè che senza disciplina, e l'elaborazione di tecniche peculiari, ogni comunicazione rischia di retrocedere sui binari di abitudini consolidate. Avendo praticato per decenni la divisione, i gruppi linguistici scivolano costantemente entro i propri confini, e per questo occorre un costante sforzo di sintesi: “L'ideale sarebbe costruire e mantenere attivi dei ponti attraverso i quali consolidare momenti di contatto e scambio formativo”. E' l'immagine di una “H”, elaborata da Mazza per auspicare anche un modello istituzionale che non punti necessariamente o unicamente all'edificazione di strutture comuni (scuole comuni, assessorati comuni), ma non rinunci neppure a scorgere nella collaborazione tra le diverse entità la stella polare del loro lavoro.

Superare l'asimmetria
Considerando gli ormai 27 anni di attività che alpha beta si è lasciata alle spalle, non può mancare alla fine una valutazione sul presente e su come il Sudtirolo è cambiato (in meglio o in peggio?) rispetto a quando l'assessore alla cultura tedesca Anton Zelger predicava il suo motto “Je mehr wir uns trennen, desto besser verstehen wir uns”. “Forse è possibile dire – così Mazza – che quando cominciammo a imbastire il nostro lavoro avevamo a che fare con una asimmetria oggi quasi rovesciata. Allora erano i tedeschi che cercavano maggiormente di apprendere l'italiano, anche perché spinti dalla necessità creata dal quadro istituzionale ancora influenzato da un'autonomia non compiuta. Oggi invece sono gli italiani a sentire di più la pressione ad apprendere il tedesco. Questo lo vedo anche in base alle iscrizioni ai nostri corsi. Non bisogna poi dimenticare che negli ultimi decenni è cresciuta in modo esponenziale la presenza di cittadini provenienti da altri paesi, i quali ovviamente rendono tutto molto più complesso e non facilmente schematizzabile”. Mazza scorge comunque un'altra asimmetria ad intersecare quella appena tratteggiata. “Paradossalmente, la tendenza che ho appena indicato è contraddetta a livello istituzionale dall'atteggiamento dei diversi assessorati che, rivendicando la peculiarità dei bisogni del proprio gruppo, sviluppano solo occasionalmente visioni e strategie d’intervento comuni e globali, che partano cioè dalla considerazione di tutto il territorio e di tutti i suoi abitanti “vecchi” e “nuovi”.

Questo è un auspicio per il nuovo corso tratteggiato dalla nuova Giunta capitanata da Arno Kompatscher. Che finalmente si cominci ad elaborare realmente uno sguardo plurale e “complessivo”, attento cioè a considerare l’Alto Adige/Südtirol come un luogo che non può più essere pensato in termini di appezzamenti o vasi non comunicanti”. La speranza è quella che le asimmetrie vengano progressivamente limate e che in un futuro non troppo lontano il contesto più largo della società sudtirolese assomigli davvero a quanto già ottenuto nel piccolo e lungimirante laboratorio allestito da alpha beta.