L’umanità in pericolo
“Facciamo qualcosa subito” è l’invocazione scelta dalla celebre scrittrice di gialli Fred Vargas come sottotitolo del suo ultimo libro, “L’umanità in pericolo”, un saggio di 200 pagine sull’emergenza ambientale.
Titolo e sottotitolo non lasciano spazio a dubbi. Fin dalle primissime pagine appare chiaro al lettore di essersi imbarcati in una lettura che cambierà di molto la propria visione del mondo. 200 pagine ben documentate – Vargas mette a disposizione del lettore tutte le fonti utilizzate durante la sua lunga ricerca – e fluide da leggere. 200 pagine che racchiudono un’enormità di informazioni e dati spaventosi, sui quali regna una totale disinformazione tra la gente comune a livello globale.
Se in questo momento state pensando di non essere disinformati sul tema dell’emergenza climatica, molto probabilmente vi sbagliate. Certo, tutti sono al corrente del fatto che la Terra stia male e, tralasciando Donald Trump e pochi altri, non esistono più molti climatoscettici. Tutti ormai sanno che le temperature si alzano, i ghiacciai si sciolgono, gli oceani sono pieni di plastica, l’inquinamento aumenta, alcune specie animali si estinguono e così via. Ma al di là di queste conoscenze vaghe e generiche cosa sappiamo? Non granché, ci spiega Vargas.
Sapevate forse che da metà a due terzi dell’umanità si ritroverà in una situazione di mancanza di acqua potabile già nel 2025, tra soli cinque anni? Che l’agricoltura produttivistica, tramite l’irrigazione, e l’allevamento intensivo sono i maggiori responsabili del consumo di acqua dolce del mondo e che per produrre un chilo di carne di manzo ci vogliano 13.500 litri di acqua e per un litro di latte altri 1.000?
Oppure sapevate che tra due o tre anni esaurirà l’argento e non potrà quindi più essere utilizzato nel nucleare e nell’energia solare, nei touchscreen e nella depurazione dell’acqua? Come possiamo quindi pensare di trovare fonti di energia alternative, quando la maggior parte delle fonti rinnovabili del nostro pianeta è in via di esaurimento?
Continuiamo a vivere spensierati, come se nulla fosse, come se avessimo tutto il tempo del mondo per risolvere la situazione, senza comprendere che non possiamo più aspettare. Nella nostra pigra e ingenua mentalità occidentale, siamo sicuri che qualcuno o qualcosa ci salverà, che i nostri leader stiano lavorando per trovare delle soluzioni.
Fin dalle prime pagine del suo saggio, Vargas punta il dito su una classe dirigente che per anni, anzi decenni, ha celato la gravità della situazione e ha supportato la completa e diffusa disinformazione per puri scopi economici. Dai negazionisti come Trump o Bolsonaro, fino a organizzazioni come le stesse Nazioni Unite, che non riescono a prendere in mano la situazione in modo netto, concreto.
La disparità di informazione tra Loro – come vengono denominati da Vargas i nostri governanti e gli industriali miliardari a capo delle più potenti lobby internazionali, dall’agroalimentare, ai trasporti, al tessile – e la Gente – le persone comuni come noi – è sconvolgente. “Loro ci nascondono ciò che avremmo dovuto sapere. Così noi abbiamo continuato ad avanzare alla cieca, inconsapevoli e sprovveduti”, afferma Vargas. Certo, le informazioni esistono da qualche parte nella massa di dati ricercabili su internet o tra le riviste scientifiche e di divulgazione, ma – siamo onesti – chi tra la gente comune ha il tempo e le capacità di scovarle?
Il gap di disinformazione si radica anche tra la gente comune, basti pensare a quanto poco conosciute siano le urgenze ambientali tra i paesi in via di sviluppo, ma anche tra gli strati sociali meno acculturati di un Paese come il nostro. Inoltre, siamo talmente certi di essere sulla “strada giusta”, soltanto perché finalmente c’è maggiore attenzione globale all’emergenza ambientale, che la maggior parte dei dati che leggiamo online o in libri come quello di Vargas ci paiono esagerati, deliberatamente gonfiati, forse addirittura fake. Nella nostra mentalità è talmente radicata l’idea del delegare e del posticipare, che non ci sembra vero che l’emergenza da affrontare sia qui e ora.
Loro ci nascondono ciò che avremmo dovuto sapere. Così noi abbiamo continuato ad avanzare alla cieca, inconsapevoli e sprovveduti.
E per affrontarla dobbiamo essere anzitutto informati e non soltanto a livello generale. Dobbiamo acquisire consapevolezza degli effetti pratici e concreti del cambiamento climatico, in modo da poter immaginare sulla nostra pelle le conseguenze dirette delle catastrofi ambientali in procinto di avvenire. È importante iniziare a valutare con sguardo critico anche i provvedimenti che vengono spacciati per soluzioni all’inquinamento o al riscaldamento globale, ma che in realtà nascondono a loro volta gravi conseguenze ambientali. Basti pensare al biodiesel, tanto incentivato negli ultimi anni e addirittura sovvenzionato in diversi Paesi. Un sostituto al normale diesel che viene venduto con il presupposto che permetta una riduzione dei gas serra dal 60% al 90% rispetto al normale diesel. Peccato che produrre questi biocarburanti abbia un impatto ambientale terribile: “un litro di biodiesel ricavato dalla colza rappresenta 1,2 volte più emissioni di un litro di diesel, quello di soia 2 volte più emissioni e quello di olio di palma 3 volte in più”, ci spiega Vargas. Pensare che il biocarburante sia stato sovvenzionato da diversi Stati sembra impossibile… Ancora una volta si dimostra quanto dilaghi la disinformazione, non solo tra la gente, ma anche tra chi legifera.
Da questa massa di gente inerte e ignara vanno certamente esclusi i ricercatori. Vargas non si limita infatti a declamare la vicina fine dell’umanità o a eliminare ogni residuo di speranza che ci era rimasto. Anzi, la seconda metà del suo saggio è interamente dedicata a illustrare progetti di giovani scienziati e piccole start-up, che da anni dedicano le loro doti allo sviluppo di soluzioni sostenibili a lungo termine. Alcuni sembrano usciti direttamente da un film di fantascienza: a Xi’an (Cina) esiste una torre alta 60 metri che funziona a energia solare e mediante filtraggi successivi assorbe il 19% delle polveri sottili. Oppure un’altra soluzione innovatrice, ideata da due studenti indiani, per cui un solvente può recuperare le emissioni di CO2, al costo di $30 per tonnellata di CO2, che poi viene riciclata in bicarbonato di sodio.
Il fatto che tanti giovani cervelli siano impegnati in progetti di tale importanza ci fa tirare un sospiro di sollievo. Ma una domanda sorge spontanea: come mai queste conquiste non vengono pubblicizzate e rese note tra la gente comune? Cosa aspettiamo a fornire queste soluzioni innovative alle nostre imprese più inquinanti?
Vargas conclude il suo saggio esortando il lettore a fare la sua parte. La domanda finale è sempre la stessa: cosa posso fare io nel mio piccolo? Dal ridurre il consumo di carne, all’acquistare prodotti di agricoltura biologica, al boicottaggio di determinati prodotti la cui produzione è molto inquinante, al ridurre la propria carbon footprint spostandosi con mezzi ecologici e limitare l’acquisto di prodotti fabbricati con gas inquinanti,… le nostre responsabilità individuali sono tante.
In Alto Adige spesso ci sentiamo lontani da queste problematiche, perché viviamo a contatto con la natura, respiriamo l’aria di montagna e ci cibiamo di speck marchio Südtirol. Ma anche noi possiamo e dobbiamo fare la nostra parte! Se solo imparassimo a valorizzare al meglio i doni della nostra terra e a preservare la bellezza incontaminata dei nostri luoghi, senza prioritizzare sempre l’aspetto economico, ma cominciando a pensare prima all’ambiente e alla natura. Viviamo in un territorio meraviglioso che ogni giorno continua a darci tutto quello che possediamo. È arrivato il momento di ricambiare!
“L’unione fa la forza” non è solo un modo di dire. Se tutti boicottassero un prodotto, questo non verrebbe più prodotto. L’offerta risponde alla domanda: se tutti riducessero il loro consumo di carne, ne verrebbe prodotta di meno, se tutti cominciassero ad acquistare più prodotti biologici, si abbasserebbero i costi, e via dicendo. Cominciamo ad acquistare prodotti locali e a boicottare prodotti di grandi catene industriali. Cominciamo ad informarci sugli aspetti concreti del cambiamento climatico (per esempio leggendo il saggio di Vargas) e su quello che possiamo fare per impedirlo, o almeno rallentarlo. E soprattutto, dobbiamo smettere di aspettare passivamente che i nostri governanti prendano in mano la situazione. Dobbiamo esortarli all'azione, ad approfondire le proprie conoscenze, a cominciare a diffondere le informazioni che possano permettere a tutti gli strati della popolazione di acquisire maggiore consapevolezza delle problematiche reali e concrete che si stanno presentando e che si aggraveranno sempre più in futuro. Insomma, non si può più aspettare: “Facciamo qualcosa subito!”.
Non ho letto il libro di Fred
Non ho letto il libro di Fred Vargas, ne' intendo farlo, per cui i miei commenti si basano sulla recensione. Questa contiene numerose inesattezze. La principale e' che da alcuni decenni si moltiplicano libri, film, articoli che trattano del riscaldamento globale e delle sue conseguenze. Non e' quindi vero che occorra cercare "nella massa di dati su internet o tra le riviste scientifiche e di divulgazione". Ad esempio, il Rapporto sul Clima 2018 di Eurac research (scaricabile gratis) e' molto chiaro sulla situazione in Alto Adige, cita le emissioni "grigie" perche' prodotte altrove e contenute nei prodotti di importazione, dalle auto al cemento, propone numerose soluzioni alla politica locale che questa poi sceglie se applicare o no. Nel 2006 l'ex vice-presidente USA Al Gore filmo' "Una scomoda verita'" sul riscaldamento globale. Comunque il tema e' di attualita' dagli anni 1980.
La recensione rimanda all'invenzione di Xi’an (Cina) dove "una torre alta 60 metri funziona a energia solare e assorbe il 19% delle polveri sottili". A parte che non e' chiaro il 19% rispetto a cosa (diffidare sempre e comunque delle percentuali senza i valori assoluti di riferimento), questa e' la funzione del comunissimi alberi. Funzionano a energia solare, assorbono CO2, emettono ossigeno e filtrano le polveri sottili. Fanno anche ombra, proteggendo cosi' dalla calura solare. E' una faccenda conosciuta da alcuni secoli. Troppi politici e amministratori locali, pero', nelle citta' privilegiano cemento, parcheggi e costruzioni. Anche in Alto Adige. Citiamo di nuovo dalla recensione "non si può più aspettare: “Facciamo qualcosa subito!”". Il prossimo 20 settembre ci sarebbe un'opportunita' in questo senso. Provare?